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sabato 15 marzo 2014

E Olmi va alla guerra


di Alessandro Tich
Il primo ciak risale allo scorso gennaio, ieri è stato il giorno delle ultime riprese. 
Narrano le cronache che il regista abbia voluto “vere facce da freddo” per girare le immagini del fronte in inverno. E così, invece di ricostruire il set in uno studio cinematografico per affidarsi successivamente ai miracoli tecnici della post-produzione, a 83 anni ha sfidato le gelide temperature dell'Altopiano di Asiago coperto di neve per far rivivere visivamente, e con realismo assoluto, una notte in trincea. 
Basterebbe questo retroscena per comprendere lo spirito di monastica dedizione con cui Ermanno Olmi ha concepito la realizzazione di “Torneranno i prati”, la sua opera che col sottotitolo “15 - 18 l'Italia in guerra” ripercorre gli eventi della tragedia bellica nel centenario del primo conflitto mondiale. 
Un titolo di alto significato, per una storia raccontata ad alta quota: e cioè interamente sull'Altopiano dei Sette Comuni, con due trincee ricostruite rispettivamente a circa 1.100 e 1.800 metri di altitudine.
Scritta, oltre che diretta, dallo stesso Olmi la pellicola - basata su una storia realmente accaduta - è interpretata da Claudio Santamaria, Jacopo Crovella, Andrea Di Maria, Francesco Formichetti, Camillo Grassi e Niccolò Senni. 
Prodotto da Cinema Undici e Ipotesi Cinema con RAI Cinema, il film si è avvalso anche del contribuito di diversi investitori che - come ha ricordato il vice presidente e assessore alla Cultura della Regione Veneto Marino Zorzato - “hanno accolto con entusiasmo l’invito a partecipare alla sua realizzazione che narra eventi della Prima Guerra Mondiale, in occasione del suo Centenario”. L'opera è stata realizzata con un contributo di 80 mila euro della Regione a valere sul Fondo per il cinema e l’audiovisivo. 
“Torneranno i prati” è il drammatico flashback di un vecchio pastore, chiamato “Toni matto”, che sulle verdi e amene aree di pascolo dove porta i suoi animali aveva combattuto, da giovane soldato, sul fronte dell'autunno 1917 poco prima della disfatta di Caporetto. Non un film sulla guerra, come ha fatto intendere il maestro, ma “contro” la guerra: “Vorrei che più che un film bello sia un film utile - ha dichiarato Olmi -. Un film che ci faccia chiedere perché questa guerra mondiale è accaduta.”
Un'opera che ripercorre quindi la cosiddetta “epopea” della Grande Guerra oltre le versioni della storia ufficiale, e che si inserisce nelle celebrazioni del centenario del conflitto ponendosi, criticamente, a capirne gli aberranti motivi e perché ancora oggi la parola “guerra” resti saldamente presente nell'umano vocabolario. 
“Non abbiamo voluto perdere l’opportunità - ha ancora detto Zorzato - di guardare la Grande Guerra attraverso gli occhi di un maestro del cinema. 
Per il tema trattato, il film di Olmi rientra a pieno titolo tra le iniziative che la Regione del Veneto ha promosso per celebrare il Centenario della Grande Guerra e la memoria del sacrificio di tanti italiani che sull’Altopiano di Asiago persero la vita”. Il film, riconosciuto di Interesse Culturale, gode anche del sostegno della Presidenza del Consiglio dei Ministri (Struttura di Missione per la Commemorazione del Centenario della Prima Guerra Mondiale).” 
“Una memoria - ha aggiunto il vice presidente della Regione - che vuole essere lontana da ogni retorica, come è lontana da ogni retorica la capacita di Olmi di raccontare storie di uomini semplici, pastori, contadini e operai. Storie di donne e uomini profondamente legati alle proprie tradizioni e al proprio modo di vivere che vedono la propria vita travolta dalla grande storia. L’Altopiano di Asiago come il Piave e il Grappa rappresentano, per la storia del Novecento italiano, luoghi simbolo. Ancora oggi a distanza di cento anni il paesaggio, la memoria collettiva e certe espressioni del linguaggio colloquiale sono ancora segnati dal ricordo dei terribili combattimenti.”
Una creazione artistica che intende dare le sue risposte alla domanda del perché in quell'oscura epoca, su quei prati “tornati” oggi ad ospitare i pascoli, le bestie erano gli uomini. Con la mai sopita tendenza, ancora oggi e in tanti angoli del mondo, a ritornare tali.

Fonte:
http://territorio.bassanonet.it/illustri/15769.html

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