Cari
amici,
dal
2006 il 4 aprile di ogni anno si celebra la Giornata mondiale per la
promozione delle azioni contro le mine e gli ordigni bellici
inesplosi indetta dalle Nazioni Unite.
In
questa giornata si intende richiamare l'attenzione sulla realtà che
questo fenomeno rappresenta in numerosissimi Paesi del pianeta, che a
diverso titolo e con differente intensità sono minacciati dalla
presenza di mine e di ordigni inesplosi talvolta, come nel nostro
Paese, anche a distanza di tanti anni dalla fine dei conflitti.
Ogni
anno nel mondo decine di chilometri quadrati di territorio vengono
bonificati e tornano a disposizione delle comunità per la
ricostruzione e la ripresa delle attività socio-economiche.
Tuttavia, la strada è ancora lunga: 84 Paesi rimangono minati e si
stima che più di 200.000 chilometri quadrati del loro territorio
possano essere contaminati da mine e da ordigni inesplosi.
Sempre
ogni anno rimangono vittime di incidenti dovuti alle mine o agli
ordigni inesplosi circa 5.000 persone, mentre è in costante crescita
il numero di esseri umani che, a causa di tali incidenti, sono
costretti a vivere il resto della loro vita con gravi invalidità e
mutilazioni. Secondo l’ UNICEF, i bambini rappresentano più
di un terzo delle vittime civili. La loro curiosità naturale li
espone a maggiori rischi, poiché spesso quando si imbattono in tali
ordigni, non conoscendoli, cercano di aprirli o di giocarci. Essi
sono pertanto più esposti degli adulti al rischio di morire o di
ferirsi per le conseguenze delle esplosioni.
Il
trattato di Ottawa del 1997 e la Convenzione sulle Bombe a Grappolo
del 2008 sono riusciti molto bene ad affrontare e ridurre la minaccia
per gli individui e le comunità di tutto il mondo dal pericolo di
queste armi ormai vietate. Ad oggi vi sono 161 Stati Parti del
Trattato di Ottawa mentre 111 Stati hanno aderito alla convenzione
sulle Bombe a Grappolo, dei quali 80 sono tutti già Stati Parti.
Grazie
a questi trattati molte centinaia di chilometri quadrati di terreno
precedentemente infestati sono stati bonificati e più di 46 milioni
di mine antipersona sono state raccolte, e 750.000 bombe a grappolo
contenenti 85 milioni di submunizioni sono state distrutte. Ancora
più importante, il numero di vittime causate da queste armi
ogni anno, è diminuito drasticamente a meno di 5.000 casi
registrati rispetto i 20.000 di qualche anno fa.
Ancora
troppi però e fermare questo stillicidio è possibile solo con
un'adeguata mobilitazione di risorse e con il sostegno della comunità
internazionale. È questo l'impegno che hanno preso i paesi che
aderiscono al citato Trattato di Ottawa: ogni paese firmatario è
tenuto a bonificare il proprio territorio da mine ed ordigni
inesplosi entro 10 anni dall'entrata in vigore del trattato, mentre
tutti i paesi che sono in grado di farlo, che possiedono cioè
sufficienti risorse, hanno l'obbligo di sostenere le azioni contro le
mine e l'assistenza alle vittime nei paesi più poveri. Anche
l'Italia è chiamata a fare la sua parte, sia nel proprio territorio
ampliando gli interventi di bonifica sistematica ed informando sui
rischi a cui incorre chi si imbatte in questi ordigni, che rinnovando
il suo impegno a sostegno delle azioni contro le mine, ad esempio
finanziando adeguatamente il Fondo istituito con la Legge 58 del
marzo 2001 che, negli ultimi anni è stato drasticamente ridotto.
Per
comprendere l’entità del fenomeno a livello mondiale, basti
pensare che in Italia, a distanza di 70 anni dalla fine della guerra,
vengono ancora rinvenuti su tutto il territorio ogni anno oltre
60.000 ordigni bellici inesplosi, i quali hanno prodotto 11 gravi
ferimenti nel 2013 e già altri 4 nell’anno appena iniziato.
Chi,
come me e come tanti altri, ha vissuto la realtà della guerra e
conseguentemente dell’Associazione Nazionale Vittime Civili di
Guerra durante tutta la sua storia, dalla fine del conflitto ad oggi,
ha imparato nel corso degli anni a conoscere quanto siano pericolosi
e subdoli gli ordigni bellici inesplosi sparsi in tutto il nostro
Paese: purtroppo, infatti, sono migliaia le vittime civili di guerra
che hanno riportato invalidità e mutilazioni, spesso molto gravi,
per lo scoppio di questi oggetti di morte durante la guerra, ma sono
impressionanti anche i dati delle vittime civili di guerra nate dopo
la sua conclusione.
Occuparsi
di questo problema e prodigarsi affinché il territorio venga
bonificato da questi ordigni e la popolazione informata sui rischi ed
i pericoli che comportano fa, quindi, naturalmente parte della
mission
dell’Associazione: ecco perché abbiamo creato al nostro interno
uno specifico Dipartimento ordigni bellici inesplosi impegnato a
condurre ricerche, studi e iniziative sul tema, in Italia e nel
mondo, dove sono in atto ancora tanti, troppi conflitti bellici.
Il
Dipartimento, nella sua attività, ha coinvolto Giovanni Lafirenze
che, con la sua passione e la sua competenza uniche, è diventato un
punto di riferimento per chiunque voglia studiare e capire seriamente
il problema degli ordigni bellici inesplosi. L’attualità di questo
tema fa apparire come fondamentale l’esigenza di sensibilizzare
l’opinione pubblica e le Istituzioni, affinchè chi si imbatte in
questi oggetti ingannatori apparentemente innocui sappia cosa nonché
stimolando interventi di bonifica sistematica da parte dello Stato e
degli organi competenti.
È
un compito non facile perché, dopo settant’anni dalla sua
conclusione, la Seconda Guerra Mondiale sembra ormai appartenere per
i più solo ai libri di storia. Questo discorso, poi, vale a maggior
ragione per la Prima Guerra Mondiale, di cui ci apprestiamo a vivere
il centenario.
Ma
se il tempo indebolisce la memoria personale e collettiva, non ha
però lo stesso effetto sulle cariche esplosive delle decine di
migliaia di ordigni che ancora giacciono nascosti sotto terra e che
riemergono in occasione di scavi, lavori o per effetto dei naturali
movimenti idrogeologici. Oggetti spesso sottovalutati per
disinformazione, per colpa del loro aspetto traditore, o perché
intenzionalmente camuffati da oggetti di uso comune oppure a causa
dell’azione erosiva degli agenti atmosferici e naturali.
Settant’anni
sono un tempo davvero lungo se misurato con il metro della propria
vita. Ma sono diventati improvvisamente un attimo quando nel marzo
del 2013 due ragazzi hanno riportato la perdita della vista e il
giovane Nicolas anche la perdita della mano, per lo scoppio di un
ordigno bellico inesploso ritrovato in un campo a Novalesa, in Val di
Susa: un incidente così simile a quello di cui sono rimasto vittima
io, nel lontano 1944, con lo stesso drammatico esito.
Venire
a sapere che così tanto tempo dopo dei ragazzi hanno subìto il mio
stesso tragico destino è stato un vero trauma e ha fatto nascere
immediatamente in me, ed in tutta l’Associazione che ho l’onore
di presiedere, la volontà di mettere in atto qualcosa di efficace.
Per contribuire ad evitare che tragedie simili si continuino a
ripetere ancora nel XXI° secolo e nell’indifferenza generale.
Noi
vittime civili di guerra abbiamo sempre avvertito nel drammatico
destino che ci è toccato, fatto di invalidità subite spesso in
giovane età o perdita di familiari cari, non solo la possibilità di
essere testimoni concreti e autorevoli di esperienze dolorose, ma
anche il dovere civico di fare tutto quanto è possibile per impedire
e prevenire il ripetersi di storie come le nostre.
Anche
per questo esiste l’Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra
Onlus che, evidentemente, non ha ancora esaurito il suo compito: non
lo ha esaurito per le oltre 120.000 vittime civili di guerra ed i
loro congiunti ancora viventi ma anche per evitare che la guerra
continui a mieterne ancora, in Italia e nel mondo; è per questo che
l’Associazione in passato ha partecipato attivamente alla Campagna
Internazionale per il Bando delle Mine Antiuomo ed oggi lancia una
campagna di prevenzione e informazione sugli ordigni bellici
inesplosi nel nostro Paese, che si affianca ad iniziative analoghe
che stiamo realizzando in campo internazionale, nella Striscia di
Gaza in collaborazione con UNRWA, agenzia delle Nazioni Unite per i
rifugiati palestinesi, con una campagna di informazione e prevenzione
nelle scuole sugli ordigni bellici inesplosi, ed in Sierra Leone in
collaborazione con Dokita, per la riabilitazione ed il reinserimento
sociale dei bambini soldato.
La
mia speranza è che un giorno il mondo sia esente
dalle minacce causate da mine e residuati bellici inesplosi. Ma ci
vorranno sforzi collettivi comuni su tutti i fronti per
raggiungere questo obiettivo. In questa Giornata
internazionale è importante rinnovare il nostro impegno nel
portare avanti la nostra missione di salvare vite.
Perché,
purtroppo, la guerra – “pazzia bestialissima” per usare le
parole di Leonardo da Vinci – continua a lungo ad uccidere e
distruggere le vite degli uomini, delle donne e dei bambini anche
dopo la sua conclusione: una scia di sangue e dolore che si trascina
per decenni e che ci ricorda, in modo perentorio, che la pace è
l’unica scelta realmente possibile per il futuro dell’umanità.
AVV. GIUSEPPE
CASTRONOVO
PRESIDENTE
ASSOCIAZIONE NAZIONALE VITTIME CIVILI DI GUERRA