Di Lorenza Costantino
È una ricerca da fare a tentoni, almeno fino a quando dal terreno smosso non riaffiorerà qualche indizio in più. Nel frattempo, tuttavia, si aggiunge un nuovo, importante tassello al mosaico che cela l'identità delle spoglie rinvenute nel piazzale di stazione Porta Nuova, all'interno del cantiere per il futuro parcheggio sotterraneo. Appare sempre più probabile la nazionalità tedesca dei tre uomini di cui oggi rimangono solamente gli scheletri scomposti e pochi oggetti personali. Sappiamo che uno di loro possedeva una piccola pistola semi-automatica. Parliamo di uno solo, intanto, perché vicino ai resti non sono state rinvenute armi eccetto questa. Forse le altre due persone ne erano sprovviste, come può darsi che dai prossimi scavi spuntino fuori ulteriori strumenti bellici. Comunque, è stata la polizia scientifica ad accorgersi per prima della pistola ancora inserita nella fondina, durante il sopralluogo avvenuto subito dopo il ritrovamento. Chiusa in una busta di plastica, l'arma è stata portata in questura e analizzata. Più per verificarne l'eventuale pericolosità, a dire il vero, che per stabilirne l'età e la provenienza. «Pistola e custodia risultano quasi fuse insieme, e il tutto risulta assai malridotto, oltre che innocuo», ha fatto sapere poi la scientifica, inoltrando la foto del reperto da cui visibilmente si staccano svariati frammenti. «Non la maneggiamo ulteriormente per non rischiare di danneggiare dettagli che a un esperto di armi storiche potrebbero tornare utili». Detto fatto. Alberto Riccadonna di Mantova, uno dei massimi periti balistici nazionali (lavorò ai casi Unabomber e Sandri-Spaccarotella) esamina attentamente la foto dell'arma ritrovata e decreta: «Si tratta di una Sauer 38H, dove "H" sta per "Hanh Selbstspannung». Parol tedesco per indicare che il cane della pistola, cioè il meccanismo che aziona lo sparo, si arma da solo e non sporge all'esterno. Ecco la ragione della forma piccola e compatta di questo modello, prodotto dalla Germania nazista dal 1938 fino alla fine della guerra, negli stabilimenti della Sauer, nella città di Suhl». La sentenza dell'esperto si basa sull'osservazione della fondina, poiché il contenuto non può essere ancora estratto, ma solo intuito in base alla sagoma della custodia. Eppure «mi ci gioco lo stipendio», sorride sicuro Alberto Riccadonna. «Durante l'ultimo conflitto mondiale la Wehrmacht disponeva di una grande varietà di armi da fuoco lunghe e corte, e tra queste ultime la Luger P08. Ma nessuna simile alla Sauer». E chi ne disponeva? «Non trattandosi di un'arma di grosso calibro, era fornita soprattutto ai militari che non stavano in prima linea. Era comune, per esempio, tra ufficiali e piloti d'aereo. Attenzione però. Soprattutto sul finire della guerra, i soldati si impossessavano spesso delle armi dei nemici».
Fonte:
http://www.larena.it/stories/Cronaca/453505_la_pistola_in_stazione__di_marca_tedesca/
Nessun commento:
Posta un commento