di Alberto Parodi
Savona - Bomba o non bomba ogni giorno si alzano, si vestono, mangiano, guardano la televisione e vanno a dormire con lei che “dorme” chiusa in un muronel cortile del palazzo. Un muro attorniato da un cubo di cemento, una sorta di “gabbia” che ha inglobato il presunto residuato bellico della seconda guerra mondiale. Un manufatto che a scopo precauzionale è stato cintato quattro anni fa dal proprietario dell’area (su sollecito di Comune e Prefettura) con reti e transenne. Bomba o non bomba da quattro anni - da quando la sua presenza oggetto di ricorsi al Tar e di carteggi e ordinanze tra Prefettura e Comune che si sono attivati con il genio artificieri e i carabinieri - la vita intorno al palazzo di via Torino al civico numero 16 non è più la stessa. Paura e ansia è una costante compagna di viaggio delle giornate di residenti, commercianti, inquilini, amministratori di condominio e avvocati. Da settant’anni ci dormono sopra, ma c’è davvero l’ordigno nell’intercapedine in cortile? Non è mai stata vista, ma soltanto “sentita” la bomba. C’è chi parla di leggende metropolitane, ma il cartello messo ad aprile del 2010 con scritto “pericolo” firmato dall’amministrazione comunale c’è ancora ed è ben visibile sulla porta che dall’ingresso del portone al civico numero 16 porta al cortile a rischio. Cartello inequivocabile e porta chiusa a chiave. La possiedono i proprietari di quella porzione di cortile e cantina, la famiglia Bossio. Il manufatto che ospita la bomba fa capo anche ai gestori della vicina “Boutique del Vino”: «Quando abbiamo comprato gli immobili la bomba c’era già, siamo noi che abbiamo le chiavi per aprire quella porta» si limita ad indicare la titolare dell’enoteca. A cercare di chiarire il “giallo”, senza riuscirci, è il noto avvocato savonese Mario Randacio che è il principale proprietario delle aree del cortile attorno alla “presunta” bomba. Aree che consistono in un piazzale-corte chiuso tra i palazzi compresi tra via Torino, via Dei Cambiaso e via Mondovì che ospitano park privati per auto e moto. La titolarità delle aree aveva spinto in passato il legale a presentare un ricorso contro l’ordinanza con cui il Comune imponeva di mettere tutto in sicurezza. Il fascicolo “bomba” è ben custodito negli uffici dello studio dell’avvocato Randacio. «Conservo i carteggi in cui enti e istituzioni, sintetizzando e semplificando il discorso, non escludevano la presenza di un ordigno bellico» spiega il legale che chiarisce anche come è andato a finire il ricorso che aveva presentato al Tar contro l’ordinanza comunale che imponeva anche la rimozione dell’ordigno. «Nella sua memoria depositata al Tar, il Comune aveva precisato che a carico dei proprietari c’era solo l’obbligo di evitare scavi nelle adiacenze di quel muro e di impedire accessi al manufatto. Non imponendo la rimozione, come precisato nella memoria del Comune, il ricorso non andò avanti». Poi più nulla. L’area è stata affittata dal legale per ospitare auto e moto di privati. «Quella parte di muro è su un’area su cui si trovava la villa della mia famiglia che è stata poi demolita. Ho sempre sentito parlare di bomba, ma nessuno l’ha mai vista. Il mistero per me continua». Un mistero alimentato anche dagli artificieri del Genio arrivati da Roma, dai sopralluoghi dei carabinieri, dei vigili del fuoco e della polizia municipale nel corso di questi ultimi anni. Lasso di tempo in cui i fogli firmati dagli artificieri, dal Comune e dalla Prefettura sul fatto che non vi fosse un pericolo imminente e quindi niente sgomberi di palazzi per prelevare l’ordigno e bonificare la zona, avevano riportato la calma nel popoloso quartiere di Villapiana. Sino a quando nelle settimane scorse in occasione di alcune assemblee condominiali c’è chi ha fatto presente il problema ponendo la questione della rimozione. Punto all’ordine del giorno sempre rinviato alla luce delle difficoltà di demolizione e bonifica: «Conviviamoci». E il “giallo” continua. Fonte: http://www.ilsecoloxix.it/p/savona/2014/12/30/AREDOK2C-convivono_impedisce_responsabilita.shtml
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