Ognuno recita il proprio ruolo, immerso in quella divina sensazione di devozione allo scopo comune:
la realizzazione di un'opera d'arte, che anche la bonifica bellica sa idealizzare.
L’Associazione ASTEC è stata invitata a partecipare
alla mostra fotografica dal titolo"LE ROVINE ESPOSTE.
RUINENWERK", prevista a far data dal 27 maggio 2013 presso gli spazi OGR
(Officine Grandi Riparazioni) di via Castel Fidardo 22, Torino. L’evento è
organizzato dalla Fondazione dell'Ordine dell'Architetti di Torino, a cura di
Enzo Biffi Gentili con il Seminario Superiore di Arti Applicate/MIAAO (Museo
Internazionale delle Arti Applicate Oggi). L’Associazione ASTEC contribuirà
proponendo alcune delle immagini acquisite nel corso delle indagini sotterranee
condotte in questi anni nel capoluogo piemontese. Inaugurazione lunedì 27
maggio, ore 18-21 da martedì 28 maggio a sabato 1 giugno ore 10-21. La mostra
rimarrà aperta nei successivi week-end da sabato 8 giugno a domenica 23 giugno,
dalle ore 11 alle 18. Info: MIAAO 011 5611161 miaao.museo@gmail.com
«Il Piave mormorava/, calmo e placido, al passaggio/ dei
primi fanti il 24 maggio». Novanta anni fa, il 24 maggio 1915, l'Italia entrava
in guerra contro gli Imperi centrali, gettandosi nella Prima Guerra Mondiale
dieci mesi dopo l'inizio delle ostilità in Europa.
Era un lunedì. Alle 3:30,
precedute dai tiri degli obici, le truppe italiane
oltrepassarono il confine italo-austriaco, puntando verso le «terre irredente»
del Trentino, del Friuli, della Venezia Giulia. Nel 1918, a guerra finita, un poeta
e musicista napoletano, Giovanni Gaeta, più noto con lo pseudonimo di E. A.
Mario, trasformò quel momento nella «Leggenda del Piave», una canzone destinata
a entrare nella memoria collettiva degli italiani. L'Italia
entrò in guerra divisa tra interventisti e neutralisti, dopo
un disinvolto cambio di alleanze, dalla Triplice all'Intesa. Sulle sponde del
Piave e dell'Isonzo, nelle trincee del Carso e della Bainsizza, di Asiago e di
Passo Buole, di Caporetto e di Vittorio Veneto lasciò 700 mila morti. Dalla
guerra ottenne Trento e Trieste, ma ne uscì prostrata, lacerata da una profonda
crisi politica, sociale ed economica, che la portò in breve al Fascismo. Eppure
la «Grande Guerra», come fu chiamata, è forse l'unica guerra della quale gli
italiani abbiano - come si suol dire - una «memoria condivisa»: l'ultimo atto
dell'epopea Risorgimentale. La Prima Guerra Mondiale fu un
enorme massacro: coinvolse 27 paesi, costò 10 milioni di
morti, 20 milioni di feriti, enormi distruzioni. Fu la prima guerra moderna.
Gli eserciti si trovarono impantanati nelle trincee. Nuove armi furono
impiegate su larga scala: aerei, sottomarini, carri armati, mitragliatrici, gas
tossici, come il fosgene e l'iprite, che prese nome dalla località belga dove
il 22 aprile 1915 fece le prime vittime. La guerra provocò
la dissoluzione dell'Impero austroungarico e di quello
ottomano e mise fine a quello degli Zar, travolto dalla rivoluzione bolscevica
del 1917. Segnò il crollo di tre dinastie secolari, gli Asburgo, gli
Hohenzollern e i Romanov. Fu l'inizio del declino della vecchia Europa e sancì
l'ingresso sulla scena mondiale, come grande potenza militare ed economica,
degli Stati Uniti, intervenuti nel 1917 a salvare le sorti dell'Intesa. Si
portò dietro un'epidemia - la «spagnola» - che tra 1918 e il 1919 provocò più
morti della guerra; un'inflazione e una recessione che culminarono nella Grande
Crisi del 1929; un'eredità di odi, frustrazioni e rivalità nazionali che
nell'arco di due decenni sfociarono fatalmente nel secondo conflitto mondiale. Una delle poche voci che si levarono contro la
guerra fu quella di Benedetto XV, il «Papa della pace» del quale Joseph
Ratzinger ha voluto raccogliere idealmente l'eredità, scegliendo il nome per il
proprio pontificato. Egli il 1 agosto 1917 (poco prima della rotta italiana a
Caporetto del 24 ottobre 1917) chiese invano alle potenze belligeranti il
disarmo e il ricorso all'arbitrato per la «cessazione di questa lotta tremenda,
la quale ogni giorno più apparisce inutile strage». Ma
troppi erano i motivi che spingevano l'Europa al massacro. La
rivalità economica e gli interessi in Medio Oriente di Regno Unito e Reich
tedesco; il revanscismo francese per Alsazia e Lorena; lo scontro tra
pangermanesimo tedesco e panslavismo sul Baltico; gli appetiti delle maggiori
potenze per le spoglie del fatiscente impero ottomano; l'irredentismo in Italia
e nei Balcani, dove il serbo Gavrilo Princip fece scoccare la scintilla,
assassinando l'erede al trono austriaco a Sarajevo. Ma anche il clima culturale
di un'epoca che - tra lo Stato «Dio reale» dell'idealismo hegeliano e il
positivismo darwiniano di Spencer - concepì la guerra come sbocco naturale
delle vertenze internazionali. In Italia,
contro l'entrata in guerra furono i cattolici, i socialisti,
i giolittiani. Per la guerra furono il governo Salandra, i liberali, i
nazionalisti. Interventista fu Gabriele D'Annunzio, interprete a modo suo del
«superuomo» di Nietzsche. Interventista fu Filippo Tommaso Marinetti, che nel
«Manifesto del futurismo» aveva proclamato la guerra «sola igiene del mondo».
Da neutralista in interventista si trasformò repentinamente il socialista
Benito Mussolini, che lasciò la direzione dell'«Avanti!» per fondare
l'ultranazionalista «Popolo d'Italia» e fu espulso dal Psi. Nel
1919 la Conferenza di pace di Parigi, dominata dal presidente
americano Woodrow Wilson, deluse le aspettative degli interventisti. L'Italia
ottenne Trento, Trieste e l'Istria, più l'Alto Adige etnicamente tedesco; ma
non Fiume e la Dalmazia. Il presidente del consiglio Orlando e il ministro
degli esteri Sonnino, per protesta, abbandonarono temporaneamente la
conferenza, restando fuori anche dalla spartizione delle colonie tedesche. Ne
nacque il mito della «vittoria tradita», che mosse D'Annunzio e i suoi
legionari a occupare Fiume e a dar vita all'effimera «Reggenza del Carnaro» e
fu utilizzato a proprio vantaggio dal nascente partito fascista, avviato alla
conquista del potere. Anche la «Leggenda del Piave» di E.A. Mario finì per
servire allo scopo. La crisi economica, la svalutazione della lira, la
debolezza della classe dirigente liberale, le ripetute crisi di governo, le
agitazioni di piazza e l'occupazione delle fabbriche nel «biennio rosso», i
timori della Corona e della borghesia fecero il resto. Dal 4 novembre 1918,
data della firma dell'armistizio con l'Austria, al 22 ottobre 1922, data della
Marcia su Roma, non passarono che quattro anni.
VITERBO - Una torretta con le sue due mitragliatrici risalente alla Seconda
Guerra Mondiale è stata recuperata dai sommozzatori dei vigili del fuoco di
Viterbo dai fondali del lago di Bolsena. Il dispositivo, parte di un aereo
inabissatosi durante il conflitto, e scoperto due anni fa da Massimiliano
Bellacima, appartenente alla Scuola sub di Bolsena che ha partecipato al
recupero insieme ai vigili. Si tratta di una sfera di circa un metro di
diametro, posizionata sotto la parte centrale del velivolo e dove all'interno
operava un mitragliere. Essa poteva ruotare su 360° e muoversi verso l'alto e
il basso ed era armata da due mitragliatrici Browning 50. Oggi, dopo 69 anni,
il relitto dell'aereo ritrovato nelle profondità del lago ha un nome: è un
bombardiere quadrimotore B-17F, la famosa 'Fortezza Volante americana',
bombardiere di grosse dimensioni. Il sub di Bolsena Massimiliano Bellacima,
sulla base di testimonianze locali, inizia delle immersioni nel lago che
porteranno alla scoperta di un relitto di aereo davanti al paese di Bolsena.
Tra i rottami viene individuata la torretta ventrale con le sue due
mitragliatrici (Sperry Ball) di un B-17. Tutto ciò non è però sufficiente ad
identificare l'aereo, l'equipaggio e la sua sorte: il mistero si risolve alla
fine di dicembre dello scorso anno, quando i sub scoprono che sulla torretta ci
sono due scritte dipinte a mano con vernice: Ileen Lois. Le ricerche storiche
condotte da Mario Di Sorte presso gli archivi aeronautici Usa, hanno permesso
di scoprire che Ileen Lois è la moglie del mitragliere e che il suo aereo era
partito da Amendola (Foggia) il 15 gennaio 1944 con altri 37 B-17 per una
missione di bombardamento su Certaldo (Firenze). Su Perugia viene danneggiato a
due motori dalla contraerea tedesca, lascia la formazione e, continuando a
perdere quota, tenta di rientrare alla base. Sulle rive del Lago Trasimeno, per
alleggerirsi, sgancia il carico di 6 bombe e si dirige verso sud. Giunto nella
zona di Radicofani, i 10 componenti dell'equipaggio si lanciano col paracadute:
5 di loro vengono catturati dai tedeschi e gli altri riescono a fuggire. Alla
fine della guerra tutti, inclusi i prigionieri, rientreranno salvi in patria. L'equipaggio
del comandante William Pedersen, una volta abbandonato l'aereo, non riuscì a vedere
il luogo dove esso cadde. Le ricerche storiche hanno permesso di ricostruire i
fatti e stabilire che il B-17 USAF matricola 41-24364 , continuando a perdere
quota, si inabissò nelle acque del lago di Bolsena il 15 gennaio 1944 alle ore
13,20 circa. Se nel lontano 1944 il mitragliere non avesse scritto il nome di
sua moglie sulla torretta, oggi avremmo nel lago i resti di un bombardiere
americano, ma l'impossibilità di identificarlo. Da sottolineare che le ricerche
effettuate hanno permesso di entrare in contatto con i parenti dei componenti
l'equipaggio e di conoscere le storie individuali e il racconto dettagliato di
tutta la missione, incluso il lancio con il paracadute, la cattura da parte dei
tedeschi ed il rocambolesco rientro alla loro base dopo 6 mesi. Tra le persone
contattate c'è stato anche il figlio di Bernard Scalisi, un componente
dell'equipaggio che riuscì a sfuggire alla cattura. Bolsena ed il suo lago
rivestirono particolare importanza durante la Seconda Guerra Mondiale. Le forze
di occupazione tedesche insediarono diversi campi di aviazione intorno al lago,
in quanto punto di snodo e di controllo dell'area centrale dell'Italia. Il
comando generale tedesco e quello delle truppe corazzate restarono fino alla
loro ritirata, prima dell'arrivo degli alleati nel giugno 1944. Lo specchio
d'acqua fu anche teatro di una battaglia aerea nell'aprile 1944, tra caccia
tedeschi ed americani. Nei pressi di Bolsena si insediò il generale Alexander
con il quartier generale delle truppe alleate. Le operazioni di recupero sono
state lunghe e molto delicate. I sommozzatori dei vigili del fuoco hanno
costruito una struttura a 'culla', costituita da tubi innocenti e da un grande
copertone di un trattore agricolo con la sua camera d'aria. Il relitto,
originariamente situato a una profondità di circa 75 metri, è stato
precedentemente portato ad una profondità di 25 metri, da dove è stato
possibile attuare tutte le operazioni di recupero dello scorso 22 maggio. I
sommozzatori hanno alzato la mitragliera con un cuscino di sollevamento ad aria
e, una volta arrivati a pochi metri dalla superficie, l'hanno appoggiata sulla
'culla'. Il passaggio successivo è stato il trasporto, trainandola con le
imbarcazioni all'interno del porto di Bolsena. Qui, accolta da una folla di
persone, è stata sollevata dall'autogru dei vigili del fuoco. Con cautela è
stata poi posizionata su un carrello dove, dopo essere stata fotografata da
tutti i presenti, è stata 'lavata' con il naspo. La Torretta, dopo il
necessario trattamento conservativo, verrà esposta presso il Museo della Città
di Bolsena nell'apposita sezione dedicata alla Seconda Guerra Mondiale. Alle
operazioni di recupero hanno assistito, oltre alle autorità della Provincia,
una rappresentanza dell'Ambasciata Usa in Italia e della scuola americana di
Viterbo (School Year Abroad), oltre ad alcuni Direttori di importanti Musei
Storici Nazionali.
Fonte:
http://www.viterbonews24.it/news/lago-di-bolsena,-recuperata-la-torretta-dellaereo-americano-inabissato-nel-44_26419.htm
Foto: viterbonews24.it
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http://www.viterbonews24.it/foto/lago-di-bolsena,-recuperata-la-torretta-dellaereo-americano-inabissato-nel-44_26419_32936.htm#news
ROSIGNANO. Al momento siamo rimasti a quelle undici. Ma i controlli
proseguiranno finché non sarà monitorata tutta la costa dalle Spiagge bianche a
Castiglioncello. Perché non fa stare tranquilli l’idea di poter mettere i piedi
su una mina anticarro. Tutti si affrettano a dire che non c'è questo rischio,
che quelle undici mine inesplose trovate a Vada in località Molino di fuoco
erano sotterrate in profondità (beh, 80 centimetri non è il pozzo di San
Patrizio) e che al termine degli accertamenti qualsiasi dubbio verrà fugato.
Intanto però ci sono questi undici ordigni da eliminare. La prefettura sta
elaborando insieme a polizia e carabinieri un piano che prevede l'impiego del
genio pontieri di Piacenza. Pare che la data individuata per il sopralluogo
degli artificieri sia martedì prossimo, 28 maggio. Cosa faranno? Difficile
dirlo ora, spesso sono decisioni che si prendono sul momento. Le mine
potrebbero essere disinnescate sul posto, portate via o fatte brillare lì dove
si trovano. In quest'ultimo caso il problema sarebbe costituito dal tipo di
spiaggia, ritenuta un po' troppo stretta, e dal numero degli ordigni. Staremo a
vedere. Nel frattempo ieri le ricerche sono proseguite tra i Punti azzurri e
hanno dato esito negativo. Tra oggi e i prossimi giorni verranno battute le
Spiagge bianche e la zona di Castiglioncello. Dal pontile di Buonaposta alla
Mazzanta è tutto bonificato - assicura Alessandro Balisciano, comandante della
guardia costiera - alla fine della settimana dovremmo avere chiara la
situazione dell’intera costa». A eseguire le indagini è la Abc general
engineering di Firenze, azienda da anni specializzata nella bonifica da ordigni
bellici e nello sminamento. Armati di metal detector, i tecnici in questi
giorni stavano monitorando la spiaggia in previsione di un ripascimento
dell'arenile vadese quando i loro strumenti hanno segnalato la presenza di
oggetti metallici sotto la sabbia. Così hanno scavato, con le mani, e si sono
imbattuti negli ordigni. Erano tutti ammassati nello stesso posto. Si ipotizza
che fosse una cassa di mine, modello "Teller", stoccata lì dalle
truppe tedesche che, durante la Seconda guerra mondiale, avevano allestito
fortini lungo tutta la costa in previsione di uno sbarco da parte degli
Alleati. Quelle mine sarebbero state piazzate lungo le retrovie, in modo da
ostacolare l'avanzata degli angloamericani. Poi sono rimaste lì e il legno
della cassa è marcito. «In teoria potrebbero essercene altre - dice ancora
Balisciano- ma per ora non sono state trovate ed è già stata bonificata metà
dell'area prevista». La spiaggia continua a essere interdetta a tutti con
ordinanza del sindaco Alessandro Franchi.(a.d.g.) Fonte: http://iltirreno.gelocal.it/cecina/cronaca/2013/05/23/news/caccia-alle-mine-dalle-spiagge-bianche-a-castiglioncello-1.7119303
Comune di Rosignano Marittimo
ORDINANZA DEL SINDACO PER L'INTERDIZIONE DELL'ARENILE IN
LOCALITA' BARCACCINA A VADA PER IL RITROVAMENTO DI UN ORDIGNO BELLICO
Questa mattina il Sindaco Alessandro Franchi ha firmato
un'ordinanza, la numero 282, per interdire il passaggio dei pedoni e di
qualunque mezzo meccanico ad un tratto di arenile che si trova a Vada,
in località La Barcaccina, dove è stato ritrovato un ordigno bellico
risalente all'ultimo conflitto mondiale.
L'area interdetta - dopo un sopralluogo congiunto effettuato dal
personale del Commissariato di Rosignano Solvay, del locale ufficio
marittimo della Guardia Costiera e dell'Unità Organizzativa Manutenzioni
del Comune di Rosignano - è già stata opportunamente recintata. Nello
specifico con l'atto firmato dal Sindaco si ordina "a tutta la
cittadinanza il divieto di accesso, transito e stazionamento dei pedoni e
di qualunque tipo di mezzo meccanico alla porzione di arenile sita in
località Barcaccina per un tratto di 50 metri a nord e 50 metri a sud
della zona recintata all'interno della quale è ubicato l'ordigno", che è
stato rinvenuto questa mattina dalla ditta ABC di Firenze.
L'ordinanza è stata trasmessa al Prefetto di Livorno "affinché
siano poste in essere le azioni necessarie alla individuazione puntuale
del pericolo e alla sua rimozione".
Fonte:
http://www.firenzeonline.com/news/ultim-ora/ordinanza-del-sindaco-per-l-interdizione-dell-arenile-in-localita-barcaccina-a-vada-per-il-ritrovamento-di-un-ordigno-bellico.html
Una bomba a mano della seconda guerra mondiale è stata ritrovata ieri
intorno alle ore 12.30 in un bosco di Barni da un uomo che ha decisio di
adagiarlo fuori da un palazzo pubblico del paese per poi chiamare i
carabinieri. i militari di Asso sono intervenuti e messo in sicurezza l’area
e hanno attivato, tramite la Prefettura di Como, il Comando Compagnia di
Como ed il Comando Legione Carabinieri di Milano, una procedura d’urgenza che
ha consentito il tempestivo intervento da parte degli artificieri dell’Arma
che, subito giunti da Milano, hanno provveduto alle ore 15.30 circa a far
brillare l’ordigno, in zona sicura. La decisione dell’uomo di raccogliere la
bomba e di portarla in paese è stata giudicata assai incauta dai carabinieri.
Tuttavia il tutto “si è svolto in assoluta sicurezza e senza alcun danno a cose
e persone, ma avrebbe potuto avere conseguenze ben più gravi”. I militari
consigliano: “In tali circostanze, qualora si dovesse avere anche il solo
sospetto di aver rinvenuto un ordigno, è di assoluta e fondamentale importanza
non toccare nulla e chiamare tempestivamente le forze di polizia competenti
tramite il numero unico di emergenza”.
Fonte:
http://www.quicomo.it/05/23/una-bomba-a-mano-in-strada-intervengono-i-carabinieri.html
Gaeta 20 maggio 2013 - “Stamane nel corso di una operazione
di salpamento di materiale sommerso, l’Operatore Tecnico Subacqueo del porto di
Gaeta Salvatore Gonzales individuava dei residuati bellici nel tratto di mare
davanti alla Banchina Caboto. Si provvedeva immediatamente a sgomberare l’area.
In particolare, si rinvenivano n° 3 bombe, presumibilmente di cannone modello
Cavalli (dal Generale Cavalli ideatore del tipo di bomba), risalente alla 1^
Guerra Mondiale. Inoltre, si individuava n. 1 proietto di cannone, risalente
alla Seconda Guerra Mondiale. Dopo aver interessato la competente Prefettura di
Latina, la Capitaneria di porto di Gaeta provvedeva ad emanare l’Ordinanza di
interdizione dello specchio d’acqua interessato, pari ad un’area di circa 16000
mq. L’operazione recupero/brillamento degli ordigni verrà effettuata a cura
degli artificieri della Marina Militare; per la tipologia del materiale
rinvenuto, potrebbero emergere aspetti interessanti dal punto di vista storico”.
Fonte:
http://www.golfotv.it/index.php?option=com_content&view=article&id=378:ritrovamento-bombe-a-gaeta&catid=15:cronaca&Itemid=109
di Fabio Poloni
TREVISO. Prima il dramma, poi l’indagine. Nelle prossime ore in
Procura sarà depositata la denuncia dei carabinieri a carico di B. L.,
il collezionista di Pederobba che aveva in casa il lanciagranate con il
quale Mattia Nichele si è ferito. «Un collezionista può tenere residuati
bellici solamente se è in possesso di tutte le necessarie
autorizzazioni», dice il capo della Procura della Repubblica di Treviso,
Michela Dalla Costa, «e in questo senso andranno le nostre verifiche».
Quelle già effettuate dai carabinieri, e che arriveranno in Procura a
stretto giro, sembrano però chiare: quell’arma bellica non era
registrata, e la carica esplosiva ancora intatta. L’ipotesi di reato a
carico del pensionato di Pederobba che teneva l’arma in casa potrebbe
essere quella di detenzione illegale di armi e materiali esplodenti. Il
giovane ferito non rischia nulla dal punto di vista legale: il
lanciagranate non era suo. La sua battaglia è un’altra: lottare con
tutte le forze per riprendersi dopo l’incredibile e drammatico
incidente. A Mattia è stata amputata la gamba sinistra: impossibile
evitarlo, l’arto era stato martoriato dall’esplosione a bruciapelo.
La passione per le armi, storiche emerge da ogni immagine del profilo Facebook
del ragazzo. Divise militari, residuati bellici, uscite in montagna sui
luoghi della Grande Guerra: le foto di Mattia raccontano il suo hobby,
il suo piacere nell’immergersi in un clima così lontano. Il “bazooka”
che lo ha ferito risale alla Seconda guerra mondiale, non alla Prima. A
guerra finita il progetto del «panzerfaust» entrò in possesso
dell’Armata rossa e diventò la base per la creazione del più moderno e
letale lanciagranate russo modello RPG-2.
Chissà l’emozione di
Mattia nel trovarsi tra le mani un’arma del genere. Una curiosità che ha
rischiato di essergli letale. Ora il proprietario del lanciagranate, se
sarà indagato dalla Procura, dovrà spiegare come e dove si è procurato
quell’arma. E perché non ha mai presentato una regolare denuncia di
detenzione ai carabinieri: un’omissione che poteva costare la vita a
Mattia, e che all’ex operaio ora in pensione potrebbe portare in dote
una condanna penale.
Fonte:
http://mattinopadova.gelocal.it/cronaca/2013/05/21/news/detenzione-illegale-indaga-la-procura-1.7106670
La Maddalena Il 20 maggio u.s., alcuni cittadini intenti in immersioni subacque nel
tratto di mare antistante la spiaggia del Morto, a ponente di
Abbatoggia, avrebbero rinvenuto due presunti ordigni di origine
residuale bellica, aventi una lunghezza di circa 40 centimetri ed un
diametro di circa 20 centimetri, adagiati su di un fondale di circa 3-4
metri. Il comandante della Capitaneria di Porto
– Capitano di Fregata (CP) Luigi D’Aniello, atteso il consueto
intervento del Nucleo SDAI della Marina Militare
che dovrà effettuare un apposito sopralluogo con la conseguente
bonifica della zona attraverso il brillamento degli ordigni segnalati,
ha emesso l’ordinanza n. 45 con la quale – nell’area di mare attorno
all’Isolotto del Morto – ha interdetto il transito, la sosta,
l’ancoraggio, la pesca, l’attività subacquea e qualsiasi attività
diportistica e/o professionale in genere.
di Enzo Favero
PEDEROBBA. La carica esplosiva del lanciagranate tedesco gli ha
provocato un buco nella coscia largo dieci centimetri e profondo
quattro. Impossibile salvargli la gamba sinistra, amputata nella notte
all'ospedale San Giacomo di Castelfranco Veneto dopo aver fermato la
tremenda emorragia causata dalla ferita. Quel "panzerfaust", un
lanciagranate anticarro risalente alla Seconda guerra mondiale, avrebbe
dovuto essere senza carica esplosiva, come tanti altri ritrovati e
abbandonati nelle montagne tra il Grappa e il Monfenera. Invece non era
mai stato utilizzato e come Mattia Nichele, ventitreenne operaio
metalmeccanico di Cittadella appassionato di rievocazioni belliche,
domenica nel tardo pomeriggio ha toccato il pulsante che innescava il
contatto elettrico, la carica è esplosa provocandogli la gravissima
ferita alla coscia sinistra. Se anzichè essere rivolto verso il basso
quel tubo di metallo fosse stato rivolto verso una parte più alta del
corpo non ci sarebbe stato scampo per il ragazzo.
Denunciato, per
detenzione illegale di armi da guerra, il possessore del
lanciagranate-killer, B. L., 55 anni, operaio in pensione di Pederobba.
All’interno della sua abitazione, dove custodisce vari residuati
bellici, è avvenuta la drammatica esplosione. I due si conoscono da
tempo, entrambi appassionati di rievocazioni storiche: in particolare
una passione del collezionismo di residuati bellici per il pensionato di
Pederobba. Non un recuperante vero e proprio, ma un appassionato di
“militaria” e proprio la comune passione aveva messo in contatto i due.
Il giovane operaio di Cittadella aveva in passato acquistato una divisa
militare tedesca in uno dei tanti mercatini per collezionisti di merce
militare. Era ridotta male e B. L. gli aveva detto di conoscere una
sarta in gamba capace di rimettere a posto quell'uniforme militare. Così
gliela aveva affidata e quando gli era arrivata la telefonata che era
pronta, Mattia Nichele era andato dal conoscente 55enne per ritirare la
divisa.
La dinamica del tragico incidente, dopo la concitata prima
versione di domenica sera, è stata ricostruita ieri nei dettagli.
Domenica pomeriggio il giovane era partito da Cittadella con altri due
amici che coltivano la sua stessa passione per recarsi a casa del
55enne, in uno dei primi tornanti del Monfenera, a Pederobba. Erano lì a
chiacchierare quando uno dei ragazzi ha chiesto all'uomo di mostrare il
"panzerfaust", perchè non ne aveva mai visti. Si tratta di un
lanciagranate anticarro tedesco utilizzato nel corso della Seconda
guerra mondiale: se ne sono trovati parecchi in giro per le montagne
della Marca dopo la guerra. Si tratta di una specie di bazooka, in
pratica un tubo in metallo dotato di carica esplosiva azionata da un
contatto elettrico. Dopo che un "panzerfaust" era stato utilizzato,
veniva gettato perchè non era possibile rimettere la carica esplosiva.
Quindi un oggetto teoricamente non pericoloso. Solo che il "panzerfaust"
in possesso di B. L. non era mai stato utilizzato, all'interno c'era
ancora la carica e, nonostante risalisse a oltre 65 anni prima, era
ancora funzionante. Fatto sta che B. L. è andato a prendere in una
stanza il lanciagranate e lo ha consegnato al giovane operaio.
Questi
lo ha preso in mano, lo ha guardato, lo ha girato e rigirato, ad un
certo punto ha premuto il grilletto che serviva a provocare il contatto
elettrico che faceva esplodere la carica e partire la granata anticarro.
E a quel punto è avvenuto l'imprevedibile: si è sentito un boato e il
giovane è crollato a terra con la coscia squarciata. Il proprietario del
residuato bellico e i suoi due amici, rimessisi da un primo attimo di
terrore, hanno soccorso il giovane che giaceva a terra in un lago di
sangue e hanno chiesto l'intervento del Suem. Erano all'incirca le
18.30. Sul Monfenera è arrivata l'ambulanza, i sanitari hanno subito
provveduto a tamponare la ferita per fermare la grave emorragia e poi
hanno portato Mattia in ospedale: prima a Montebelluna, poi il
trasferimento a Castelfranco. Impossibile però salvargli la gamba.
Poi
sono scattate anche le indagini dei carabinieri di Montebelluna, che
hanno ricostruito quanto avvenuto e come si era arrivati a quel
drammatico epilogo, formalizzando una denuncia a piede libero nei
confronti di B. L., per detenzione illegale di armi da guerra.
Fonte:
http://mattinopadova.gelocal.it/cronaca/2013/05/21/news/il-bazooka-era-esploso-in-casa-amputata-la-gamba-al-ragazzo-1.7106785
Foto: http://bellsouthpwp2.net
Complice forse la pioggia incessante, è riaffiorata nei giorni scorsi
in un campo al confine tra Santa Lucia e Santa Maria del Piave una
bomba della Prima guerra mondiale.
Un ordigno rimasto sepolto per
anni, finito in quel punto durante gli anni del conflitto che ha segnato
una delle pagine più tragiche del Novecento. Lanciata a breve distanza
dal Piave, la bomba ha finito per essere coperta dal terreno, salvo poi
ripresentarsi in superficie quasi un secolo dopo.
Un ritrovamento
comunque tutt’altro che isolato. Un altro era avvenuto non molto tempo
fa a Mareno di Piave, mentre a Susegana una bomba è stata rinvenuta una
decina di giorni fa tra le tombe del cimitero di Colfosco. Gli operai
del camposanto stavano scavando la fossa che avrebbe dovuto contenere la
bara di un'anziana, mancata un paio di giorni prima, quando la pala
meccanica dello scavatore ha urtato un oggetto di metallo. Si trattava
di un proiettile di cannone risalente alla Prima guerra mondiale, lungo
poco più di mezzo metro e di 17 centimetri di diametro.
Una bomba,
altro residuato di guerra, è stata ritrovata pochi giorni fa anche in
un cantiere di via Maggior Piovesana, a Conegliano, di fronte al
commissariato di polizia nell'area ex Tmci Padovan. L'ordigno inesploso
era lungo un'ottantina di centimetri e aveva un diametro di 25. (renza
zanin)
Fonte:
http://mattinopadova.gelocal.it/cronaca/2013/05/21/news/bomba-del-15-18-riaffiora-a-santa-lucia-1.7106666
Di Anna Cecchini
VADA. Undici mine anticarro "nascoste" sotto la sabbia, a poche
decine di centimetri dalla superficie dove solitamente i turisti si
sdraiano a prendere il sole e i bambini scavano per costruire i castelli
di sabbia.
Gli ordigni bellici sono stati trovati lungo l'arenile di Vada,
in località Molino a fuoco. La zona, visto il ritrovamento, ieri è
stata recintata e il sindaco ha emesso un'ordinanza per vietare accesso,
transito e stazionamento di persone e di qualunque mezzo meccanico
lungo una vasta porzione di arenile. Di fatto la spiaggia interdetta è
piuttosto ampia, dato che il primo cittadino ha deciso di vietare l'uso
di una porzione di arenile di 200 metri a nord e altrettanti a sud
rispetto all'area in cui sono state ritrovate le mine.
Nei prossimi giorni gli artificieri dovranno provvedere a
bonificare la spiaggia, che durante l'estate viene usata sia dai clienti
del campeggio Molino a fuoco che da cittadini e turisti di passaggio.
Il singolare ritrovamento è legato al ripascimetno degli
arenili di Vada che l'amministrazione ha avviato nei giorni scorsi. «Si
tratta di 11 ordigni bellici inesplosi - conferma Franchi - che
risalgono alla Seconda guerra mondiale e sono stati ritrovati a circa 80
centimetri sotto il livello di superficie». Non molto in profondità, se
si considera che durante l’estate la sabbia viene spesso smossa,
soprattutto dai bambini intenti a scavare per realizzare castelli e
piste per le biglie.
Quanto alla collocazione delle mine, sono state trovate lungo
una superficie lunga svariati metri in tutta la spiaggia davanti al
campeggio Molino a fuoco, nella parte più a sud della Mazzanta.
Come si legge nell’ordinanza, i cittadini che non osserveranno
le prescrizioni inserite nel documento saranno passibili di multe, anche
piuttosto salate: da 25 a 500 euro.
Fonte:
http://iltirreno.gelocal.it/cecina/cronaca/2013/05/22/news/undici-mine-anticarro-trovate-lungo-la-spiaggia-dei-turisti-1.7106125
Foto: iltirreno.gelocal.it
Si sono concluse con
successo alle ore 12,30 di domenica 19 maggio le operazioni di bonifica
e messa in sicurezza della bomba di un aereo statunitense di 250 chili,
risalente al secondo conflitto mondiale, rinvenuta nello stabilimento
Nuovo Pignone di Massa.
Per seguire le diverse fasi della
complessa operazione, è stata attivata l’Unità di Crisi presso la Sala
Operativa Provinciale Integrata, coordinata dal Prefetto, dr. Giuseppe
Merendino, e composta dai responsabili dei seguenti enti: Provincia di
Massa-Carrara, Genio Pontieri, Questura, Comando Provinciale di Vigili
del Fuoco, Carabinieri, Guardia di Finanza e Corpo Forestale dello
Stato, Polizia Stradale, Polizia Ferroviaria, Comune di Massa, Servizio
"118", Nuovo Pignone S.p.A., R.F.I., Enel Rete Gas, Enel rete Elettrica,
Gaia S.p.A., Telecom Italia S.p.A., Terna, SNAM Rete Gas.
Quattro le fasi dell’operazione, che ha
reso necessario predisporre, per tutta la durata dell’intervento,
apposite misure di sicurezza, sia all’interno che all’esterno dello
stabilimento, nel perimetro di 500 metri dal luogo di ritrovamento
dell’ordigno. Allo scopo, è stato interdetto il traffico ferroviario
dalle ore 8.27 alle ore 9.24, vietato il sorvolo e presidiata la zona
dalle Forze dell’Ordine, per prevenire eventuali azioni di
sciacallaggio.
La prima fase è iniziata alle ore 6,30
con l’evacuazione di 204 persone residenti nell’area, ad opera della
Polizia Municipale del Comune di Massa, in collaborazione con le
organizzazioni di volontariato e il servizio del 118.
Durante la seconda fase, terminata alle
ore 9,15, gli artificieri del Nucleo dell’Esercito italiano EOD
(Explosive Ordnance Disposal) hanno effettuato il disinnesco della
bomba.
Nella successiva fase, tra le ore 10 e
le 11 circa, è avvenuto il trasporto dell’ordigno in completa sicurezza
in località Calamazza del Comune di Aulla, con automezzo del Comune di
Massa, scortato dalla Polizia Stradale, dai Vigili del Fuoco, dagli
artificieri nonché da un’ambulanza del 118 con medico a bordo.
Le operazioni si sono concluse con il brillamento dell’ordigno all’interno della Cava di Monte Porro, alle ore 12.30.
Grande soddisfazione e gratitudine ha
espresso il Prefetto dr. Giuseppe Merendino per l’efficienza e la
professionalità degli Artificieri del 2° Reggimento Genio Pontieri di
Piacenza, “prima linea che ha portato a termine senza conseguenze un
evento di così alto rischio anche per la collettività locale”. “Il
nucleo – ha ricordato il Prefetto- appartiene alle unità selezionate ed
addestrate presso il centro di eccellenza dell’Esercito C-IED
(Counter-Improvised Explosive Device) che operano sia nelle Forze Armate
che in quelle di Polizia”. Gratitudine che il Prefetto ha esteso ai
soggetti che “hanno attivamente approntato la pianificazione e favorito
la conclusione positiva dell’operazione”.
A Minturno, in località Tore, sono stati trovati ben cinque ordigni,
che erano nascosti in un appezzamento di terreno. Ad accorgersi della
loro presenza è stato il proprietario dell’area agricola, il quale ha
notato che c’era un oggetto metallico che fuoriusciva dal terreno. Una
volta avvicinato ha visto che le bombe erano più di una e così ha dato
l’allarme informando i carabinieri della locale stazione, i quali a loro
volta hanno avvisato gli esperti dell’Esercito, provenienti da Caserta.
Nel frattempo l’area è stata isolata, per evitare che qualcuno potesse
avvicinarsi. L’intervento degli artificieri, inoltre, si è esteso anche nella zona
di Scauri alto, dove è stato rinvenuto un altro proiettile inesploso.
Dopo aver rimosso con grande cautelale bombe si sono recati in una cava
dismessa della zona, dove sono stati fatti brillare. L’intervento dell’altro giorno è solo l’ultimo di una serie di
operazioni di “sminamento” che da sempre interessano l’area minturnese,
sulla quale passava la linea Gustav. In passato sono state trovate delle
vere e proprie santabarbara in località Monticelli e Solacciano, dove
addirittura c’erano delle postazioni. In una di queste furono rinvenuti
anche dei resti ossei di militari inglesi, trovati all’interno di
un’abitazione privata.
Fonte:
http://www.minturnet.it/9240/cronaca/rimossi-sei-ordigni-bellici-della-seconda-guerra-mondiale.html
Ordinanza di interdizione, questa mattina a Gaeta per la
banchina Caboto sotto la quale, i sommozzatori del porto impegnati in una serie
di verifiche, hanno rinvenuto ben quattro ordigni bellici di medie dimensioni
disseminati in un’area di alcune centinaia di metri, adagiati sul fondo del
mare.
LE BOMBE NASCOSTE SOTTO LA SABBIA - Probabilmente le
bombe erano lì dal secondo conflitto bellico e sono state liberate dalla sabbia
che le nascondeva dalla movimentazione subacquea causa dai motori delle grosse
imbarcazioni ospitate, alcune settimane fa, dallo Yacht Med Festival. In quel
punto, infatti, sono rimaste ormeggiate per almeno una settimana la
"Giorgio Cini", nave scuola della Guardia di Finanza e la
"Signora dei Venti", un prestigioso veliero a tre alberi.
Probabilmente le loro manovre hanno rimosso la sabbia che le copriva.
Per questo, la Capitaneria ha disposto l’interdizione della banchina, mentre la
Prefettura chiederà l’intervento dello Sdai (Servizio Difesa Antimezzi
insidiosi) della Marina che si occuperà della rimozione e del brillamento degli
ordigni.
Gli antiquari sono avvertiti: mai esporre reperti bellici sulle
bancarelle al mercato se non si hanno speciali autorizzazioni. Si
rischia il processo. Ne sa qualcosa Lorenzo Coppero, 67 anni, residente a
Diano Marina, che sta subendo un processo per possesso illegale di
un’arma da guerra, una semplice baionetta, probabilmente risalente alla
Prima guerra mondiale.
Sfortuna per lui, durante un mercatino a Diano, nell’ottobre del
2010, davanti al suo banco erano transitati due carabinieri in borghese.
A uno dei quali non è sfuggita la baionetta.
Di qui è iniziato il calvario giudiziario. Coppero è stato rinviato a
giudizio e ora rischia una condanna per quella che lui considera un
peccato d’ingenuità: non aveva mai visto prima una baionetta e comunque,
ha detto al giudice Sonja Anerdi, al mercatino non l’aveva esposta ma
tenuta in disparte, sul retro. «Io stesso l’ho consegnata ai due
carabinieri chiedendo che cosa ne dovessi fare». Alla prossima udienza,
il 15 luglio, ci sarà la discussione con le richieste del pm Giorgia
Trucchi.
Fonte:
http://www.lastampa.it/2013/05/20/edizioni/imperia/ambulante-che-vende-oggetti-d-antiquariato-sotto-processo-per-una-baionetta-4uiwTPUtP8TQqA8YjxceYJ/pagina.html
BOLOGNA - «Ci sono persone che detengono ordigni micidiali, magari a
decine e come fossero soprammobili, che possono essere molto pericolosi.
Anche a distanza di 70 anni o più, infatti, possono mantenere la
potenzialità esplosiva originaria». A lanciare l'allarme sono i
Carabinieri di Bologna, che vogliono mettere in guardia i cittadini
sulla diffusione di un tipo di collezionismo, quello di ordigni bellici,
bombe da mortaio e mine, che a quanto pare è molto diffuso e
pericoloso. È un hobby da evitare, avvertono i Carabinieri, invitando
eventuali collezionisti pentiti a farsi avanti per lasciare spazio agli
artificieri e bonificare le loro case trasformate in arsenali (magari
all'insaputa dei vicini). I militari si sono imbattuti in questo
fenomeno due settimane fa, quando hanno arrestato un uomo di 48 anni di
Monghidoro, sull'Appennino bolognese, che in casa aveva un vero e
proprio museo di mine, bombe da mortaio, cartucce ed elmetti. Fa
l'imbianchino e aveva stipati in cantina e sottotetto un centinaio di
ordigni attivi (ce n'erano di americani, inglesi e tedeschi), oltre che
proiettili, elmetti, stemmi e altri reperti bellici. «Faccio la
collezione, sono un appassionato, le so gestire e so come vanno tenute.
Se si tengono e si maneggiano in un certo modo, non sono pericolose», si
è difeso l'uomo, che è finito in manette per detenzione di materiale
esplosivo e ordigni bellici. Poche ore dopo è finito in manette anche un
uomo del 48enne, un operaio edile di 53 anni sempre di Monghidoro, che
aveva la stessa passione: nello scantinato, i militari hanno trovato una
bomba a mano inglese, proiettili (ancora in uso all'Esercito) e
tantissimi altri reperti di guerra. Vive in un condominio e i vicini
sono rimasti piuttosto sorpresi quando hanno saputo cosa teneva in
cantina.
La preoccupazione dei Carabinieri, però, è soprattutto quella di
mettere in guardia della pericolosità di questi ordigni, che «se non
sono stati disinnescati possono provocare una detonazione in qualunque
momento. Magari sono ancora riempiti della carica esplosiva e la persona
non se ne rende conto. Li tengono come soprammobili ma possono cadere e
far saltare per aria un intero palazzo». Della vicenda di Monghidoro si
sono occupati i Carabinieri della compagnia di San Lazzaro di Savena.
Ai militari, sono state proprio le persone di Monghidoro a raccontare
che ci sono in giro molti appassionati di armi da guerra che vanno in
giro per l'Appennino (che «ne è pieno, soprattutto nella zona della
linea gotica», dicono i militari) a cercarle come fossero funghi. Tutto è
iniziato da uno strano episodio avvenuto a marzo, quando un cittadino
segnalò il ritrovamento di un ordigno nel bosco di Cá de Marchi, vicino a
Monghidoro. I militari, come sempre in questi casi, avevano recintato
l'area e avvisato l'Esercito, che poi interviene con i propri
artificieri. Dalla mattina alla sera, però, l'ordigno è sparito: i
Carabinieri se ne sono accorti nei giri di pattugliamento previsti in
questi casi e si sono messi a indagare, facendo domande in paese. È così
che sono arrivati al 48enne (che ora ha un obbligo di dimora a
Monghidoro come l'amico 53enne), ma hanno anche scoperto che di questi
collezionisti ce ne sono in giro molti. Di qui la decisione di lanciare
un allarme. L'ordigno sparito? «Non ci era mai successa una cosa del
genere», dice Maurizio Pallante, vicecomandante della compagnia di San
Lazzaro. Pochi giorni, però, è stato ritrovato in un fosso della zona.
Si vede che le domande dei Carabinieri hanno spaventato il collezionista
di turno. (Dire) Fonte: http://corrieredibologna.corriere.it/bologna/notizie/cronaca/2013/20-maggio-2013/bombe-salotto-musei-mine-allarme-lo-strano-hobby-2221232610166.shtml Foto:www.dire.it