Di Lorenza Costantino
Verona. Erano persone diverse. Per origine, lingua, storia
personale. Ma la guerra incrociò i loro destini, e nel modo peggiore:
con la morte sotto le bombe, a pochi passi dalla stazione di Porta
Nuova, in una fredda giornata tra il '44 e il '45. I tre tedeschi,
soldati di truppa. La giovane donna italiana, forse una sposina. E gli
altri due civili: probabilmente italiani anch'essi, di cui forse una
seconda donna, a giudicare dall'ossatura minuta. Sei corpi ammucchiati
insieme in un'unica fossa che, con tutta probabilità, era il cratere
lasciato da uno dei tanti ordigni alleati sganciati sopra lo snodo
ferroviario. Li hanno trovati dopo 70 anni, scavando in piazzale XXV
Aprile, nel cantiere per il parcheggio di fronte alla stazione. Fusi
insieme, quasi, in un caos di ossa scomposte, con gli effetti personali
erosi dal tempo e dalla terra. E ora quelle sei storie, quelle persone
di cui ancora non si conosce il nome, riemergono dall'oblio con i loro
oggetti di tutti i giorni. La fede al dito, le scarpe, la divisa o il
soprabito, il rossetto nella borsetta, lo spazzolino da denti e la
gavetta nello zaino militare. Ma l'operazione della memoria non finisce
così, dopo due giorni di scavi ininterrotti, tra ieri e lunedì, ad opera
di due associazioni storiche incaricate dalla Procura. Alle stesse
associazioni, il Museo della seconda guerra mondiale del fiume Po
(Felonica, Mantova) e la Gotica Toscana (Scarperia, Firenze), ora è
demandato il restauro dei reperti più significativi prelevati in
piazzale XXV Aprile. Simone Guidorzi, direttore e curatore del Museo di
Felonica, e Filippo Spadi, segretario della Gotica Toscana, aiutati da
una decina di volontari, hanno allineato gli oggetti ancora infangati su
un panno bianco, mentre le ossa sono già state riposte in cassette. «La
nostra attenzione si concentrerà su alcune cose che più di altre
potranno svelare la storia dei defunti», spiegano. «Per esempio la
piastrina identificativa di uno dei tre militari tedeschi», spiegano,
indicando la sottile targhetta metallica, la cui superficie è
illeggibile, ma chiaramente percorsa da un tratteggio che rendeva
possibile spezzarla in due. Se il soldato periva sul campo di battaglia,
metà piastrina veniva sotterrata con lui, l'altra metà inviata
all'esercito. «Questo era il modo per certificare il “conteggio” dei
caduti», spiegano i due esperti. Ma la targhetta del soldato di piazzale
XXV Aprile è ancora intera: «Segno che non morì in combattimento, ma in
una circostanza imprevista». E i resti umani? «È indubbio che i tre
militari siano tedeschi. L'equipaggiamento ce lo conferma. Quindi è
probabile che trovino sepoltura nel cimitero per soldati tedeschi di
Costermano. Con qualche informazione in più, che potrebbe emergere dal
restauro dei reperti, e con l'aiuto del Consolato, forse verremo a capo
anche della loro identità. E si potrebbero, chissà, rintracciare anche i
discendenti: non sarebbe la prima volta», aggiungono Guidorzi e Spadi.
«Alle spoglie dei civili, per le quali è più difficile risalire ai nomi,
dovrà pensare il Comune». I reperti, con il nulla osta della Procura,
saranno portati via temporaneamente dalle due associazioni per essere
lavati, ripristinati e analizzati. Facile che, alla fine, entrino a far
parte della collezione dei musei di Felonica e Scarperia. «Ma è presto
per deciderlo. Non escludiamo la possibilità di fare una mostra a
Verona».
Fonte:
http://www.larena.it/stories/dalla_home/458763_erano_sei_morti_sottouna_pioggia_di_bombe/