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venerdì 9 agosto 2013

Ritrovato ordigno bellico nelle campagne di Roccella


di
 Un ordigno bellico – verosimilmente una granata – è stato trovato ieri sera casualmente da due persone nelle campagne di contrada Roccella, a confine tra Serradifalco e San Cataldo, in provincia di Caltanissetta. L’ordigno presenta incrostazioni e ruggine e la zona in cui è stato scoperto è stata subito presidiata dai carabinieri della Compagnia di Caltanissetta, che hanno allertato la Prefettura per avviare le procedure relative al disinnesco del residuato di guerra, forse risalente al secondo conflitto mondiale. Nelle prossime ore si valuterà se far intervenire i militari dell’Esercito, specializzati per neutralizzare l’esplosività degli ordigni di questa tipologia. L’area di Roccella è ancora monitorata dalle forze dell’ordine che vietano ai curiosi e ai residenti di avvicinarsi.
Fonte:
 http://www.seguonews.it/cronaca/ritrovato-ordigno-bellico-nelle-campagne-di-roccella/

Incendio Val Raccolana a Chiusaforte (Udine), monte Jovet: fuoco e scoppi


UDINE – Non si placano le fiamme in Val Raccolana, monte Jovet, a Chiusaforte, provincia di Udine. Un incendio da quasi un mese interessa le zone, nonostante l’impegno costante di vigili del fuoco, forestale, protezione civile e i canadair che sorvolano le montagne.
Le temperature elevate ed il vento tornano ogni volta ad alimentare le fiamme, mentre si sentono esplosioni e scoppi in lontananza, probabilmente ordigni bellici che saltano a contatto con le fiamme.
 Il video è dell’utente andrearuffini che scrive sul rogo: “ha già circondato le località di Patocco (dove ormai il fuoco sembra essere sotto controllo) e di Chiout Cali dove ormai il fuoco è arrivato a lambire le case. Ora il fronte del fuoco si sta spostando verso il Montasio.
 Fonte:
 http://www.youreporternews.it/2013/incendio-val-raccolana-a-chiusaforte-udine-monte-jovet-fuoco-e-scoppi/
http://www.youreporternews.it/2013/incendio-val-raccolana-a-chiusaforte-udine-monte-jovet-fuoco-e-scoppi/ 

Ordigno bellico agli scogli dell'Accademia


Attimi di paura tra i bagnanti che avevano scelto gli scogli dell'Accademia per prendere il sole. Nella giornata di ieri, infatti, è stato rilevato un ordigno bellico inesploso, risalente alla seconda guerra mondiale. Il proiettile era in cattivo stato di conservazione ed è stato necessario quindi mettere in sicurezza la zona. Il personale della Protezione Civile di Livorno ha transennato il luogo di ritrovamento dell'ordigno in attesa che il proiettile venga rimosso.
Fonte:
 http://firenze.ogginotizie.it/265494-ordigno-bellico-agli-scogli-della-039-accademia/#.UgS2tthvlkc

Bogliasco, nessun ordigno: è una bombola di gas


Genova - Momenti di tensione a Bogliasco dove un presunto ordigno bellico era stato individuato dal reparto sommozzatori della polizia a cinquanta metri dalla costa e a nove metri di profondità. Vietato il transito di imbarcazioni e la balneazione nella zona per alcune ore, dopo un'ordinanza emessa dalla Capitaneria di porto di Genova, la situazione è tornata alla normalità subito dopo una verifica da parte dei sommozzatori dei vigili del fuoco. Quello che in un primo momento sembrava un ordigno era in realtà una bombola di gas. Sul posto sono intervenuti anche gli artificieri della Marina Militare della Spezia. L’ordinanza con il divieto di transito di imbarcazioni e di balneazione è stata subito revocata.
Fonte:
 http://www.ilsecoloxix.it/p/genova/2013/08/08/APUHpyAG-bogliasco_bombola_ordigno.shtml

Residuati bellici ritrovati a Monterappoli


Firenze, 7 agosto 2013 – Nel pomeriggio di ieri, intorno alle 15, sono stati ritrovati accidentalmente alcuni ordigni bellici americani, inglesi e tedeschi, risalenti alla secoda guerra mondiale, nel corso di lavori di manutenzione in una zona agricola di Monterappoli. Gli addetti ai lavori, dopo aver notato qualcosa di anomalo, hanno chiamato la polizia di Empoli, che per la bonifica e la messa in sicurezza dell'area ha contattato il corpo artificeri di Firenze. In tutto sono state rinvenute una quarantina di bombe, circa 25 proiettili, 6 detonatori, e 14 compresse di tritolo da 33 grammi.
Fonte:
 http://www.lanazione.it/empoli/cronaca/2013/08/07/931225-ritrovamento-bombe-proiettili-detonatori-tritolo-monterappoli.shtml
                                       foto di Gianni Nucci/Germogli tratte da lanazione.it





FORMIA, RITROVATA UNA BOMBA D’AEREO DAVANTI IL MOLO AZZURRA


 di Saverio Forte
Nell’ambito di un’operazione di bonifica e di pulizia dei fondali del tratto di mare antistante il molo Azzurra di Formia promossa dal Comune e dalla Guardia Costiera è stata rinvenuta un’ogiva di una bomba d’areo di 75 millimetri risalente alla seconda guerra mondiale. Il rinvenimento è stato effettuato dall’operatore subacqueo Salvatore Gonzales che ha accertato come il residuato bellico fosse ancora funzionante.
In quest’ottica le operazioni di bonifica sono state sospese, l’ordigno messo in sicurezza in attesa del suo disinnesco e brillamento. Il tratto di mare in cui si trova adagiato naturalmente è stato interdetto alla navigazione in attesa dell’arrivo degli artificieri della Marina Militare.
A margine del ritrovamento dell’ogiva il vice-sindaco Maria Rita Manzo, presente insieme al comandante Marco Vigliotti, ha chiesto chiarimenti alla Provincia sul mancato funzionamento, ormai da tre giorni, del battello “spazzamare” della Provincia, un natante che potrebbero essere destinato a pulire il litorale di Gaeta e Scauri ma non quello di Formia.
Fonte:
 http://www.h24notizie.com/news/2013/08/06/formia-ritrovata-una-bomba-daereo-davanti-il-molo-azzurra/
                                                           Foto: h24notizie.com
                                                                Salvatore Gonzales

giovedì 8 agosto 2013

Ordigno bellico allo Scoglio Ferale, al via la rimozione


Hanno preso il via nella mattinata di oggi, giovedì 8 agosto, le delicate operazioni di rimozione dell'ordigno rinvenuto nei pressi dello Scoglio Ferale, all'estremità occidentale del territorio del Comune della Spezia, al confine con Riomaggiore.
L'intervento, iniziato alle 9.00, dovrebbe terminare verso le 12.30, ma potrebbe estendersi anche alla giornata di venerdì 9 agosto. Ecco il comunicato della Capitaneria, con tutti i dettagli:

"Il giorno 8 agosto 2013 dalle ore 09.00 e fino alle ore 12.30 (con riserva il giorno 9 agosto 2013) si svolgeranno le operazioni relative alla rimozione dell'ordigno bellico, attualmente ubicato sul punto di coordinate 44°04',303 N - 009°46',864 E, ed al successivo trasferimento a rimorchio di unità militari sul punto di brillamento di coordinate Lat. 44°02'N - Long. 009°44'E".
Nella giornata di ieri vi avevamo comunicato le disposizioni in materia di traffico marittimo (barche e attività natatorie e subacquee) emanate dalla Capitaneria, che trovate a questo LINK.
Fonte:
 http://www.gazzettadellaspezia.it/index.php?option=com_k2&view=item&id=14317:ordigno-bellico-allo-scoglio-ferale,-la-rimozione-entra-nel-vivo&Itemid=242

TROVA ORDIGNO IN UN CANTIERE E LO PORTA A CASA, ARRESTATO


FARRA DI SOLIGO - Un ragazzo di appena 20 anni, residente a Soligo, è stato arrestato dai carabinieri di Pieve di Soligo per detenzione illegale di munizionamento bellico. Il giovane è stato trovato in possesso di un ordigno, ancora integro, risalente alla seconda guerra mondiale e rinvenuto in un cantiere. Si tratta di un proiettile d’artiglieria contraerea. L'ordigno che conteneva ancora polvere da sparo era custodito all'interno dell'abitazione del ragazzo, perquisita dai militari nei giorni scorsi. A portare i carabinieri alla perquisizione sarebbe stato lo stesso giovane che dopo aver recuperato il proiettile se ne sarebbe più volte vantato pubblicamente. L'arresto del ragazzo è stato convalidato in mattinata presso il tribunale di Treviso: il processo prenderà avvio nel prossimo mese di dicembre. Viste le precarie condizioni di conservazione dell’ordigno bellico, è stato richiesto l’immediato intervento di personale degli artificieri del Genio Guastatori di Udine che hanno provveduto alle operazioni di bonifica e messa in sicurezza, trasferendolo in luogo sicuro.
Fonte:
 http://www.venetouno.it/notizia/36556/trova-ordigno-in-un-cantiere-e-lo-porta-a-casa-arrestato

Bogliasco: presunto ordigno a 50 metri dalla costa; sul posto gli artificieri


Presunto ordigno bellico nel mare di Bogliasco a cinquanta metri dalla costa e a nove metri di profondità. La Capitaneria di porto di Genova ha emesso un’ordinanza, trasmessa anche ai vigili urbani di Bogliasco perché la facciano rispettare, che vieta il transito di imbarcazioni e la balneazione nella zona.
L’ordigno spunta dal fondale sabbioso ed è stato avvistato da poliziotti sub che lo hanno segnalato; eri nuova verifica da parte dei sommozzatori dei vigili del fuoco che hanno segnalato il punto con una boa e stamattina sono sul posto gli artificieri della Marina Militare della Spezia che esamineranno il reperto.
Se non è un ordigno verrà revocata l’ordinanza; se lo è ma di piccole dimensioni gli artificieri lo faranno brillare al largo; se avrà dimensioni maggiori sarà informata la prefettura per reperire una cava dimessa dove farlo brillare dopo averne disinnescato la spoletta.
Fonte:
 http://www.levantenews.it/index.php/2013/08/08/bogliasco-presunto-ordigno-a-50-metri-dalla-costa-sul-posto-gli-artificieri/

Formia, bomba nel fondale del porto


Rifiuti e… ordigni bellici, è quanto era depositato sui fondali del porto di Formia. A scoprirlo sono stati gli uomini della Capitaneria di Porto che, insieme ad tecnici e operai del Comune stavano provvedendo a monitorare uno specchio di mare per garantire la sicurezza alle imbarcazioni in transito.
Nel rimuovere dal fondale, a circa 4 metri di profondità, un cassonetto delle immondizie, il sommozzatore ha rinvenuto anche un ordigno risalente alla Seconda Guerra Mondiale lungo circa 70 centimetri.
Si tratta di una bomba d’aereo caduta inesplosa nell’acqua conservando però il potenziale esplosivo. Per questo gli uomini del maresciallo Marco Vigliotti, comandante della capitaneria di Porto di Formia, hanno provveduto a interdire lo specchio d’acqua alla navigazione in attesa dell’intervento del nucleo Sdai, gli artificieri delle Marina Militare.
Fonte:
 http://www.latina24ore.it/latina/67728/formia-bomba-nel-fondale-del-porto

COMMISSARIATO DI P.S. EMPOLI: ORDIGNI BELLICI RITROVATI A MONTERAPPOLI


 Bombe a mano e da mortaio venuti alla luce in modo casuale. Dissotterati e messi in sicurezza dagli artificieri di Firenze. Nel pomeriggio di ieri, intorno alle ore 15.10, gli agenti del Commissariato di Empoli, diretti dal dr. Maurizio Di Domenico, hanno rinvenuto, in una zona agricola sita in località Monterappoli, in Via Crudele, proprio nel Comune di Empoli, alcuni ordigni bellici, riportandoli “alla luce” in condizioni di sicurezza grazie all’intervento immediato del Nucleo Artificieri di Firenze.
Il ritrovamento ha avuto luogo in maniera accidentale, ovvero quando, nel corso di lavori di manutenzione, è stato notato “qualcosa di anomalo” e, nel dubbio, segnalato al 113. Bonificata l’area, sono stati rinvenuti e messi in sicurezza secondo legge: n. 12 bombe da mortaio cal. 80 mm. HE di nazionalità tedesca; n. 1 bomba da mortaio cal. 81 mm HE di nazionalità inglese; n. 13 bombe a mano mod. n. 36 di nazionalità inglese; n. 8 bombe a mano mod. n. 69 di nazionalità inglese; n. 3 bombe a mano mod. 39 di nazionalità tedesca; n. 2 bombe a mano mod. MK3 di nazionalità americana; n. 18 proiettili per artiglieria cal. 30 mm HE di nazionalità tedesca; n. 7 proiettili cal. 7,62; n. 6 detonatori in rame; n. 14 compresse di TNT da 33 gr circa. Le operazioni di rimozione del materiale hanno impegnato gli agenti sino alla serata. Gli ordigni rimossi, posti in contenitori di sicurezza, verranno distrutti nei tempi e modi legge.
Fonte:
 http://met.provincia.fi.it/cnews.aspx?n=151503

domenica 4 agosto 2013

La Grande guerra, i sentieri del sangue perduto


ALTOPIANO DI ASIAGO - Falde del Monte Ortigara, ore 22, un giorno di luglio. Tende sparse di penne nere su terreno irregolare segnato da crateri di bombe. Canti un po' stonati, poche stelle e lampi lontani.
Una voce nel buio: "Altolà chi va là?".
"Alpini", rispondo.
"Alpini no basta. Parola d'ordine!".
"Traminer, Malvasia e Vitovska".
"Vito cossa?"
"Xe vin de Trieste".
"Alora passa, can de l'ostia".
Passo. Ho tre bottiglie nello zaino e cerco nel semibuio la tenda buona per barattarle con cibo. Nella radura risate sommesse di retrovia e fumo di luganighe alla brace. Accenti veneti e lombardi. Con gli alpini, il diaframma fra sagra e commemorazione è sottile. Ci sono decine di migliaia di morti là sotto, ma loro mangiano e bevono lo stesso. In fondo, in mezzo mondo si fa picnic sulla tomba di santi e poeti. E poi la morte è un antico esaltatore di sapidità. Tenente Paolo Monelli ne Le scarpe al sole, pagina 156: la vita è "una cosa buona che si sgranocchia in silenzio con i denti sani" e i morti, in fondo, sono solo "compagni impazienti che si avviarono in fretta a loro faccende ignote".

Ho piantato la tenda su una spianata da mortaio. Tanta pietra e poca terra, un sacramento di terreno. I teli son venuti su storti, ma almeno, se diluvia, l'acqua non ristagnerà. Perché la pioggia arriva, come ogni giorno. Son due mesi che sto al fronte e ho beccato solo temporali. "Non fare questo viaggio d'estate -  m'avevano ammonito - : per la trincea ci vuole il fango e la neve", e per Dio da allora non ha smesso di far brutto, siamo a mezza estate e non è finita. Sul Falzarego, quaranta centimetri di fresca. Nebbia sul Cevedale, diluvio sul Pasubio, botti come cannonate sopra Caporetto. Trincee sepolte dalla neve in Adamello, freddo becco persino in pianura sulla linea del Piave.

"E domani si va all'assalto soldatino non farti ammazzare ta-pum ta-pum ta-pum ta-pum ta-pum ta-pum".

A cantare sono quelli di Asiago. Mi avvicino, hanno una tenda grande con mensa. Una biondina svelta di nome Roberta, stirpe cimbra dei Rodeghiero, mi passa un piatto fumante senza chiedermi chi sono. "Costesine, poenta e fasoi". Avverto: attenti, non sono alpino, ma solo un vecchio rudere della Folgore, fanteria. "Basta che el vin sia bon", tagliano corto i veneti, e il mio bianco del Carso sparisce nelle loro tazze d'ordinanza. Aggiungo che sono un infiltrato, che vengo da Trieste, che è stata austriaca fino al 1918. Una città di italiani ciapài col s'ciopo, come i dalmati, gli istriani e i trentini, per i quali la guerra inizia nel '14, non nel '15. "Scolta triestìn - mi fa un asiaghese grande come una montagna e dalla lunga penna nera - còntene cossa te fa de ste parti", cosa ci fai quassù. Non gli importa niente delle mie paturnie identitarie.

Racconto il viaggio appena finito, seicento chilometri di fronte con baracche appese a strapiombi, vento gelido negli ossari, sere a cantare Una notte che pioveva, grumi di ruggine e reticolati, gironi fumanti di nebbie, cantine di recuperanti piene di bombe e di elmetti, merende consumate nei buchi delle granate. E ancora migliaia di chilometri di strade, gallerie, teleferiche, camminamenti e fortini, grandiosi monumenti dell'inutile, balaustre su un'Italia sconosciuta, meravigliosa e terribile. Spiego che dopo un viaggio simile, il giusto finale doveva essere qui, per l'anniversario della battaglia dell'Ortigara. Su questi prati che ogni anno, a luglio, si riempiono di tende e di penne nere di mezza Italia.

La sera prima, a casa del Gianni - casa Rigoni Stern con formaggio alla piastra, vin rosso, patate e minestra d'orzo - ci siamo studiati le mappe per capire. Era venuto anche Vittorio Corà, uno che conosce ogni pietra dell'Altopiano. La storia del monte maledetto comincia nel maggio del '16, con lo sfondamento della Strafexpedition e gli imperiali che arrivano quasi in vista di Vicenza. I nostri tengono, non si sa come, con poca artiglieria e i rinforzi che non arrivano. Da quel momento l'Ortigara diventa un'ossessione, l'ultima possibilità di riconquistare le posizioni iniziali. In molti cercano di dissuadere Cadorna, il nemico è troppo ben trincerato. Inutilmente: nel giugno del '17 si schierano trecentomila uomini e millecinquecento cannoni per il contrattacco. È un'ecatombe. La puzza dei morti si sente a chilometri. Gli austriaci tengono, con un terzo degli effettivi.

I lampi si fanno più forti dietro il monte, illuminano nubi tumefatte color ciclamino, e i veci ascoltano in silenzio la storia di questo mio andare senza imbarazzi sulla terra di nessuno, in bilico fra i nemici, da bravo animale di frontiera; fio de nissùn, complicato di genealogia e di appartenenza, nipote di un nonno in divisa asburgica e di un illustrissimo zio irredentista passato all'Italia. Cose difficili da spiegare a quelli di Roma e Milano.

A mezzanotte torno in tenda nel buio, col nubifragio in arrivo. Tutta la ferrazza disseminata tra Grappa e Pasubio s'è messa a friggere e chiamar saette. C'è anche il mio alpenstock, che col temporale diventa parafulmine. Legno italiano e puntale austriaco di guerra, trovato quassù. Un regalo di Gianni, sempre lui, il figlio del Mario. "Ciapa qua" mi ha detto un anno fa senza cerimonie, staccandolo dal muro. È diventato il talismano del viaggio, mi ha seguito fino all'ultima trincea. L'ho usato come appoggio e timone, per traversare torrenti e ghiaioni, o scivolare sui nevai di un passo chiamato Sentinella.

Salve come di fucileria, crepitar di botti, cannonate, brontolii dietro le creste e le forcelle. Fa un caldo caraibico, la tenda è assediata di zanzare in cerca di rifugio. Mi barrico e piombo in un sonno profondo, animale. Alle tre e mezza un boato. C'è un festival di lampi, la tenda è strattonata dal diluvio. Scassoni, scravazzi, scrosci e cannonate, rotolar di sassi, alberi immensi che oscillano in verticale. "Santa Ana, tien la piova ne la tana/San Simon, a starlup in tal segiòn", santi benedetti tenete la pioggia nella tana e il fulmine nel secchio, la tenda fa acqua negli angoli, non c'è la canaletta, speriamo che tenga; penso come potevano resistere quei ragazzi in grigioverde quassù, al pensiero che oltre al buio, oltre ai tuoni, ai fulmini e alla pioggia ci fosse anche un nemico pronto a scannarli. Quanta infinita miseria in quei bivacchi.

Ortigara, notte del 2 luglio 1916. Dai fogli del capitano Michel, raccolti da Claudio Rigon. "Arrivarono i primi complementi di classi anziane, sfiniti in quella località tenebrosa dopo aver arrancato fra sassi, pini mughi e macigni. Erano giunti in una notte nera, solcata a tratti da razzi illuminanti... mentre a intermittenze il tragico silenzio era rotto dal petulante ta-ta-ta della Schwarzlose nemica... o ancora dai colpi sordi delle bombarde o dal precipitare dei massi. Arrivati fra ombre immobili accovacciate fra le spaccature delle rocce in rassegnata attesa della propria sorte, venivano impressionati sinistramente dal rantolo dei moribondi e dai lamenti dei feriti".

Ortigara, trentamila perdite in dieci giorni. La corsa disperata degli italiani, in salita, sotto il tiro delle mitragliatrici, per un monte insignificante, l'annaspare verso i reticolati. Nel buio vedo come una migrazione di lemming, i topolini delle nevi che quando sono in soprannumero scelgono di suicidarsi gettandosi nei precipizi. In quella massa di animaletti impazziti, pupille dilatate, trovo l'immagine perfetta di un'Europa che un bel giorno sceglie di autodistruggersi. Millenovecentoquattordici: un'immane mistero. Qualcosa che è impossibile capire e persino immaginare.

Ora la pioggia tuona come una cascata. Sono due mesi che viaggio su questo fronte, due mesi col sole e col vento, il fango e la neve, e ancora non riesco a riprodurre la percezione del macello, il fiato corto, le scariche di paura. Non ce la faccio a entrare in quelle scarpe e in quei vestiti di panno rancido. È come se, di trincea in trincea, questa guerra anziché avvicinarsi diventasse più lontana e inconcepibile. Ho davanti a me il paradigma dell'inumano e dell'insensato, qualcosa che è vano cercar di rivivere. Forse, come mi ha detto un bravo generale, alla mia umana percezione manca l'unica cosa non riproducibile. L'odore.

Il piscio, il sangue, la putrefazione. Eppure di guerre ne ho viste. Ho annusato il dolciastro dei morti di Vukovar sul Danubio. Ho guardato dentro le occhiaie dei talebani mangiati dai corvi sui monti di Jalalabad, e ho visto i bosniaci smembrati da una granata al mercato di Sarajevo. Eppure non basta, qui sull'Ortigara. Ma se nemmeno io posso capire, come possono farlo i figli di Facebook? C'è un fronte generazionale, oltre il quale inizia Lete, il fiume nero dell'oblio. Faccio due conti. Ho quasi 66 anni. Tra la mia nascita e la guerra ce ne sono solo 29. Un tempo che dovrebbe contrarsi, col presbitismo dei vecchi, in proporzione all'allungarsi della vita biologica. E invece l'inferno s'allontana. L'ortica mangia le trincee, l'acqua dilava, la neve ricopre, l'erica fa il nido nei crateri delle granate, i fantasmi non si lamentano più nelle radure senza luna. È finita appena ieri, e paiono già mille anni. Ho fatto meno fatica, forse, a mettermi nei panni di Annibale.

S'è levato il vento, la pioggia si dirada. Tiro fuori dal sacco i libri di Lussu, Weber e Monelli. Leggerli quassù, con la lampadina frontale, dentro una tenda, in una notte simile, è tutta un'altra cosa. Ora capisco perché sono tornato sull'Altopiano alla fine del viaggio. Zebio, Cima Caldiera, Melette, Castelgomberto, Monte Fior. Ogni cima, ogni colle, ogni convessità è inchiodata a testimonianze vive. E i diari - il "qui ed ora" fissato in un taccuino - sono meglio della letteratura, per capire. Monelli si rifiuta di riscrivere gli appunti dell'Ortigara. "La memoria più fedele deforma i fatti lontani". Nel ricordo, "le granate cadono più vicine, i gesti ingigantiscono, le vigilie perdono in profondità, i momenti intermedi scompaiono; le bugie, la retorica degli altri agiscono inconsciamente su di noi".

Voci da altre tende, prima luce sulla radura di Campo Luzzo butterata di crateri. Felicità di oselèti: cantano come matti per festeggiare la fine simultanea del diluvio e delle tenebre. Preparo il caffè e accendo la pipa; sprigionano un profumo nuovo. Anch'io fisso il mio "qui ed ora" sul taccuino. Il bosco sfiata vapori e fumo azzurro di bivacchi. Sento sulla pelle "la carezza tiepida della vita". Le cose buone e vere si chiariscono all'istante: un piatto di gnocchi, un libro, un sonno profondo, una lettera da casa, un buona bottiglia. O un bel ricordo, come l'immagine di Davide, gestore del rifugio Campogrosso, che dopo una nevicata arriva dalla retrovia con una teglia di pesce e semina festa sul fronte, con noi a cantare fino a mezzanotte.

Salita verso il Chiesa, il Campigoletti e l'Ortigara, una muraglia dove basta rotolare dei massi per fermare chi sale, con gli austriaci implacabilmente dominanti. Dall'Adamello al Carso, la stessa storia. Loro che si affacciano sull'azzurro-grigio della pianura con in fondo il blu-notte del mare, e gli italiani che dal basso - dall'Adige all'Isonzo - vedono, con la nitidezza di un diagramma, l'incubo di un interminabile fronte, a venti chilometri da Udine, Verona e Vicenza. Ma specialmente qui, e sul Carso, è l'epifania dell'inconcepibile, il diagramma altimetrico di una guerra immobile e tutta in salita.

Su questa scarpata disseminata di ranuncoli gialli, come sul Podgora, il Monte Santo o il San Michele, sta il monumento alla sadica ostinazione di Cadorna: mille volte lo stesso comando, mille volte l'urlo "Savoia" e mille volte la stessa corsa tra i cadaveri delle ondate precedenti. Altra storia fu il Piave, quando quei ragazzi dovettero difendere anche le loro case. Altra musica il Grappa, dopo Caporetto, quando i "crucchi" si trovarono di fronte a combattenti capaci di farsi legare alle mitragliatrici pur di non arretrare. Lì gli italiani furono, per qualche mese, nazione vera.

Squarci di sole, labirinti di mughi, poi il sentiero conquista le linee austriache e deborda sull'altopiano. Un cimitero militare, poi un'onda lunga di pietraie, e in fondo l'Ortigara, una cima da nulla a picco sulle Malebolge fumanti della Valsugana. Lingue di nubi sinistre salgono dal Trentino, mille metri più in basso, ma l'inferno è nella busa meno profonda tra la campana della cima e il Monte Caldiera. Là, prima dell'assalto, il prete benediceva i morituri, figli di contadini sbattuti davanti a cose mai viste prima: gas, mitragliatrici, aeroplani, rotoli di filo spinato. Arrivano in vetta alpini sudati, con panini di soppressa e fiaschi di Cabernet. C'è pure una pattuglia  ordinata di sloveni, che qui tennero duro sul Chiesa. Mi aspetto cori, ma niente. È tempo che l'Italia ha smesso di cantare. Cent'anni fa persino in guerra c'era musica. Bersaglieri all'assalto con la banda, pianoforti a coda portati a tremila metri per tener su il morale dei signori ufficiali austriaci. Immagini da film: l'Incompiuta di Schubert che vola nel nevischio dell'Adamello, e il Rigoletto di Verdi sparato in risposta da un grammofono delle linee tricolori. Ultime voci del mondo di ieri.

Ripenso a Franz, un tirolese di Trafoi. Mi ha raccontato che quando gli italiani presero la cengia Martini, un posto da pazzi sul Piccolo Lagazuoi, gli altri tentarono inutilmente di demolirla a suon di mine, finché una notte gli alpini risposero con la banda, pifferi e ottoni aggrappati all'impossibile. Nella nebbia del Falzarego i soldati chiesero ai loro ufficiali cos'era quel canto, e venne loro risposto: sono i nostri sulla cengia Martini che dicono "siamo vivi". Nessun poté trattenerli, gli alpini sul passo. Corsero d'impeto su per le rocce ad abbracciare i loro compagni a notte fonda.

Il viaggio a puntate sul fronte italo-austriaco ogni giorno su Repubblica.it. Il dvd in edicola con la Repubblica dal 10 settembre)
Fonte.
http://www.repubblica.it/la-repubblica-delle-idee/societa/2013/08/04/news/rumiz_grande_guerra_1-64249992/?ref=HREC1-11

GUARDA IL VIDEO DELLA PRIMA PUNTATA
                                                                Foto: Repubblica.it