(AGI)- Trento, 12 lug. - Nell'anno del Centenario della Grande Guerra, Punta Linke, nel gruppo Ortles-Cevedale a 3.629 m di altitudine, torna a vivere in un museo d'alta quota: nei suoi cunicoli non transitano piu' soldati e munizioni ma turisti "armati", tutt'al piu', di zaino e macchina fotografica. Punta Linke fu durante la Prima Guerra mondiale una delle postazioni austro-ungariche piu' alte e piu' importanti dell'intero fronte. Dotata di un doppio impianto teleferico, questo "nido d'aquila" era collegato da una parte al fondovalle di Peio e dall'altra al "Coston delle barache brusade" verso il Palon de la Mare, nel cuore del ghiacciaio dei Forni. (AGI) Tn1/Cav (Segue) Fonte: https://www.agi.it/venezia/notizie/grande_guerra_trentino_a_3_629_m_nasce_il_museo_di_alta_quota-201407121849-cro-rt10080
Ognuno recita il proprio ruolo, immerso in quella divina sensazione di devozione allo scopo comune: la realizzazione di un'opera d'arte, che anche la bonifica bellica sa idealizzare.
Senato
sabato 12 luglio 2014
Grande Guerra: Trentino, a 3. 629 m nasce il Museo di Alta quota
(AGI)- Trento, 12 lug. - Nell'anno del Centenario della Grande Guerra, Punta Linke, nel gruppo Ortles-Cevedale a 3.629 m di altitudine, torna a vivere in un museo d'alta quota: nei suoi cunicoli non transitano piu' soldati e munizioni ma turisti "armati", tutt'al piu', di zaino e macchina fotografica. Punta Linke fu durante la Prima Guerra mondiale una delle postazioni austro-ungariche piu' alte e piu' importanti dell'intero fronte. Dotata di un doppio impianto teleferico, questo "nido d'aquila" era collegato da una parte al fondovalle di Peio e dall'altra al "Coston delle barache brusade" verso il Palon de la Mare, nel cuore del ghiacciaio dei Forni. (AGI) Tn1/Cav (Segue) Fonte: https://www.agi.it/venezia/notizie/grande_guerra_trentino_a_3_629_m_nasce_il_museo_di_alta_quota-201407121849-cro-rt10080
I genieri russi hanno disinnescato più di 200 munizioni in Serbia
"Questo è il nostro tradizionale lavoro, ogni anno veniamo in Serbia nel quadro dell'accordo", ha detto Stepanov. "Abbiamo contatti stretti con i colleghi serbi nell'organizzazione di attività congiunte", ha sottolineato il vice ministro. Il Ministero dal 2008 sta sminando il territorio della Serbia e nella zona della città di Paracin a 150 km a sud di Belgrado dal 2009. I genieri trovano e neutralizzano munizioni dei periodi risalenti alla Prima e alla Seconda Guerra Mondiale, all'esplosione ad un magazzino dell'esercito a Paracin nel 2006 e ai bombardamenti della NATO nel 1999. Fonte: http://italian.ruvr.ru/news/2014_07_12/I-soccorritori-russi-hanno-disinnescato-piu-di-200-munizioni-in-Serbia-3185/
Per saperne di più: http://italian.ruvr.ru/news/2014_07_12/I-soccorritori-russi-hanno-disinnescato-piu-di-200-munizioni-in-Serbia-3185/Il Ministero dal 2008 sta sminando il territorio della Serbia e nella zona della città di Paracin a 150 km a sud di Belgrado dal 2009. I genieri trovano e neutralizzano munizioni dei periodi risalenti alla Prima e alla Seconda Guerra Mondiale, all'esplosione ad un magazzino dell'esercito a Paracin nel 2006 e ai bombardamenti della NATO nel 1999.
Per saperne di più: http://italian.ruvr.ru/news/2014_07_12/I-soccorritori-russi-hanno-disinnescato-piu-di-200-munizioni-in-Serbia-3185/
"Una guerra finita, ma una pace ancora lontana". Intervista a Emmanuel Pesi sul suo saggio
Intervista di Nazareno Giusti
LUCCA, 12 luglio - Fino a poco tempo fa, quella del profondo dopo guerra a Lucca e provincia era una storia ancora tutta da scrivere. Ora questa lacuna è stata colmata grazie a un'intelligente e approfondito saggio dello storico e ricercatore Emmanuel Pesi ed edito da Maria Pacini Fazzi: "Dalla guerra alla democrazia". Il libro, uscito e presentato lo scorso anno, parte dagli ultimi mesi della fine della seconda guerra mondiale per affrontare e ricostruire i gravi problemi in cui versava tutto il territorio lucchese sino alle libere elezioni. Abbiamo ritenuto giusto proporre ai nostri lettori un seppur breve viaggio in quei fondamentali mesi, intervistando l'autore, fornendo le basi per una conoscenza che potrà essere approfondita con il saggio che tanti consensi ha ricevuto.
Il suo lavoro è frutto di anni di ricerca. Quando ha cominciato?
“Ho iniziato le ricerche negli archivi fin dagli anni del dottorato a Scienze Politiche tra il 2006 e il 2009, poi le ho approfondite soprattutto nel corso del 2010, quando ho potuto usufruire di una borsa di studio universitaria finanziata dalla Fondazione Banca del Monte di Lucca”.
Perché ha scelto di trattare un così particolare tema?
“L’idea di esplorare il periodo della seconda guerra mondiale e quello della ricostruzione in provincia di Lucca è nata per due motivi: in primo luogo, perché credo che sia importante indagare l’origine della nostra democrazia, ancor più in un momento di crisi come quello attuale. Poi perché volevo parlare al cuore della mia città e riconsegnare alla comunità lucchese storie ed esperienze umane non ancora indagate dalla ricerca scientifica e quasi perdute nella memoria. In altre parole, volevo risciacquare i panni delle interpretazioni storiche generali in una concreta realtà locale e, allo stesso tempo, inserire la storia della Provincia di Lucca in un più ampio contesto nazionale. Spero di esserci riuscito…”
Per quanto tempo si sono svolte le ricerche?
“Questa ricerca è stata lunga perché ho dovuto lavorare su fonti frammentate e disperse in una pluralità di archivi e di organi di stampa”.
Dove si sono svolte le ricerche?
“Particolarmente preziosi sono stati gli archivi comunali di Lucca e Capannori, l’archivio di Stato di Lucca, l’archivio diocesano di Lucca, quello dell’istituto storico della resistenza di Firenze, oltreché l’archivio centrale dello Stato a Roma. Poi, una volta terminato il testo, c’è stata la possibilità di inserire le immagini, veramente belle, dell’Archivio Fotografico Lucchese. Purtroppo c’è voluto più tempo del previsto, perché, diciamo, che la precarietà non aiuta la ricerca scientifica…”
Il libro, come anche lei ha ammesso, è la continuazione di un suo precedente testo...
“Sì, ho potuto dare continuità al libro “Resistenze civili”, anch’esso pubblicato con Maria Pacini Fazzi, che racconta la storia della Chiesa e della popolazione civile lucchese durante il conflitto e analizza le forme di resistenza civile al fascismo e all’occupazione tedesca. Sono due libri autonomi e distinti, ma pensati insieme. Il prossimo settembre ricorre il 70° anniversario della liberazione di Lucca e credo che questi due libri consentano a chi li legge di immergersi nella realtà di quel profondo dopoguerra e magari di passeggere per la città e guardare con occhi diversi i luoghi ricordati nei libri”.
Bene, cerchiamo di ripercorrere, seppur brevemente, per i nostri lettori, questa storia partendo dall'inizio, da una data: 5 settembre 1944. Cosa successe in quel giorno?
“Lucca fu liberata ad opera di partigiani e Alleati. Due cose meritano di essere ricordate. I partigiani che avvertirono gli Alleati che Lucca era già nelle loro mani e che non era necessario bombardarla, evitando così gravi danni al patrimonio artistico della città. E che la liberazione non fu un passaggio indolore. Negli scontri con i tedeschi, infatti, furono numerose le vittime fra i partigiani e fra la popolazione civile”.
Quale fu la situazione, nei giorni successivi, a Lucca e provincia?
“La guerra era finita, ma la pace era ancora lontana. Sembra un gioco di parole, ma non lo è. Dopo la liberazione, la sopravvivenza restò a lungo la principale preoccupazione. La vita della maggior parte della popolazione era segnata dalle perdite materiali e morali provocate dalla guerra, dalla fame, dal caro vita, dalla disoccupazione, dalla ricerca dei propri cari ancora dispersi e poi dal reinserimento dei reduci civili e militari”.
Da un punto di vista politico-amministrativo cosa successe in città durante quei mesi?
“Successe che la classe dirigente che aveva diretto il movimento di resistenza a Lucca assunse la guida di enti e amministrazioni locali e cerca di risolvere i difficili problemi di questo profondo dopoguerra. Ricordo solo alcuni nomi: Giovanni Carignani, uno dei pochi casi nell’Italia centrale in cui gli Alleati nominano un Prefetto su indicazione del Comitato di Liberazione locale, Gino Baldassari, Giulio Mandoli e Italo Baccelli che assunsero rispettivamente la guida dei Comuni di Lucca e di Capannori e dell’Amministrazione Provinciale, Ferdinando Martini, che svolse un ruolo cruciale alla guida dell’Ente Comunale di Assistenza, e infine i tre dirigenti sindacali che ricostruirono il libero sindacato, Cesare Angelini, Mario Frezza e Vannuccio Vanni. Furono uomini di tutte le tendenze politiche che si meritarono la fiducia degli Alleati e dimostrarono, cosa non affatto scontata, che i lucchesi, come gli italiani in generale, erano legittimati ad autogovernarsi e d erano in grado di costruire istituzioni democratiche: il più importante lascito del movimento di resistenza”.
Per tutta l'Italia, e non solo, quello del 1945 fu un “inverno terribile”. Quali furono i maggiori problemi in provincia?
“I principali bisogni della popolazione furono l’alimentazione, la casa, il lavoro, la ricerca di notizie dei propri congiunti ancora lontani o l’assistenza all’infanzia e alle vittime della guerra. Questi bisogni sono questioni centrali della vita politica, perché costituiscono il banco di prova della credibilità dei partiti e delle nuove istituzioni democratiche. Le faccio un solo esempio: secondo un rapporto sul costo della vita, nel gennaio del 1945 le spese mensili necessarie per il sostentamento di una famiglia media della provincia di Lucca, composta da marito, moglie e tre figli minorenni, ammontavano a 14.060 lire, di cui circa 9.200 lire solo per l’alimentazione, mentre un operaio ed un impiegato avevano un reddito mensile in media di 3.625 lire al mese, sufficiente per appena un quarto di tutte le spese. Un rapporto tra redditi e costo della vita che, com’era scritto nello stesso rapporto è così evidente, che non ha bisogno di commenti”.
Furono tanti i danni di guerra?
“In Lucchesia i danni ci furono anche più di quanto comunemente si pensi”.
Cioè?
“Furono colpite soprattutto le infrastrutture, strade, ponti, ferrovie, l’acquedotto, ecc. Penso alla ferrovia Lucca-Pontedera, che fu bombardata e non è più stata ricostruita. Tuttavia le zone più colpite dai bombardamenti aerei e dalle distruzioni operate dai tedeschi furono la Versilia e la Garfagnana. A Viareggio, per esempio, erano distrutti o inabitabili 2.600 fabbricati, pari al 40% dei 6.490 fabbricati civili e urbani preesistenti. Ma la guerra non lascia solo danni materiali. Nel libro provo a descrivere quella che lo storico Silvio Lanaro chiama “la perdita di beni immateriali o comunque di ricchezze simboliche, affettive, spirituali”, che è elevatissima e che deriva dal pieno coinvolgimento della popolazione civile in una pluralità di esperienze belliche”.
In provincia e a Lucca continuarono a perire vittime civili, anche dopo la fine della guerra. Come mai?
“La principale caratteristica della seconda guerra mondiale, specie nei territori occupati dai tedeschi, è quella di affievolire fino quasi a dissolvere la tradizionale distinzione tra combattenti e non combattenti. La nostra Provincia è stata segnata da numerose violenze contro la popolazione civile, che raggiungono l’apice il 12 agosto 1944 con la premeditata strage di civili inermi a Sant'Anna di Stazzema. Quello che ho cercato di sottolineare è che anche dopo la Liberazione la guerra continua a mietere vittime fra la popolazione civile. Mi riferisco al fenomeno, quasi perduto nella nostra memoria collettiva, dei civili che muoiono per lo scoppio di mine o di ordigni inesplosi. È un numero impressionante. In tutta la Provincia solo dal settembre 1944 fino al settembre 1945 muoiono per lo scoppio di mine 75 persone, 36 rimangono ferite ed altre 37 mutilate. E molte delle vittime sono minorenni. Una vera e propria strage dopo la guerra. Senza contare gli sminatori militari e civili che muoiono per bonificare il nostro territorio”.
“Ho iniziato le ricerche negli archivi fin dagli anni del dottorato a Scienze Politiche tra il 2006 e il 2009, poi le ho approfondite soprattutto nel corso del 2010, quando ho potuto usufruire di una borsa di studio universitaria finanziata dalla Fondazione Banca del Monte di Lucca”.
Perché ha scelto di trattare un così particolare tema?
“L’idea di esplorare il periodo della seconda guerra mondiale e quello della ricostruzione in provincia di Lucca è nata per due motivi: in primo luogo, perché credo che sia importante indagare l’origine della nostra democrazia, ancor più in un momento di crisi come quello attuale. Poi perché volevo parlare al cuore della mia città e riconsegnare alla comunità lucchese storie ed esperienze umane non ancora indagate dalla ricerca scientifica e quasi perdute nella memoria. In altre parole, volevo risciacquare i panni delle interpretazioni storiche generali in una concreta realtà locale e, allo stesso tempo, inserire la storia della Provincia di Lucca in un più ampio contesto nazionale. Spero di esserci riuscito…”
Per quanto tempo si sono svolte le ricerche?
“Questa ricerca è stata lunga perché ho dovuto lavorare su fonti frammentate e disperse in una pluralità di archivi e di organi di stampa”.
Dove si sono svolte le ricerche?
“Particolarmente preziosi sono stati gli archivi comunali di Lucca e Capannori, l’archivio di Stato di Lucca, l’archivio diocesano di Lucca, quello dell’istituto storico della resistenza di Firenze, oltreché l’archivio centrale dello Stato a Roma. Poi, una volta terminato il testo, c’è stata la possibilità di inserire le immagini, veramente belle, dell’Archivio Fotografico Lucchese. Purtroppo c’è voluto più tempo del previsto, perché, diciamo, che la precarietà non aiuta la ricerca scientifica…”
Il libro, come anche lei ha ammesso, è la continuazione di un suo precedente testo...
“Sì, ho potuto dare continuità al libro “Resistenze civili”, anch’esso pubblicato con Maria Pacini Fazzi, che racconta la storia della Chiesa e della popolazione civile lucchese durante il conflitto e analizza le forme di resistenza civile al fascismo e all’occupazione tedesca. Sono due libri autonomi e distinti, ma pensati insieme. Il prossimo settembre ricorre il 70° anniversario della liberazione di Lucca e credo che questi due libri consentano a chi li legge di immergersi nella realtà di quel profondo dopoguerra e magari di passeggere per la città e guardare con occhi diversi i luoghi ricordati nei libri”.
Bene, cerchiamo di ripercorrere, seppur brevemente, per i nostri lettori, questa storia partendo dall'inizio, da una data: 5 settembre 1944. Cosa successe in quel giorno?
“Lucca fu liberata ad opera di partigiani e Alleati. Due cose meritano di essere ricordate. I partigiani che avvertirono gli Alleati che Lucca era già nelle loro mani e che non era necessario bombardarla, evitando così gravi danni al patrimonio artistico della città. E che la liberazione non fu un passaggio indolore. Negli scontri con i tedeschi, infatti, furono numerose le vittime fra i partigiani e fra la popolazione civile”.
Quale fu la situazione, nei giorni successivi, a Lucca e provincia?
“La guerra era finita, ma la pace era ancora lontana. Sembra un gioco di parole, ma non lo è. Dopo la liberazione, la sopravvivenza restò a lungo la principale preoccupazione. La vita della maggior parte della popolazione era segnata dalle perdite materiali e morali provocate dalla guerra, dalla fame, dal caro vita, dalla disoccupazione, dalla ricerca dei propri cari ancora dispersi e poi dal reinserimento dei reduci civili e militari”.
Da un punto di vista politico-amministrativo cosa successe in città durante quei mesi?
“Successe che la classe dirigente che aveva diretto il movimento di resistenza a Lucca assunse la guida di enti e amministrazioni locali e cerca di risolvere i difficili problemi di questo profondo dopoguerra. Ricordo solo alcuni nomi: Giovanni Carignani, uno dei pochi casi nell’Italia centrale in cui gli Alleati nominano un Prefetto su indicazione del Comitato di Liberazione locale, Gino Baldassari, Giulio Mandoli e Italo Baccelli che assunsero rispettivamente la guida dei Comuni di Lucca e di Capannori e dell’Amministrazione Provinciale, Ferdinando Martini, che svolse un ruolo cruciale alla guida dell’Ente Comunale di Assistenza, e infine i tre dirigenti sindacali che ricostruirono il libero sindacato, Cesare Angelini, Mario Frezza e Vannuccio Vanni. Furono uomini di tutte le tendenze politiche che si meritarono la fiducia degli Alleati e dimostrarono, cosa non affatto scontata, che i lucchesi, come gli italiani in generale, erano legittimati ad autogovernarsi e d erano in grado di costruire istituzioni democratiche: il più importante lascito del movimento di resistenza”.
Per tutta l'Italia, e non solo, quello del 1945 fu un “inverno terribile”. Quali furono i maggiori problemi in provincia?
“I principali bisogni della popolazione furono l’alimentazione, la casa, il lavoro, la ricerca di notizie dei propri congiunti ancora lontani o l’assistenza all’infanzia e alle vittime della guerra. Questi bisogni sono questioni centrali della vita politica, perché costituiscono il banco di prova della credibilità dei partiti e delle nuove istituzioni democratiche. Le faccio un solo esempio: secondo un rapporto sul costo della vita, nel gennaio del 1945 le spese mensili necessarie per il sostentamento di una famiglia media della provincia di Lucca, composta da marito, moglie e tre figli minorenni, ammontavano a 14.060 lire, di cui circa 9.200 lire solo per l’alimentazione, mentre un operaio ed un impiegato avevano un reddito mensile in media di 3.625 lire al mese, sufficiente per appena un quarto di tutte le spese. Un rapporto tra redditi e costo della vita che, com’era scritto nello stesso rapporto è così evidente, che non ha bisogno di commenti”.
Furono tanti i danni di guerra?
“In Lucchesia i danni ci furono anche più di quanto comunemente si pensi”.
Cioè?
“Furono colpite soprattutto le infrastrutture, strade, ponti, ferrovie, l’acquedotto, ecc. Penso alla ferrovia Lucca-Pontedera, che fu bombardata e non è più stata ricostruita. Tuttavia le zone più colpite dai bombardamenti aerei e dalle distruzioni operate dai tedeschi furono la Versilia e la Garfagnana. A Viareggio, per esempio, erano distrutti o inabitabili 2.600 fabbricati, pari al 40% dei 6.490 fabbricati civili e urbani preesistenti. Ma la guerra non lascia solo danni materiali. Nel libro provo a descrivere quella che lo storico Silvio Lanaro chiama “la perdita di beni immateriali o comunque di ricchezze simboliche, affettive, spirituali”, che è elevatissima e che deriva dal pieno coinvolgimento della popolazione civile in una pluralità di esperienze belliche”.
In provincia e a Lucca continuarono a perire vittime civili, anche dopo la fine della guerra. Come mai?
“La principale caratteristica della seconda guerra mondiale, specie nei territori occupati dai tedeschi, è quella di affievolire fino quasi a dissolvere la tradizionale distinzione tra combattenti e non combattenti. La nostra Provincia è stata segnata da numerose violenze contro la popolazione civile, che raggiungono l’apice il 12 agosto 1944 con la premeditata strage di civili inermi a Sant'Anna di Stazzema. Quello che ho cercato di sottolineare è che anche dopo la Liberazione la guerra continua a mietere vittime fra la popolazione civile. Mi riferisco al fenomeno, quasi perduto nella nostra memoria collettiva, dei civili che muoiono per lo scoppio di mine o di ordigni inesplosi. È un numero impressionante. In tutta la Provincia solo dal settembre 1944 fino al settembre 1945 muoiono per lo scoppio di mine 75 persone, 36 rimangono ferite ed altre 37 mutilate. E molte delle vittime sono minorenni. Una vera e propria strage dopo la guerra. Senza contare gli sminatori militari e civili che muoiono per bonificare il nostro territorio”.
Fonte: http://www.loschermo.it/articoli/view/63451
Trovata bomba inesplosa a Poggio
Poggio Renatico. Un ordigno bellico inesploso è stato ritrovato da alcuni operai mentre eseguivano dei lavori di ristrutturazione all’interno di un capannone della centrale biogas di Poggio lo scorso 27 giugno. Martedì 15 luglio, con l’intervento del comando delle forze di difesa interregionale nord e delle proprie ditte specializzate, la bomba verrà fatta brillare dopo la fase di adeguata preparazione del terreno con scavi e disinnesco dell’ordigno. Per questo motivo il sindaco Daniele Garuti il 10 luglio ha emanato un’ordinanza contingibile e urgente di evacuazione rivolta a tutte le persone residenti o transitanti nell’area interessata dalle operazioni di bonifica (Via Cantone n. 20/a) entro un raggio di mille metri entro e non oltre le ore 8 e fino a completamento delle operazioni (presumibilmente intorno alle ore 15). A scopo precauzionale, presso la stazione dei carabinieri di Poggio sarà a disposizione un’ambulanza della Croce Rossa Italiana. L’ordinanza invita chiunque possegga un edificio nel raggio di 1000 metri dal punto in cui è stato rinvenuto l’ordigno a lasciare porte e finestre aperte. Fonte: http://www.estense.com/?p=397530
Pourrain esplode un residuato bellico.
Pourrain: un uomo residente nella
città, mentre maneggia una granata di fabbricazione tedesca,
risalente alla seconda guerra mondiale, è investito dalle schegge
prodotte dall'esplosione del residuato bellico. Sul posto giungono i
primi soccorsi. I Vigli del Fuoco, trasportano l'uomo presso
l'ospedale di Auxerre. Le forze dell'Ordine rinvengono nel garage
altri colpi d'artiglieria. Fonte: http://www.lyonne.fr/yonne/actualite/pays/puisaye/2014/07/11/un-homme-grievement-blesse-dans-l-explosion-d-un-obus_11078157.html
Trovato a Pietrasecca ordigno bellico, disposta la rimozione dagli artificieri
Carsoli. Un ordigno inesploso risalente al periodo della seconda guerra mondiale, è stato rinvenuto all’interno di Pietrasecca, frazione del Comune di Carsoli. Il ritrovamento presenta caratteristiche piuttosto misteriose in quanto la “bomba” era posizionata al bordo di una stradina interna a cui si accede dalla Piazza principale del grazioso paese situato sulla Tiburtina Valeria. Immediatamente è stato dato l’allarme, e sul posto sono giunti Carabinieri ed artificieri che hanno compiuto un accurato sopralluogo predisponendo l’isolamento dell’area per motivi di sicurezza. Un primo esame dell’ordigno ha consentito ai militari di disporre la rimozione dell’ordigno senza la necessità di farlo brillare. Pertanto nella mattinata di lunedì è stata organizzata la rimozione che verrà compiuta dagli artificieri. Al di la’ di una pericolosità relativa, ci si interroga sul perchè e sul come quell’ordigno sia finito in quella stradina, e soprattutto chi ve lo abbia potuto portare. I cittadini escludono di averlo visto in precedenza, e su questo fronte sono stati sentiti anche gli operatori ecologici che sono interessati alla pulizia delle strade. Come si ricorderà pochi mesi fa nella zona alta di Carsoli capoluogo, vennero rinvenuti 4 ordigni di epoca bellica, di cui uno venne fatto brillare. Sui fatti indagano i Carabinieri. Fonte: http://www.marsicalive.it/?p=75259
http://www.marsicalive.it/ |
venerdì 11 luglio 2014
Esplose le granate sequestrate a Cecchetto
di Enzo Favero
MONTEBELLUNA. Cinque delle sei granate della prima guerra mondiale trovate sotto le mattonelle nel giardino di casa Cecchetto a Caonada sono state fatte esplodere ieri nella cava Biasuzzi a Busta. In tarda mattinata dal comando carabinieri di via Sansovino è partita una colonna di mezzi, con ambulanza, protezione civile, carabinieri e artificieri dell'esercito. Con loro le cinque granate. Hanno percorso i pochi chilometri che separano il centro di Montebelluna da Busta. Una volta in cava è stata scavata una buca, sono state riposte le bombe inesplose e le hanno fatte brillare a mezzogiorno. Si è alzata una nuvola di fumo e polvere e quindi tutto è finito.
Cinque granate sono esplose. La sesta è ancora custodita in un luogo sicuro in attesa che arrivi del personale specializzato da Civitavecchia. Si ipotizza che contenga gas, che sia una delle temutissime granate caricate a gas che si usavano nella prima guerra mondiale e quindi va trattata con tutte le cautele del caso.
Stefano Cecchetto, il salumiere con la passione per gli ordigni della guerra, resta ricoverato al Ca' Foncello, dove si trova da sabato scorso per le gravi lesioni riportate nello scoppio di una granata da cui stava cercando di estrarre l'esplosivo. E proprio sull'inicedente di sabato interviene il sindaco Marzio Favero con un appello e un monito. «A Stefano Cecchetto auguro di guarire e tornare al più presto tra i suoi familiari», dice il sindaco Marzio Favero che è anche a capo del comitato scientifico regionale per le celebrazioni del centenario della grande guerra, «ma è doveroso ricordare a lui e a quanti coltivano tale passione per la prima guerra mondiale che ha fatto tanti morti e non è proprio il caso che se ne facciano ancora. Quel periodo va ricordato per il sacrificio di tante persone, per la morte di tanti soldati, non per le bombe che ha lasciato sparse nel territorio. E ai collezionisti di reperti bellici voglio dire una sola cosa: basta. Ne sono già morti troppi, evitiamo nuove tragedie». Se l'attività dei recuperanti era parecchio diffusa subito dopo la guerra, ci sono ancora collezionisti che vanno in cerca di reperti sul Montello, sul Grappa, sui luoghi dove si è combattuto. C'è ancora chi ritrova bombe inesplose e se le porta a casa. Sono stati numerosi gli incidenti di aspiranti artificieri, investiti dallo scoppio di una bomba che cercavano di disinnescare. E sabato pomeriggio, nel garage trasformato in officina in via Cal di Mezzo, Stefano Cecchetto stava cercando di fare proprio questo: rendere inerte un proietto da cannoncino estraendone la polvere quando è scoppiato e gli ha provocato ferite gravissime. Fonte: http://tribunatreviso.gelocal.it/cronaca/2014/07/11/news/esplose-le-granate-sequestrate-a-cecchetto-1.9581707
Sminamento in Bosnia, senza fondi continuano le esplosioni
di Hans Von Der Brelie
La gamba di Aladin è esplosa su una mina. Aladin ama il calcio: la sua gamba prostetica è piena di ammaccature. Ne ha una di scorta però e dunque, quando l’emergenza chiama, non ha problemi a guidare la macchina…
La missione di Aladin è andare a ridare speranza ai superstiti delle mine antiuomo. Siamo in Bosnia, il paese europeo più disseminato di queste trappole mortali.
La missione di Aladin è andare a ridare speranza ai superstiti delle mine antiuomo. Siamo in Bosnia, il paese europeo più disseminato di queste trappole mortali.
“Appena sento di un’altro caso salto in macchina immediatamente e vado all’ospedale per sostenere la famiglia. Se i feriti non hanno famiglia il mio compito è fornire aiuto per superare lo shock. Quando lasciano l’ospedale vado a trovarli a casa ogni volta che serve.” dice Aladin Mujacic, un superstite, impegnato nellaONG, Iniziativa per i Superstiti delle Mine.
A Seljublje un piccolo paese nella campagna bosniaca, vive Mirnes, appena 18 anni e già una tragica storiaalle spalle. Solo sei mesi fa lui ed il cugino Nedzad sono saltati in aria su una mina mentre facevano legna in un bosco vicino.
Quei momenti hanno segnato la sua vita per sempre: “mio cugino mi ha chiesto di usare un laccio per fermare l’emorragia. Ma le mie braccia erano ferite gravemente e non riuscivo ad usarle. Mi ha chiesto di non lasciarlo solo, di rimanere con lui fino all’arrivo dei soccorsi… La guerra è finita circa vent’anni fa ma le mine son ancora qua, pronte ad ucciderci” ci dice Mirnes Nisic.
Nezdad è morto e a Mirnes sono stati trapiantati nelle braccia alcuni muscoli delle gambe. Aladin lo ha aiutato a guardare avanti e ripartire.
A Tusla ha sede L’Iniziativa per i Superstiti delle Mine. Il Direttore di questa ONG, Amir Mujanovic,non è affatto ottimista che lo sminamento della Bosnia rispetterà i tempi previsti: “La Bosnia sta affrontando sfide tremende per arrivare a liberare il paese dalle mine entro il 2019, così come previsto dai piani nazionali. C‘è una forte carenza di fondi da parte di fonti nazionali e locali. Per esempio lo scorso anno, i fondi nazionali sono stati appena un quarto del finanziamento del progetto.”
La situazione è peggiorata nella primavera di quest’anno quando inondazioni e quasi 5000 frane hanno spostato le mine nel nord-est della regione, la più densa di mine antiuomo.
Dalla fine della guerra in Bosnia-Erzegovina quasi 1700 persone sono state uccise o ferite dalla mine o da munizioni che rano rimaste inesplose.
A Kovacica incontriamo gli eroi della Bosnia: il team che disinnesca le mine: “Voglio aiutare le persone a tornare nelle proprie case, dove vivevano prima della guerra. Il secondo motivo per cui ho scelto questo lavoro è che non ce ne sono altri disponibili ..” ci racconta uno di loro, Sanjin Matkovic.
A causa della mancanza di fondi solo 500 di loro hanno avuto un contratto mentre altri mille di questi esperti anti-mina sono senza lavoro. Con il loro aiuto i tempi di sminamento potrebbe diminuire di due o tre volte.
Prima della guerra, a Kovacica vivevano 160 famiglie, evacuate durante i combattimenti. Solo 18 famiglie son tornate e vivono qui,attorniate da un’area di circa 1300 km2 infestati da mine.
A Sarajevo si trova l’agenzia di stato incaricata di coordinare le attività di sminamento. Il suo direttore è al centro di accuse di corruzione e criminalità organizzata: avrebbe preso il 10% sui contratti affidati ad aziende di rimozione delle mine: “Da quando il nostro direttore è stato arrestato siamo molto sotto pressione. Posso dire che qui nessuno sorride… la corruzione è una nube scura attorno a noi.” ci dice Ahdin Orahovac, il vice direttore dell’agenzia BHMAC
Intanto la cruenta lista di vittime si allunga. Solo nella prima parte di quest’anno, tra i campi assassini della Bosnia altre 14 persone sono rimaste colpite dalle mine. Quattro di loro sono rimaste uccise. Incluso un bambino.
Bonus interview: Amir Mujanovic, executive director of Landmine Survivors Initiative
(Direttore, Iniziativa per i Sopravvissuti delle Mine, Tuzla, in inglese)
(Direttore, Iniziativa per i Sopravvissuti delle Mine, Tuzla, in inglese)
La Bosnia riuscirà a liberarsi dalle mine antiuomo nel 2019? Amir Mujanovic direttore della “Iniziativa per i Sopravvissuti delle mine” una ONG di Tuzla, ci spiega quali sono gli ostacoli: “Si stima che ci siano 200.000 mine nascoste nel terreno, ma non ci sono fondi sufficienti, nè la volontà politica di individuarle il prima possibile.” Per ascoltare l’intera intervista, in inglese, potete cliccare su questo link.
Bonus interview: Ahdin Orahovac, deputy director of Bosnia’s Mine Action Centre
(vice direttore di BHMAC, Sarajevo, in inglese)
(vice direttore di BHMAC, Sarajevo, in inglese)
La Bosnia-Erzegovina ha molte difficoltà a combattere le mine. Quali sono gli ostacoli? A Sarajevo, euronews incontra Ahdin Orahovac, vice direttore del “Mine Action Centre” BHMAC. Per ascoltare l’intera intervista, in inglese, potete cliccare su questo link. Fonte: http://it.euronews.com/2014/07/11/sminamento-in-bosnia-senza-fondi-continuano-le-esplosioni/
Residuati bellici trovati a Lebba fatti brillare stamattina in mare
Operazione di brillamento di residuati bellici questa mattina nel mare di Vasto. Nelle acque antistanti la foce del fiume Lebba erano stati rinvenuti alcune munizioni, presumibilmente risalenti alla seconda guerra mondiale: 1 mortaio inglese da 81 mm, 1 proietto da 76 mm, 1 proietto da 56 mm, bossolame vario ed una cassetta di munizionamento di piccolo calibro. "Gli ordigni - spiega il comandante del Circomare Giuliano D'Urso-, contenenti ancora esplosivo e quindi potenzialmente pericolosi, sono stati opportunamente imbracati e trasferiti in zona di sicurezza dai palombari del Nucleo S.D.A.I. (Sminamento Difesa Antimezzi Insidiosi) di Ancona, competente per territorio e, successivamente, fatti brillare in un idoneo punto individuato a circa due miglia dalla costa mediante il posizionamento sullo stesso di una cosiddetta contro carica” esplosiva". Fonte: http://www.zonalocale.it/2014/07/11/residuati-bellici-trovati-a-lebba-fatti-brillare-stamattina-in-mare/11215
Ritrovato ordigno bellico a Vittoria
Rinvenuto in V.le Europa a Vittoria un ordigno bellico risalente alla seconda guerra mondiale. Da un primo screening si tratterebbe di un ordigno aereo, la zona è stata isolata. Ora si attendono gli artificieri che devono effettuare le operazioni di disinnesco e recupero. Fonte: http://www.ragusatg.it/2014/07/11/ritrovato-ordigno-bellico-a-vittoria-foto/
http://www.ragusatg.it/ FOTO FRANCO ASSENZA |
http://www.ragusatg.it/ FOTO FRANCO ASSENZA |
http://www.ragusanews.com/ |
Augusta. I palombari della Marina mapperanno i fondali in un nuovo progetto di sicurezza
Gianni Catania
Per il porto di Augusta il Comando Marittimo Sicilia ha preparato un progetto realtivo al programma operativo nazionale “Port and CoastalSurvey” (PON-PACS). Con il finanziamento della Ue, la Marina Militare si prefigge l’obiettivo di garantire il libero e sicuro utilizzo delle vie di comunicazione marittime, con riguardo soprattutto alla sicurezza delle aree portuali e costiere. Gli uomini della Marina condurranno un’attività di controllo e monitoraggio dei fondali di specifiche aree portuali sensibili.
Tra i 9 poti individuati nel Sud Italia c’è anche Augusta. I palombari della Marina Militare impiegheranno per le bonifiche – anche ambientali – sistemi tecnologicamente avanzati. Fonte: http://www.siracusaoggi.it/augusta-i-palombari-della-marina-mapperanno-i-fondali-in-un-nuovo-progetto-di-sicurezza/
PIOMBINO: IL PORTO BONIFICATO DA ORDIGNI E VELENI
di Giuseppe Trinchini
Le bonifiche inizieranno con la la rimozione di abbondante materiale bellico della 2° guerra mondiale individuato in dodici punti del fondale dell’avamporto, e nel risanamento di due vasche di raccolta delle Acciaierie con presenza di metalli pesanti e carbone.
Il dragaggio vero e proprio inizierà il 16 luglio con due grossi mezzi che opereranno 24 ore su 24 e riverseranno il materiale nelle vasche di colmata. Questo avverrà in tre zone, divise complessivamente in 68 celle. Nell’area limitrofa all’imboccatura del porto si lavorerà solo di notte, per non intralciare il passaggio dei traghetti e delle altre imbarcazioni.
Infine in una quindicina di «celle» in cui è stato suddiviso il fondale da dragare, sono stati trovati indici di arsenico superiori al limite ad una profondità fra i 3 e i 5 metri, non derivante da attività industriale recente. Si trova sotto forma solida (precipitato) per cui non c’è rischio di diffusione nelle falde.
Un altro lavoro importante è stata la rimozione di circa 300 zolle di posidonia oceanica (ogni zolla 400 piante) con una nuova tecnica che dovrebbe consentire l’attecchimento. La posidonia è stata spostata dall’area di dragaggio al litorale del golfo di Follonica. In tutto il sistema di controllo ambientale ha avuto fino ad ora un costo di circa 700 mila euro (un milione ad operazione conclusa).
Tra pochi giorni tutti i dati in tempo reale saranno disponibili e sul sitodell’Autorità di Porto. «Il nostro obiettivo – spiega Luciano Guerrieri, – è anche quello di informare sulle attività del porto che vanno quindi avanti nel rispetto della piena sostenibilità ambientale, ed il monitoraggio continuerà al di là delle prescrizioni, in vista del bando per la realizzazione del polo di rottamazione che dovrebbe essere disponibile a settembre. Per quanto riguarda l’andamento dei lavori, le operazioni di dragaggio, si concluderanno entro settembre, mentre l’intera opera sarà consegnata per fine aprile 2015»
L’Istituto di Biologia ed Ecologia Marina di Piombino ha già effettuato una serie di monitoraggi sulle acque di balneazione, individuando come punti di monitoraggio uno presso l’area a mare antistante Località «Chiusa» e uno presso l’area a mare antistante Punta Semaforo. Analisi che continueranno per tutta l’operazione di bonifica Fonte: http://www.corriereetrusco.it/2014/07/11/piombino-il-porto-bonificato-da-ordigni-e-veleni/
giovedì 10 luglio 2014
Bombe da mortaio in un cantiere
di Matteo Radogna
San Giorgio di Piano (Bologna), 11 luglio 2014 - QUATTRO proiettili da mortaio, risalenti alla seconda Guerra Mondiale e appartenenti all’esercito tedesco, sono stati ritrovati in via Torricella, nella piccola frazione di Gherghenzano a San Giorgio di Piano.
Gli ordigni sono stati ritrovati dagli operai che stavano scavando per l’interramento di un cavo elettrico. Immediatamente sono stati allertati i carabinieri della stazione di San Giorgio che hanno segnalato l’accaduto alla prefettura.
IL COMUNE ha fatto recintare l’area per evitare che qualche curioso corra inutili pericoli. Il 17 luglio verrà effettuato un sopralluogo dal genio ferrovieri di Castel Maggiore che si occuperà, dopo aver studiato gli ordigni e la loro pericolosità, del disinnesco sul posto e poi del brillamento in un cava a debita distanza dai centri abitati. Fortunatamente il ritrovamento degli ordigni è avvenuto in una zona distante dalle abitazioni, pertanto si spera che non si renda necessario nessun provvedimento di evacuazione. IL SINDACO di San Giorgio Paolo Crescimbeni è a conoscenza della situazione: «In collaborazione con la prefettura, i carabinieri della stazione locale e la polizia municipale dell’Unione Reno Galliera, ci stiamo occupando con il nostro ufficio tecnico delle operazioni di bonifica degli ordigni bellici». Il primo cittadino invita i curiosi a tenersi lontani dall’area recintata. I proiettili sono lunghi 32 centimetri e a prima vista, nonostante siano ricoperti da uno strato di terriccio, sono ancora in buone condizioni. Il che potrebbe aver mantenuto inalterata la loro pericolosità. Fonte: http://www.ilrestodelcarlino.it/bologna/bombe-cantiere-san-giorgio-piano-1.37418
Gli ordigni sono stati ritrovati dagli operai che stavano scavando per l’interramento di un cavo elettrico. Immediatamente sono stati allertati i carabinieri della stazione di San Giorgio che hanno segnalato l’accaduto alla prefettura.
IL COMUNE ha fatto recintare l’area per evitare che qualche curioso corra inutili pericoli. Il 17 luglio verrà effettuato un sopralluogo dal genio ferrovieri di Castel Maggiore che si occuperà, dopo aver studiato gli ordigni e la loro pericolosità, del disinnesco sul posto e poi del brillamento in un cava a debita distanza dai centri abitati. Fortunatamente il ritrovamento degli ordigni è avvenuto in una zona distante dalle abitazioni, pertanto si spera che non si renda necessario nessun provvedimento di evacuazione. IL SINDACO di San Giorgio Paolo Crescimbeni è a conoscenza della situazione: «In collaborazione con la prefettura, i carabinieri della stazione locale e la polizia municipale dell’Unione Reno Galliera, ci stiamo occupando con il nostro ufficio tecnico delle operazioni di bonifica degli ordigni bellici». Il primo cittadino invita i curiosi a tenersi lontani dall’area recintata. I proiettili sono lunghi 32 centimetri e a prima vista, nonostante siano ricoperti da uno strato di terriccio, sono ancora in buone condizioni. Il che potrebbe aver mantenuto inalterata la loro pericolosità. Fonte: http://www.ilrestodelcarlino.it/bologna/bombe-cantiere-san-giorgio-piano-1.37418
Caonada, un super esperto per disinnescare l’arsenale
di Enzo Favero
MONTEBELLUNA. Terminata la bonifica del garage e del giardino di casa Cecchetto in via Cal di Mezzo, adesso si sta organizzando il brillamento delle granate sepolte sotto le mattonelle. Sei in tutto e probabilmente saranno fatte esplodere giovedì dagli artificieri nella cava Biasuzzi a Busta. Tranne una. C'è il sospetto che una di quelle granate sia diversa dalle altre e possa contenere gas. Per verificare se si tratti o meno di una di quelle granate di gas che erano il terrore dei soldati al fronte durante la prima guerra mondiale arriverà del personale specializzato da Civitavecchia. Anche sul Montello erano state usate granate a gas e ne erano già state trovate. Qualche anno fa un altro appassionato di reperti bellici aveva cercato di aprirne una ad Arcade ed era finito in ospedale con i polmoni semidistrutti dall'azione del gas. Quindi se si tratta effettivamente di una granata contenente gas dovrà essere trattata con tutte le cautele del caso e non fatta brillare in cava come le altre. Intanto Stefano Cecchetto, il 44enne salumiere con la passione dei reperti della prima guerra mondiale, alla sua seconda disavventura per lo scoppio di uno di questi reperti, è sempre in ospedale a Treviso. Nessuno pensava che dopo l'incidente di due anni fa ci ricascasse. Invece aveva continuato a raccogliere reperti bellici e a cercare di svuotarli dalla polvere che contengono. Un tempo faceva parte dell'associazione della Battaglia del Solstizio ed è probabile che quel che trovava finisse nel loro museo. Ma dopo quanto successo due anni fa era stato sospeso dall'associazione. Probabile però che la sua passione lo portasse ancora a rifornire i vari musei di reperti della prima guerra mondiale di ordigni. Fonte: http://tribunatreviso.gelocal.it/cronaca/2014/07/09/news/caonada-un-super-esperto-per-disinnescare-l-arsenale-1.9570540
mercoledì 9 luglio 2014
Nella cascina in ristrutturazione spunta l’arsenale di guerra
Un mitragliatore, cinque pistole, 18 bombe a mano e centinaia di cartucce: è un vero e proprio arsenale da guerra risalente al secondo conflitto mondiale, quello rinvenuto in una cascina in ristrutturazione di Trecate. Sul posto sono intervenuti gli esperti del 32simo Reggimento Genio della Brigata Alpina Taurinense, che hanno neutralizzato le armi. Si tratta per loro del 69esimo intervento dall’inizio dell’anno nell’ambito della bonifica da residuati bellici nel Nord Ovest. Fonte: http://www.ilvenerdiditribuna.it/cronaca/nella-cascina-ristrutturazione-spunta-arsenale-guerra/
http://www.ilvenerdiditribuna.it/ |
VENASCA. RESIDUATI BELLICI, FATTE BRILLARE DUE BOMBE NEL CUNEESE
Due residuati bellici, risalenti probabilmente alla seconda guerra mondiale, sono stati fatti brillare nel Cuneese a Venasca dagli artificieri dell’esercito.
Si tratta di due bombe a mano modello “Oto” che erano state trovate nei giorni scorsi in un bosco all’interno di una baracca che all’epoca era forse utilizzata dai partigiani.
Per gli specialisti della Brigata Alpina Taurinense si tratta del 70/mo intervento dall’inizio dell’anno nell’ambito della bonifica del territorio da residuati bellici in Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta. Fonte: http://12alle12.it/venasca-residuati-bellici-fatte-brillare-due-bombe-nel-cuneese/
http://12alle12.it/ |
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