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Editoriali







L'ITALIA E' DISSEMINATA DI ORDIGNI INESPLOSI
L’Italia è ancora in guerra ma non lo sa. Gli artificieri - quelli del Genio pionieri dell’Esercito e di altre forze militari - compiono ogni anno circa tremila interventi (una media di oltre otto al giorno) per disinnescare i residuati esplosivi di conflitti armati che hanno coinvolto il nostro territorio sessanta se non ottanta anni fa.
Micidiali “ricordini” che ancora oggi rischiano di provocare feriti, mutilati e persino vittime in un Paese che della produzione di ordigni bellici ha fatto in passato uno dei suoi fiori all’occhiello industriale, ma che attualmente non appare a prima vista fra quelli più esposti al pericolo mine. Eppure solo nel corso della seconda guerra mondiale, Raf e Usaf sganciarono complessivamente sull’Italia un milione di bombe (per un totale di oltre 350 mila tonnellate di esplosivo).
Molti di quegli ordigni non deflagrarono completamente e una frazione consistente (stimata pari al 10 per cento) non esplose del tutto. Nella migliore delle ipotesi, dunque, almeno una bomba su quattro è ancora da recuperare: qualcosa come 25 mila ordigni sull’intero territorio nazionale. Così è bastata la siccità dell’estate appena trascorsa per moltiplicare i ritrovamenti di residuati inesplosi sulle sponde dei bacini lacustri e sui greti dei fiumi italiani. Ma quasi quotidianamente le cronache riportano gli allerta delle prefetture per operazioni più o meno complesse di disinnesco: in alcuni casi con l’intervento della Protezione civile per l’evacuazione precauzionale anche di centinaia di migliaia di persone.
Quasi una simulazione di guerra, con costi sociali ed economici elevati. SOLO PER citare alcuni degli ultimi ritrovamenti: si va dalla grande bomba al fosforo ripescata a fine agosto dai sub di una società privata nelle acque del porto di Civitavecchia (che stava per esplodere nel magazzino dove era stata stoccata con incredibile leggerezza), alla piccola granata notata da un passante i primi di settembre nel praticello del bar del tennis al Foro Italico di Roma (dove si giocano gli internazionali). «Non ci sono solo gli ordigni non esplosi risalenti alla seconda o addirittura prima guerra mondiale - afferma l’esperto C.C.M. Bonifiche, generale in ausiliaria del Genio che ora ha messo la propria professionalità a disposizione della bonifica umanitaria - ma anche piccoli residuati bellici abbandonati da sconosciuti. È frequente il ritrovamento di bombe a mano.
Quanto alle mine, invece, in Italia non se ne trovano più molte, anche se ogni tanto ne viene individuata qualcuna lungo la “linea gotica”». «LE BOMBE che restano celate nel sottosuolo inesplose per decine e decine di anni - prosegue Termentini - sono in particolare quelle di aereo che per peso e configurazione raggiungono, nei terreni non rocciosi, profondità anche oltre i 5-8 metri. Questi ordigni rimangono attivi ma non costituiscono di fatto un pericolo diretto se non vengono toccati. Per questo esiste una legge che prevede interventi di bonifica in profondità quando si devono realizzare lavori in aree dove potrebbero esserci ordigni non esplosi e si deve procedere ad opere di fondazione o scavi in profondità per la costruzione di ferrovie, ponti, autostrade».
Le aree dell’Italia dove maggiore è la probabilità di imbattersi in ordigni bellici risalenti ai due conflitti mondiali dello scorso secolo sono quelle dove si sono combattute le offensive più significative e quelle che hanno ospitato predisposizioni difensive. Residuati della prima guerra mondiale si possono così trovare sull’altopiano di Asiago e in tutta la fascia pedemontana. Altri luoghi potenzialmente a rischio - soprattutto per le bombe d’aereo - sono le zone oggetto dei duri bombardamenti anglo-americani durante la guerra di Liberazione, come le città, i porti e le grandi arterie stradali utilizzate dalle colonne tedesche in ritirata.
E quali sono gli ordigni che è più facile trovare sepolti in Italia? «In linea di massima - risponde Termentini - le bombe di aereo, anche di grandi dimensioni, poi le bombe a mano, le granate di artiglieria e cartucciame vario».
Testi del Dott. Lorenzo Grassi


ALLA RICERCA DI BOMBE D'AEREO
Data: 09 settembre 2004 @ 17:07:49

Pubblicato sul Giornale di Vicenza del 9 settembre 2004

È partito il delicato intervento all’ex scalo merci dove passerà l’arteria di accesso alla città
STAZIONE AI RAGGI X PER LE BOMBE
Operazioni di bonifica in più fasi su una superficie di 47 mila metri

 Questo Articolo proviene dal Dott. Luca Valente

AAA bombe d’aereo cercansi. Non è lo strampalato annuncio di un collezionista di materiale bellico, ma uno slogan scherzoso per definire il mestiere dei "bonificatori" da un paio di giorni all’opera alla stazione di Schio.
Sono da poco ripresi, infatti, i lavori nell’ex scalo merci per la realizzazione della nuova arteria di accesso alla città. Un’area a ridosso della linea Vicenza-Schio e della stazione ferroviaria, luoghi che furono oggetto di bombardamenti e mitragliamenti durante la 2ª Guerra mondiale. Ecco perchè si è reso necessario procedere alla bonifica bellica prima di proseguire nella realizzazione della pista ciclabile e nei lavori di sbancamento della strada in trincea: per quanto remota esiste la possibilità che qualche ordigno sia rimasto interrato e inesploso.
Da lunedì sono all’opera sulla vasta area, ben 47 mila metri quadri, quattro uomini di una ditta, specializzata in bonifiche belliche. Un lavoro certosino il loro, cominciato con un primo sbancamento superficiale, profondo 30 centimetri, per rimuovere i numerosi detriti metallici e non presenti nell’area, soprattutto bulloni e materiali di provenienza feroviaria.
La bonifica vera e propria si divide in più fasi: gli operatori stanno ora procedendo ad un’analisi dell’area del cantiere fino ad un metro di profondità, segnando i rilevamenti sospetti con delle "x" e delle frecce tracciate in vernice rossa sul terreno. In momenti successivi si procederà ad un sondaggio più accurato, utilizzando unitamente ai radar mezzi meccanici di trivellazione, la cui portata raggiunge in successione i 3, 5 e 7 metri di profondità.
Per il team è un lavoro di routine, essendo già intervenuti in parecchie situazioni similari in giro per l’Italia, anche all’interno di complessi ferroviari. Gli operatori sono addestrati dall’Esercito: per conseguire il brevetto di "Rastrellatore Bcm" (Bonifica campi minati), devono aver seguito un apposito corso istituito dal Genio militare.
«Naturalmente noi speriamo di non imbatterci in alcuna bomba inesplosa -spiega il responsabile del cantiere, l’ing. William Michelazzo dell’impresa Carron di S. Zenone degli Ezzelini-: per ora sono venuti alla luce vasche di calcestruzzo, pezzi di binari ferroviari, vecchi cavi telefonici, vario materiale ferroso. Per la realizzazione del sottopasso ciclopedonale che collegherà l’area con via Vicenza, comunque, dovremo procedere in modo diverso, ovvero con una scavo sotto ai binari assistito passo dopo passo dai bonificatori».
Se qualche residuato bellico dovesse essere rinvenuto, i bonificatori faranno immediata denuncia ai carabinieri: gli uomini della ditta sono autorizzati a portare alla luce eventuali ordigni, ma l’eventuale brillamento sul posto è compito che spetta agli artificieri dell’Esercito.
TANTI GLI ATTACCHI ALLA FERROVIA NEGLI ULTIMI MESI DEL CONFLITTO

Stazioni, treni merci, depositi, binari: l’offensiva aerea alleata che si dispiegò sul territorio vicentino negli ultimi mesi della 2ª Guerra mondiale fu sovente indirizzata contro obiettivi ferroviari. Anche lo scalo di Schio fu preso di mira: non furono grosse azioni offensive, paragonabili a quelle subite dalla stazione ferroviaria di Vicenza, ma continui piccoli attacchi condotti dall’aviazione tattica alleata, quasi sempre da cacciabombardieri P-47 Thunderbolt.
Il primo attacco alla stazione scledense fu portato da quattro velivoli domenica 19 novembre 1944: i danni si limitarono a due serbatoi d’acqua sforacchiati. Domenica 26 novembre toccò alla linea ferroviaria Schio-Asiago ad esser colpita, poco fuori la città, mentre giovedì 21 dicembre i cacciabombardieri mitragliarono il treno Schio-Rocchette, facendo vittime tra gli operai che si recavano a lavorare alla Todt. L’anno si chiuse con la bomba sganciata sullo scalo merci venerdì 29 dicembre 1944, alle 5 del mattino, che esplose sopra una catasta di pali.
Nel pomeriggio di martedì 2 gennaio 1945 Schio venne attaccata con lunghe raffiche da quattro cacciabombardieri alleati, che ridussero ad un colabrodo una locomotiva in manovra. Domenica 4 febbraio, in tarda mattinata, gli aerei presero di mira nuovamente la zona della stazione: secondo i testimoni dell’epoca le due bombe indirizzate sul casello ferroviario confinante con la Fomit non esplosero. Sabato 24 febbraio l’ennesimo mitragliamento ebbe come obiettivo ancora lo scalo ferroviario.
Il 4 marzo 1945 un convoglio di venticinque carri, in sosta in stazione, fu a lungo mitragliato: cinque vagoni risultarono seriamente danneggiati. Il 19 marzo la stessa sorte capitò a sei carri merci e a sei carrozze passeggeri, e il 2 aprile ad altri otto carri merci.
Numerosi furono anche i raid contro altri obiettivi, compresi gli stabilimenti tessili e la fabbrica Cementi: Schio ricorda soprattutto il bombardamento del Lanificio Rossi del 14 febbraio 1945, che fece 11 morti e 68 feriti.


Un deposito di bombe della I guerra mondiale è stato trovato in  seguito a  scavi edili
Una polveriera a Udine est
Almeno 50 ordigni – La zona ora dovrà essere controllata e bonificata
Una vera e propria polveriera è stata scoperta a Udine est.  Un  deposito di  bombe risalenti alla prima guerra mondiale è stato trovato sabato  mattina  nel quartiere di via Riccardo Di Giusto.
Da due giorni erano cominciati i lavori di scavo per l’edificazione  di 4  palazzine all’incrocio tra viale Forze armate e viale Mirko, nel  quartiere  Aurora, quando il responsabile del cantiere ha informato le Forze  dell’ordine che erano venuti alla luce alcuni ordigni, in un campo  proprio a  ridosso dei condomini dell’affollato quartiere popolare.  Sul posto  sono  giunte le Forze dell’ordine – le indagini sono condotte dai  carabinieri  della stazione di Udine est –, che hanno provveduto a recintare la  zona e a  mettere sotto sequestro il cantiere fino a quando l’area non sarà  completamente bonificata.
Pochi metri sotto terra sono stati scoperti – per ora – almeno  cinquanta  ordigni di vario genere, ma si presume che possano esserne trovati  altri:  tre tipi diversi di bombe a mano (tra questi anche alcune di modello  Sipe),  bombe per cannone di 75 millimetri e materiale bellico che meglio  sarà  catalogato nelle prossime ore, quando giungeranno sul posto anche gli  artificieri (è stato informato il reparto speciale dei carabinieri di  Vittorio Veneto, che nei prossimi giorni provvederà a inviare il  personale).   Nel frattempo, l’intera area sarà presidiata giorno e notte dai  carabinieri  e dalla Polizia per evitare che curiosi si avvicinino al cantiere e  in  attesa di verificare l’eventuale pericolosità del materiale ritrovato  (sotto  sequestro anche una discarica dove nei giorni scorsi sono stati  portati  alcuni camion di terra ricavata dallo scavo e che potrebbe contenere  altri  residuati bellici).  Dalle prime indicazioni, lo stato di logorio  delle bombe  sarebbe tale da renderle inoffensive, ma tutte le precauzioni sono  d’obbligo  per tutelare l’incolumità della popolazione.
Attualmente non ci sono problemi per la sicurezza delle persone, come  è  stato garantito anche dalle Forze dell’ordine.  Si tratterà, invece,  nei  prossimi giorni, di organizzare le operazioni di brillamento che  potrebbero  essere effettuate in un altro luogo, più sicuro e lontano dalle  abitazioni.
Potrebbe trattarsi di un vero e proprio deposito.  Si presume infatti  che  alla fine del periodo bellico del ’15-’18 in quell’area, che allora  era in  aperta campagna e che soltanto di recente ha assistito a un  importante  sviluppo residenziale, sia stata scavata una buca dove è stato  depositato il  materiale e quindi coperto da alcuni metri di terra.  Per accertare se  vi  siano altri ordigni non ancora rinvenuti sarà necessario sondare  l’intera  area.  Per questo, sono stati informati gli organi militari competenti  che  faranno intervenire personale specializzato per setacciare l’area  anche con  l’utilizzo di appositi escavatori.
L’appezzamento, che era di proprietà dell’amministrazione comunale, è  stato  recentemente ceduto all’impresa *************,  che intende realizzare 4 palazzine per 84 alloggi; inoltre troverà  spazio  una zona verde con parco giochi per bambini.
  Paolo Mosanghini

Data_Pubblicazione_pd: 06/12/1999
Ricerca storica effettuata dal dott. Alberto Lauber       

Ieri è stata fatta brillare l’ultima grossa bomba rinvenuta in via Di  Giusto
 Un botto da un quintale
Continua l’opera di bonifica: dal terreno spuntano ancora granate
Una bomba del tipo He, del calibro di 210 millimetri e del peso  stimato in  circa un quintale è stato rinvenuto e fatto brillare, ieri mattina,  nell'arsenale dell’esercito austroungarico della Prima guerra  mondiale che  era stato riportato alla luce, pochi giorni fa, in via delle Forze  armate,  nel quartiere di via di Giusto, alla periferia Est della città.  Il  ritrovamento è stato definito eccezionale dagli artificieri che, dopo  quelle  dei giorni scorsi, anche ieri hanno continuato a fare brillare, in  fosse  coperte di terra, altre decine di bombe e granate di piccole  dimensioni (di  calibro 65 e 75) che continuano a venire alla luce negli scavi del  cantiere  edile dove il deposito è stato scoperto.
La zona - ha ribadito la Questura - continua a essere presidiata da  polizia,  carabinieri e Protezione civile e scandagliata con i metal detector.   Quanto  al potente ordigno rinvenuto ieri mattina, il colonnello Benito  Cacciapuoti, responsabile della Protezione civile per l’operazione di bonifica e  delegato  dalla Prefettura a tenere i rapporti con i mass media, ha seguito le  fasi di  disinnesco.  Gli artificieri inviati dal Genio militare di Padova,  prese  tutte le precauzioni del caso, hanno deciso di far brillare il  potente  ordigno, che infatti è stato fatto esplodere verso le 15.30 di ieri.
  L’opera di bonifica è destinata a protrarsi fino a domani (intorno  alle 11  saranno organizzati altri due brillamenti di ordigni vari), ma se i  metal  detector continueranno a individuare la presenza di ordigni nella  campagna  che contorna il quartiere di via Di Giusto (nel tratto di viale Forze  armate, dove dovrà sorgere un cantiere edile), è probabile che  l’intervento  si protrarrà per altri giorni ancora.  Come ribadito ieri dal  colonnello  Cacciapuoti, non esistono pericoli per la collettività: l’area  interessata  alla bonifica è vigilata da pattuglie dei carabinieri e della polizia. Paolo Mosanghini

Data_Pubblicazione_pd: 09/12/1999
Ricerca storica effettuata dal dott. Alberto Lauber   

Tre granate venute alla luce a Cormons

 Matteo Femia
Tre ordigni inesplosi risalenti al primo conflitto mondiale e tuttora in grado di esplodere. Questo il pericoloso ritrovamento fatto nella prima mattinata di ieri nei pressi degli argini del Rio Bisinta in località Boatina da alcuni operai della ditta Vidoni di Tavagnacco, che per conto del Comune di Cormons stavano lavorando alla bonifica e alla ricalibratura dei canali delle acque di scolo. Le tre granate, due di media dimensione e una di grosso calibro, si trovavano nello stesso punto, distanziate solo poche decine di centimetri l'una dall'altra. Gli operai hanno provveduto ad informare immediatamente i responsabili del cantiere e le forze dell’ordine, che hanno subito dato il via alle procedure standard previste in casi di questo tipo. È stata così contattata un’impresa di Camponogara (Ve) specializzata nella localizzazione di questi fabbricati bellici, di cui solamente uno di essi era dotato di spoletta: “Non è da escludere – ha spiegato Giovanni La Firenze, esperto di ordigni bellici della ditta veneziana – che con il proseguimento dei lavori non emergano altre granate risalenti alla prima e alla seconda guerra mondiale: l’area infatti è stata oggetto di fitti bombardamenti durante entrambi i conflitti, anche se i residuati venuti alla luce ieri appartengono all’esercito italiano che ha combattuto tra il 1915 e il 1918. Gli ordigni hanno una forte carica esplosiva, e sono in grado di detonare ancor oggi, a distanza di quasi un secolo. All’interno di essi, infatti – ha precisato La Firenze – è contenuto del tritolo, che può esplodere con una forza di 5000 metri al secondo”. Dopo questa prima fase di individuazione, la procedura prevede l’interessamento del genio militare e l’allerta degli artificieri responsabili in zona, in questo caso gli uomini della Cerimat di Padova. Saranno loro, assieme al prefetto, a stabilire se le bombe rinvenute sul Rio Bisinta dovranno essere fatte brillare sul posto o  se necessitano di essere trasportate in un’area più sicura. Nel frattempo, saranno bloccati i lavori di bonifica e ricalibratura dei canali.


Due granate risalenti al primo conflitto mondiale

Il Piccolo 1/3/2008
Due granate risalenti al primo conflitto mondiale. Sono state ritrovate giovedì in via Isonzo a Mossa durante i lavori di bonifica bellica effettuati dalla una ditta specializzata per conto della Vidoni spa di Udine, nel corso dei lavori di inalvazione del torrente Cristinizza. Spiega Giovanni Lafirenze, esperto di materiale esplosivo: “In via Isonzo, all’altezza della rete fognaria, sono fuoriuscite due granate risalenti al periodo della Grande Guerra, entrambe provviste di spoletta posteriore per 240 mm di diametro. Il ritrovamento è stato subito denunciato ai carabinieri, e al massimo entro la giornata di oggi la Polizia di Trieste si occuperà dello smaltimento dei due oggetti bellici: interverrà infatti una squadra di artificieri del comando di polizia del capoluogo regionale che deciderà con che modalità intervenire: ad oggi è ancora presto per stabilire se i due ordigni verranno prelevati e fatti brillare in un’altra zona, o se sarà necessario un intervento di disinnesco sul posto”. Il ritrovamento delle due granate nella zona di via Isonzo a Mossa non è un fatto inedito nell’Isontino in questi ultimi mesi: lo scorso 4 dicembre tre ordigni, sempre di piccole dimensioni, sono infatti venuti alla luce a tra Cormons e Mariano nel corso di una serie di lavori sugli argini del Rio Bisinta, per poi essere disinnescati da una squadra di artificieri di Padova.
Matteo Femia


Nuovo rinvenimento di un residuato bellico a Mossa

Il Piccolo 4/4/2008
Dopo i ritrovamenti avvenuti nel mese di febbraio di due ordigni risalenti alla Grande Guerra, un altro esemplare è venuto alla luce nei giorni scorsi in prossimità della strada regionale 56 Gorizia-Aidussina, al km 30, 670 di fronte ad una vecchia casa cantoniera dell’Anas. La granata è una 203 mm con doppia corona di forzamento, munita di spoletta posteriore: anche in questo caso si tratta di un residuato risalente al primo conflitto mondiale, e si presenta sparato ma in ottime condizioni. Il rinvenimento è avvenuto dopo che la ditta “Vidoni” di Udine, impegnata nella realizzazione di una nuova rete fognaria in località Mossa e sensibile alle normative di sicurezza sul lavoro, ha chiesto una bonifica bellica alla ditta specializzata “Biotto” di Camponogara (Ve). L’ordigno, come detto, non è il primo rinvenuto nella zona di Mossa, dove già poco più di un mese fa in via Isonzo furono rinvenuti due esemplari bellici di 240 mm nel corso dei lavori di inalvazione del torrente Cristinizza: anche a Cormons, nel mese di dicembre, vennero alla luce tre ordigni inesplosi appartenuti all’artiglieria italiana risalenti anch’essi alla Grande Guerra in prossimità degli argini del Rio Bisinta in località Boatina.
Matteo Femia


EROI UMILI
08/11/2007

E’ stato scoperto lo scorso primo novembre (precedentemente era stato programmato per il 25 aprile 2007) il cippo commemorativo dedicato alla squadra B.C.M (bonifica campi minati) di Aprilia. Doveva essere il vescovo di Albano Laziale monsignor Marcello Semeraro a presenziare alla cerimonia religiosa, invece all’ultimo momento ha dato forfait (probabilmente a causa della contestazione in atto da parte della comunità cattolica della parrocchia dei Santi Pietro e Paolo). Il cippo è stato posto sulla sinistra, dopo l’ingresso del vecchio cimitero. Inciso nel travertino si legge: “Agli eroici sminatori - che nel 1945 - bonificarono dalle mine -il territorio di Aprilia - rendendo possibile a costo della vita - la rinascita della città - con riconoscenza e perchè - non si perda la memoria - i cittadini di Aprilia -25-4-2007”. Su un altro lato i nomi di sei appartenenti alla squadra bonifica campi minati, deceduti durante l’adempimento del loro lavoro, e sono: “ De Meis Francesco di anni 20 M. 21-3-1945 - Borelli Ulderico di anni 25 M.11-04-1945 - Levorato Attilio di anni 31 M.11.04.1945 -.Trombin Duilio di anni 19 M.11.04.1945 - Davi Antonio di anni 24 M.29.11.1945 - Nasoni Antonio di anni 19 M.29.11.1945. A scanso di equivoci, diciamo subito che aver posto il cippo in memoria di questi caduti civili è stata un’opera meritevole da parte di alcuni cittadini apriliani che si sono anche accollati l’onere economico, ma a nostro avviso non rende giustizia a tutti gli altri componenti della squadra B.C.M. che hanno avuto una sorte migliore rispetto ai loro sei compagni sventurati. La nostra proposta è quella di affiggere una targa dedicata a tutti gli altri componenti della squadra che hanno partecipato alla bonifica del territorio apriliano. E qui vogliamo riproporre un articolo scritto il 29 marzo 1997, oltre dieci anni fa, e ripubblicare la relativa foto d’epoca che ci ha permesso di approfondire questa nostra ricerca, tra l’altro utilizzata poco correttamente dal responsabile del cerimoniale del Comune di Aprilia, senza citare l’autore, per assegnare una medaglia d’argento a Mario De Cet, unico sopravvissuto della squadra B.C.M. ed ai parenti presenti dei deceduti, il 29 ottobre 2004, in occasione del 67° anniversario dell’inaugurazione di Aprilia dall’allora sindaco f.f. Paolo Pompeo Verzili. Articolo in seguito riportato, e modificato a seguito di ulteriori ricerche, nel giugno 1997, nel saggio: “Aprilia - 60 anni - Storia e Cronaca” a cura del sottoscritto e riproposto nell’agosto del 2004. “Questa vecchia foto, del 1946, anche se macchiata e ingiallita dal tempo, viene conservata come fosse una reliquia dal suo possessore, perché‚ ricorda dei momenti indimenticabili della vita di un uomo. Erano i giorni difficili del dopoguerra. Pur di guadagnare la giornata si rischiava la vita quotidianamente, andando a bonificare i campi minati. La foto è stata scattata da Pietro Alberto Beraldin, autista del “Truck” di Mario ed Ezio Pazienti, adibito al trasporto della squadra apriliana di rastrellatori di mine, lungo la via Nettunense, a Campo di Carne, all’altezza del Podere Gerardi. I dieci componenti della squadra agli ordini del capitano Ezio Gigli, geometra dell’O.N.C. (Opera Nazionale Combattenti) sono: Angelo Bartolanza, Andrea Betti, Giuseppe Casani, Guerrino “Ino” Costantin, Mario De Cet, Guido Farina, Eliseo Presutti, Antonio “Tonino” Principe, Alfonso Quarzago, Mariano Romagnoli. A questi uomini, non soltanto questi della foto, a tutti i bonificatori dei campi minati, ma soprattutto a chi ha perso la vita nel compiere il proprio lavoro, l’Amministrazione Comunale, dovrebbe dedicare qualcosa di importante della città. Al tal proposito vogliamo riportare una lettera aperta (siamo stati autorizzati), del 20 dicembre 1987, di Mario De Cet, uno degli ultimi “Sminatori” viventi, insieme ad Eliseo Presutti, inviata all’Amministrazione Comunale in occasione della chiusura del cinquantesimo anniversario della fondazione della città rifiutando l’invito alla cerimonia, poiché‚ nessuno si era ricordato dei caduti sui campi minati. “Dedico questo invito ai miei compianti amici deceduti compiendo il proprio dovere nella B.C.M. (Bonifica Campi Minati) nel territorio di Aprilia. Credo che dopo tutte le cerimonie fatte nel ricorrente Cinquantenario sia il primo riconoscimento. Gli amici deceduti erano: Attilio Levorato, Antonio Davi, Duilio Trombin, Antonio Nasoni, di Aprilia, Antonio De Meis di Borgo Le Ferriere, Ulderico Borelli di Treviso”. A seguito di una visita avvenuta il 22 febbraio 1945, gli inviati dell’Opera Casati, nella relazione sulla situazione di Aprilia dicono tra l’altro: “...i lavori della campagna sono ostacolati dalle numerose mine. Il Comune, che come abbiamo detto, comprende molte frazioni, copre una superficie di 17 mila e 500 ettari di cui un terzo minata. Una squadra di artificieri, opera in questa zona, ma, data la scarsità dei mezzi e il numero limitato di uomini, non libera più di un ettaro al giorno di mine. Proseguendo di questo passo occorrerebbero oltre dieci anni per ultimare il lavoro. E’ necessario quindi ottenere dal Ministero della Guerra l’invio di squadre più numerose. Il 1945 fu un anno tragico per i Bonificatori, il primo a cadere è stato Francesco De Meis il 21 marzo, in zona Giannettola, non era trascorso nemmeno un mese, che succede l’incidente più grave, l’11 aprile, saltano in aria: Ulderico Borelli, Attilio Levorato di 31 anni, Duilio Trombin di 19, erano le 11.30, in un podere lungo la strada di Carano, come riportato negli atti di decesso del comune di Aprilia. Il 29 novembre, tocca ad Antonio Davi di 24 anni e Antonio Nasoni di 19 anni, l’ora sembra fatale, erano le 11 e 36, la zona Spaccasassi. Il primo autista delle squadre di bonificatori è stato Filippo “Pippo” Chiappini, Michelangelo Pasqualone era “Il Mitico Infermiere”, altri Bonificato sono stati: Oreste Infanti, Pietro Spigariol, Alessandro Giammaria e “Memmo” Giammaria, forse il più celebre degli “Sminatori”, scomparso per malattia, non molto tempo fa. Memmo, in una intervista, del 1963, è stato definito “Guglielmo senza paura”: “Memmo nel novembre del ‘44 con altri undici temerari di Aprilia andò a San Martino del Cimino per seguire un corso di un mese al fine di ottenere la qualifica di “sminatore”. Tornato ad Aprilia a prendere servizio, la “Squadra della morte” operò sui minatissimi campi di tutto l’agro rischiando giorno per giorno la propria vita.
Ed infatti, alla fine del lungo lavoro durato quattro anni, i dodici sminatori erano ridotti a sei letteralmente dimezzati”. Dal 1946, ricorda Alberto Beraldin, non ci sono più stati morti tra i componenti della “Squadra”, ricorda Tonino Principe ferito da un arnese sotterrato, chiamato “Bucapiede”, era micidiale. Eliseo Presutti, ha svolto quel lavoro per due anni, dal 1946 al 1948, quando la squadra fu smobilitata. Si considerava fortunato almeno sotto il profilo economico, aveva conseguito il brevetto a Latina e destinato ad Aprilia, per questo motivo, oltre alla paga e all’indennità di rischio, riceveva l’indennità di trasferta. Ricorda quando si recavano a Nettuno a riscuotere la paga, il vecchio Oreste Infanti, pagava due bottiglie di liquore, forse per la gioia di essere ancora vivo. Aprilia che era inclusa nella quarta zona B.C.M., deve a questi uomini l’inizio della sua seconda vita, Meriterebbero certamente più considerazione nelle nostre celebrazioni cittadine”.
A seguito della pubblicazione di questo articolo la sorella di Attilio Levorato ci ha fornito ulteriore documentazione in copia che abbiamo integrato nel saggio riferito: “Attilio Levorato aveva preso servizio nella squadra bonifica campi minati il primo marzo 1945; la paga della prima quindicina di lavoro l’aveva ritirata il 20 marzo, per un importo di lire 2.597,23. Nel 1947 il Ministero della Guerra gli rilasciò un diploma di benemerenza alla memoria”.
Gianfranco Compagno - www.ilpontino.it


A cura del Dott. Giovanni dalle Fusine
A 90 anni dalla fine della Grande Guerra
si torna a parlare di vittime per lo scoppio di ordigni bellici
ordigni bellici della Grande GuerraMancavano pochi minuti alle 17, quando ieri la contrada Pennar di Asiago è stata scossa da una forte defragazione proveniente dal garage di Antonio Pertile. L’uomo di 49 anni, celibe, disoccupato, svolgeva lavori estivi con la forestale per la Regione Veneto, secondo una prima ricostruzione delle Forze dell’Ordine, stava maneggiando una bomba d’artiglieria in calibro 100 millimetri, quando è avvenuto lo scoppio. I primi a dare l’allarme sono stati il fratello maggiore e la sorella, immediatamente accorsi sul luogo della disgrazia, a loro è toccato il triste compito di constatare la gravità della tragedia. Pochi i danni all’auto fuoristrada e all’Ape parcheggiate all’interno del garage, ma per Pertile non c’era più nulla da fare, dilaniato dalle schegge e dallo spostamento d’aria. Due camion dei Vigili del fuoco, Carabinieri e Polizia Urbana sono accorsi presso il quartiere situato a pochi minuti dal capoluogo altopianese, del fatto è stato informato anche il pm di turno. I Sette Comuni non sono nuovi a queste drammatiche sciagure, la più grave nel 1976, quando ben sette furono le vittime di uno scoppio avvenuto alle pendici del monte Kaberlaba, vicino alle omonime piste da sci. Anche allora la causa fu quella pericolosa passione per il recupero e collezionismo di residuati bellici che nell’arco di quasi un secolo ha provocato centinaia di morti. Tuttavia la smania provocata dal raccogliere oggetti e armi non sembra essere diminuita col tempo, nonostante una normativa molto restrittiva in materia. Pertile, come tanti suoi predecessori, ha pagato con la vita lo spericolato hobby di raccogliere quanto le ostilità tra Italia e Austria hanno lasciato sotto pochi centimetri di terra e sassi. Durante i 4 anni di conflitto sul fronte degli altipiani sono state sparate tonnellate di granate e schrapnel, ma centinaia di questi ordigni non esplodevano pur impattando col terreno. Nell’immediato dopoguerra fu attuata una bonifica per rendere agibili i centri abitati ai profughi tornati presso le proprie case, ma tutto non è stato raccolto, oggi grazie all’ausilio di metal detector il recupero è tornato di moda, con le conseguenza tragiche che ancora una volta finiscono tra le pagine della cronaca.
Giovanni Dalle Fusine
vigili fuoco

Tratto dal Messaggero Veneto del 01/03/2008
 Sono state rinvenute due granate da obice da 240 millimetri (due pezzi lunghi quasi un metro) nel cantiere a Mossa per l’intervento di sistemazione idraulica e di inalveazione dei torrenti Cristinizza, Versa e Bisunta.  Il ritrovamento è stato effettuato da una ditta specializzata che è stata chiamata dall'impresa appaltatrice dei lavori, per le operazioni di bonifica preventiva dai residuati bellici nei luoghi interessati dagli scavi e dai cantieri. Subito dopo il rinvenimento dei due ordigni della prima guerra mondiale, sono stati allertati i carabinieri della stazione locale. Tra qualche giorno arriveranno gli artificieri di Trieste per mettere in sicurezza l’area e smaltire le granate.
Giovanni Lafirenze, consulente tecnico ha sottolineato che i due reperti, risalenti alla prima guerra mondiale, hanno un grande valore per i collezionisti e gli appassionati; le granate da obice si distinguono per la spoletta posteriore e non anteriore. Sul suo sito, all’indirizzo on line www.biografiadiunabomba.it, Lafirenze, esperto dell’argomento, fornisce numerosissime informazioni sui vari tipi di ordigni che si possono rinvenire nelle zone che un tempo furono teatri di battaglia.
“Si può fare un’analisi a vista sulla stabilità minima delle granate ma non si può mai avere una certezza- ha spiegato Lafirenze- non possiamo conoscere i congegni interni. Queste granate esplodevano con l’urto. Può darsi però che abbiamo colpito l’obiettivo ma con un’angolazione così ampia che non ha influito sulla spoletta. Una granata del Kossovo esplode a 8 mila metri al secondo, una di 90 anni fa a 3 mila metri al secondo. Si muore all’istante”.
Dott.ssa Ilaria Purassanta


Rinvenuto residuato bellico a Guidonia

Coordinate dalla Prefettura di Roma le operazioni di bonifica

Articolo Numero:10647 del 13 Marzo 2007

Al termine della mattinata di ieri, sono state completate tutte le operazioni di recupero, despolettamento e brillamento di un ordigno militare ritrovato all'interno dell'Aeroporto Militare “Alfredo Barbieri” di Guidonia, secondo le indicazioni del Comando del 6° Reggimento Genio Pionieri di Roma.

L'ordigno, di fabbricazione inglese e del peso di circa 250 libbre, è risultato essere un residuato bellico della seconda guerra mondiale.

L'intervento di bonifica, circoscritto nell'area aeroportuale, ha richiesto una particolare cura nell'azione di pianificazione delle operazioni, ma non ha comportato alcun disagio alla popolazione locale.

Una volta ricevuta la segnalazione della presenza dell'ordigno, la Prefettura, grazie anche alla fattiva collaborazione del Comune di Guidonia Montecelio, ha coordinato le necessarie operazioni di messa in sicurezza delle strutture dell'area circostante la zona di ritrovamento dell'ordigno,  ed altresì provveduto all'organizzazione di eventuali e tempestivi interventi di ripristino, nel caso in cui si fossero verificati incidenti durante la fase di bonifica.

L'Aeroporto Militare di Guidonia, in previsione dell'intervento nella prima guerra mondiale, venne istituito nel 1915, al fine di addestrare le nuove squadriglie di aviatori. Nel corso degli anni, ha acquisito sempre maggiore importanza ed è stato ingrandito fino ad ospitare oggi un modernissimo Centro Sperimentale sulla navigazione aerea.

Non a caso, la città di Guidonia venne definita la “Cape Canaveral degli anni 30”, per l'assoluta avanguardia degli studi aeronautici del suo centro, e, nel 1988, si è gemellata proprio con la città statunitense, dove ha sede la struttura per il lancio di veicoli spaziali della NASA.

Massimo Pelliccia
Fonte: http://www.romalocale.it/

A cura del Dott. David Barbetti
Un arsenale sotto terra È l’eredità della guerra
In tutto il territorio italiano migliaia di bombe inesplose
Il bonificatore Lafirenze: «Centro Italia da codice rosso»
PERUGIA - Migliaia di bombe d’aereo, proiettili di artiglieria, granate e mine disseminate nel sottosuolo italiano e lungo migliaia di chilometri di coste. C’è un vero e proprio arsenale, nascosto sotto terra, che ogni tanto riaffiora. È uno degli aspetti, spesso sottovalutati, dell’eredità che ci ha lasciato la Seconda Guerra Mondiale con i bombardamenti e le azioni militari in terra e in mare che nel quinquennio 1940-1945 seminarono distruzione in tutta la Penisola. L’eco di un conflitto che si è propagato fino ad oggi, fatto di residuati bellici altamente pericolosi, come dimostrano gli incidenti, alcuni dei quali mortali, registrati in oltre sessanta anni di storia. A dare credito a questa tesi è Giovanni Lafirenze, assistente tecnico BCM (Bonifica Campi Minati), un passato da Geniere nell’esercito, che sull’argomento ha scritto un libro, “La mia bonifica”, e ha creato un sito internet ricco di dettagli (www.biografiadiunabomba.it).
La questione dei residuati bellici nel sottosuolo italiano che portata ha ?
«L’Italia subisce i primi bombardamenti aerei dal 1940, ma sono incursioni “leggere”, mentre nel 1941 e nel 1942 le missioni aeree iniziano a creare enormi danni alla popolazione e alle aree urbane. Nell’estate del 1943, con lo sbarco degli Alleati in Sicilia, l’Italia conosce la guerra di terra: granate, mine, e quant’altro. La guerra di terra non blocca i bombardamenti aerei, che termineranno nel 1945, e a questi si aggiungono quelli tattici, di ausilio alle truppe e per ostacolare movimenti militari tedeschi. In pratica una guerra aerea e terreste in grado di trasformare l’Italia in una discarica bellica».
È possibile una stima del numero di ordigni inesplosi che si trovano ancora oggi nel territorio italiano?
«È difficile un calcolo del genere. Si può ipotizzare una percentuale di ordigni interrati e inesplosi per le bombe d’aereo il 3% ma non possiamo stabilire ciò che è stato sepolto o affondato per rendere più agevole una ritirata o spostamenti militari in genere. Chiediamoci, ad esempio, che fine ha fatto tutto il materiale esplosivo, e non solo, inutilizzato al termine del conflitto».

Quali sono le zone del Paese più a rischio?
«Il Nord Est, in cui si sono combattute due Guerre Mondiali, ma ogni luogo della Penisola comporta un considerevole rischio d’imbattersi in residuati bellici».
Qual è il livello di pericolosità nel centro Italia?
«Sicuramente è da codice rosso. Le faccio qualche esempio per comprendere meglio: il 14 febbraio 2007 a Cisterna di Latina alcuni operai che stanno scaricando un camion di pozzolana vedono rotolare una bomba d’aereo. L’8 ottobre 2007 a Piombino, in località spiaggia Lunga viene fatto brillare, a circa 500 metri dalla costa un ordigno rinvenuto il 20 settembre. Dieci giorni dopo, a Subbiano, in provincia di Arezzo, per una strana coincidenza semplici escursionisti e agenti del Corpo Forestale ritrovano quasi contemporaneamente più di 40 ordigni. Il 9 novembre dello stesso anno, a Ceccano, nel corso di lavori edili, operai addetti al cantiere rinvengono un ordigno bellico. E la lista potrebbe essere lunghissima».
Qual è il livello di pericolosità di questi ordigni?
«Ogni residuato bellico è pericolosissimo e non deve essere toccato.
Un rinvenimento occasionale deve essere subito denunciato alle autorità competenti di zona. Questi manufatti bellici hanno ucciso a Reggio Calabria, San Donà di Piave, Crocetta del Montello, San Lazzaro di Savena ed Asiago. A conferma che i residuati bellici non sono semplici pezzi di ferro, ma congegni in grado di portare a termine la propria missione di morte».
Spesso il ritrovamento di questi ordigni inesplosi provoca disagi alla popolazione dell’area interessata. Cosa può essere fatto a livello di prevenzione per diminuire disagi e rischi?
«Naturalmente un rinvenimento occasionale crea disagi improvvisi mentre una bonifica sistematica pianifica già in anticipo ogni procedura».
C’è attenzione alla questione da parte delle istituzioni?
«C’è un grande lavoro da parte delle istituzioni militari per mezzo delle sezioni Bcm di Napoli e Padova, e dei vari Reparti Genio Eod, che sono costantemente in missione per lo smaltimento dei residuati bellici».
Cosa potrebbe essere fatto in più?
«Tanta informazione, far capire a tutti che la bonifica sistematica evita emergenze costosissime e che nessuna bomba è mai stata concepita biodegradabile».
Lei porta avanti da anni una “battaglia” per divulgare questo tipo di contenuti spesso in secondo piano. Perché?
«Perché il lettore o l’utente radiotelevisivo sono attratti da altre priorità e non ci si rende conto di quale sia il livello di pericolo derivante dai residuati bellici. Ma io non mollo».
Intervista a cura di David Barbetti
Articolo estratto da "Hermes: Corriere Nazionale del 23/04/2010"

Fonte: Clicca qui per il pdf
IN UMBRIA
«Qui gli Alleati bombardarono per nove mesi»
PERUGIA «Dall’agosto del 1943 al giugno del 1944, in Umbria, i bombardamenti degli Alleati colpirono soprattutto le vie di comunicazione, dunque strade, linee ferroviarie e ponti, che i tedeschi utilizzavano per rifornire la linea Gustav, che univa le coste tirreniche a quelle adriatiche, spezzando in due l’Italia. Non è strano, dunque, che i maggiori ritrovamenti di residuati bellici vengano effettuati nell’orvietano o nelle altre aree della regione dove c’erano obiettivi sensibili». Lo spiega Angelo Bitti, professore di Lettere e autore del libro “Distruzioni belliche e ricostruzione economica in Umbria 1943-1948”: «Ad essere interessate dal fuoco alleato prosegue Bitti furono in particolar modo la tratta ferroviaria RomaAncona e quella Roma-Firenze, con le stazioni di Fossato di Vico, Orte e Orvieto che subirono pesanti bombardamenti. Fu colpita anche la zona di Allerona, sempre nell’orvietano, dove in effetti negli ultimi anni sono venuti alla luce diversi ordigni inesplosi. Altri obiettivi sensibili che finirono nel mirino degli Alleati furono an che le acciaierie di Terni, le fornaci di Marsciano, alcune industrie della Valnerina e i ponti, come a Ponte San Giovanni, alle porte di Perugia, per evitare gli spostamenti delle truppe tedesche».
A cura di David Barbetti - Articolo estratto da "Hermes: Corriere Nazionale del 23/04/2010"
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I DATI DEL 2009
Centinaia gli interventi dell’esercito
Il tenente La Cognata, del Genio Pionieri: «L’anno scorso sono stati 400» A gennaio per un ordigno d’aereo fu chiuso un tratto dell’autostrada A1
ROMA A confermare il numero piuttosto elevato di ritrovamenti di residuati bellici nel Centro Italia c’è anche il dato che riguarda gli interventi effettuati ogni anno dal Genio Pionieri di Roma: «Nel 2009 sono stati circa 400 quelli che abbiamo effettuato nella nostra zona di competenza spiega Diego La Cognata, tenente del VI Reggimento del Genio Pionieri di Roma, chiamato ad intervenire nel caso di ritrovamenti in Umbria, nel Lazio ad esclusione della provincia di Latina, e nelle province abruzzesi di Teramo e de L’Aquila - ed è un dato che non si discosta di molto da quelli degli anni passati. Nella sola Umbria, nel 2009, ci sono stati circa 50 ritrovamenti». «Di questi prosegue la maggior parte riguardano proiettili di artiglieria, come le bombe da mortaio, che spesso vengono trovate a gruppi, mentre cinque o sei hanno riguardato bombe d’aereo, per le quali il procedimento di disinnesco e brillamento è più complesso. In questi casi è necessario un tavolo preliminare con le diverse autorità coinvolte, come Prefettura, forze dell’ordine, enti locali, Protezione Civile». L’Italia centrale è una delle zone del Paese in cui è più facile imbattersi in ritrovamenti di questo genere: «Ci sono aree in cui è più probabile rinvenire ordigni inesplosi, come quella della provincia di Frosinone, e in particolare Cassino, teatro durante la guerra di molti bombardamenti. Ma anche quella di Roma o quella dell’orvietano: in quest’ultima, per l’intervento che abbiamo effettuato a gennaio si è resa necessaria la chiusura temporanea di un tratto dell’autostrada A1 tra il casello di Orte e quello di Valdichiana per effettuare le nostre operazioni».
A cura di David Barbetti - Articolo estratto da "Hermes: Corriere Nazionale del 23/04/2010"
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