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sabato 21 giugno 2014

Ritrovato il relitto di una nave francese affondata nelle Bocche


di Enrico Gaviano
POLTU QUATU. Gli Indiana Jones dei fondali marini vivono a Poltu Quatu. All’Orso diving si sono specializzati nella ricerca delle navi affondate in guerra, emozionante come una caccia al tesoro. A guidare il suo staff e i tanti turisti appassionati ed esperti sub, c’è Corrado Azzali, il direttore dell’Orso diving, un emiliano di 54 anni trapiantato da tre decenni in Sardegna. I cercatori dei relitti perduti una quindicina di giorni fa hanno realizzato un altro colpaccio dopo quelli già fatti lo scorso anno, rintracciando il relitto del Cassini a nord di Razzoli, nelle Bocche di Bonifacio, su un fondale di 73 metri.
Un ritrovamento di portata storica importante, stupefacente. Si tratta infatti del primo relitto risalente alla Prima guerra mondiale rinvenuto nelle acque sarde. Il Cassini, un posamine della marina francese, era stato affondato nel 1917 da un sottomarino tedesco. Nella battaglia cruenta conclusa con l’unità transalpina colata a picco, morirono 88 marinai francesi. La storia del ritrovamento ha molti aspetti curiosi. «Intanto si sapeva che a nord di Razzoli c’era quel relitto – dice soddisfattissimo Corrado Azzali –, ma avevamo solo un’idea approssimativa del punto esatto. Che nessun libro specializzato in materia conosceva ugualmente. Ma improvvisamente sono arrivati da noi dei sub tedeschi specializzati in tecnica, cioè immersioni a grandi profondità. Gente in gamba, che aveva già fatto delle escursioni sui relitti di cui è pieno il mare della costa gallurese, in particolare intorno all’arcipelago della Maddalena. Insomma questi sub sapevano, misteriosamente, il punto esatto».
Così lo staff di Azzali, un paio di giorni dopo la rivelazione, ha effettuato l’immersione sul punto esatto e «magicamente – dice ancora emozionato Azzali – sul fondale è comparso il Cassini. Inconfondibile la forma della prua, come si può evincere anche dalle foto d’epoca. Il posamine era poggiato sul fondale su un punto distante circa mezzo miglio rispetto a quello presunto. Dunque rintracciarlo senza quella indicazione sarebbe stato come cercare un ago in un pagliaio. Dopo alcuni giorni anche i tedeschi hanno effettuato la loro immersione potendo così assaporare in prima persona la gioia del ritrovamento, storicamente rilevantissimo, della unità della marina francese».
Un paio di giorni fa Azzali ha completato l’iter che si segue in caso di ritrovamento di un relitto, andando alla capitaneria di porto della Maddalena, e dal comandante Isotta Gattorna, a denunciare il punto in cui il Cassini si trova in mare.Per la Orso diving si tratta dell’ennesimo successo. L’anno scorso lo staff di Corrado Azzali riuscì a rintracciare due imbarcazioni di gran rilievo: a settembre il dragamine inglese Felixtowe, affondato nel 1943 al largo di Capo Ferro, a ottobre la localizzazione della Nautilus-Languste sui fondali davanti a Capo Figari, a Golfo Aranci. La nave, prima della Marina italiana, quindi requisita dalla marina tedesca, era stata affondata nell'ottobre del 1942 da un sottomarino inglese. Ma la caccia continua: nell’area giacciono tantissimi relitti, in attesa di essere finalmente svegliati dal lungo sonno. Fonte: http://lanuovasardegna.gelocal.it/foto-e-video/2014/06/20/fotogalleria/ritrovata-nave-francese-affondata-nelle-bocche-nel-1917-1.9458838
Foto tratta da: http://lanuovasardegna.gelocal.it/
Arzachena. Il posamine, colato a picco nel 1917, è stato scoperto e fotografato dai sub dell’«Orso diving» di Poltu Quatu

venerdì 20 giugno 2014

Sindaco e Prefetto responsabili in merito all’esplosione di un ordigno bellico inesploso ed interrato


Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 8 ottobre 2013 – 19 giugno 2014, n. 26482 
Presidente Zecca – Relatore Massafra 

Ritenuto in fatto 

Con sentenza in data 1.10.2010 il Tribunale di Mantova, in composizione monocratica, condannava alle pene di giustizia, oltre al risarcimento dei danni e al pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva in favore delle parti civili, I.G. e B.G. avendoli dichiarati responsabili del reato di cui agli artt. 113, 434, 449 c.p. perché, in cooperazione fra loro ed unitamente ad altri coimputati per i quali si era proceduto separatamente, I. in qualità di Prefetto e B. in qualità di Sindaco del Comune di (…), per colpa consistita in negligenza, imprudenza imperizia e in particolare nella violazione degli artt. 5, 14, 15, della L. 225/92 in materia di protezione civile perché, pur essendo stati investiti di specifiche attribuzioni omettevano di intervenire e di adoperarsi per ottenere l'emanazione di apposita ordinanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri o del Ministro dell'interno atta a rimuovere un ordigno bellico posto sotto una strada privata di uso pubblico confinante con la proprietà di S.S. e F.G. e di proprietà di A.F. mediante bonifica dell'area anzidetta al fine di prevenire un evento dannoso consistito nell'esplosione del medesimo ordigno che avveniva il 20.5.2003 per causa imprecisate nei giorni in cui nella zona erano in atti lavori di scavo per la costruzione di un condominio a più piani autorizzati dal Sindaco nella persona della B. , cagionando il crollo dello stesso o di parte del medesimo derivando dal fatto pericolo per la pubblica incolumità nonché danni gravi e lesioni alle strutture portanti degli edifici e la formazione di un cratere (commessi in (…) in data antecedentemente e prossima al (omissis)). 
Il fatto. In data (omissis) Be.Od. indirizzava missiva al Sindaco di (…) denunciando che nella sua proprietà e precisamente sul confine della società Eridania Zuccherificio di (…) era interrata a profondità non conosciuta una bomba da aeroplano rimasta inesplosa, lanciata nel periodo della guerra, e chiedeva al Sindaco di prendere i dovuti provvedimenti. 
In data 25.7.1995 C.G. , nipote del Be. , consegnava al Sindaco B.G. copia della lettera menzionata, che ella aveva trovato fra le carte nonché una propria missiva in cui riferiva che la madre, figlia del Be. , ricordava che il padre aveva fatto bonificare la sua proprietà e che gli artificieri di Verona avevano segnalato la presenza dell'ordigno bellico all'incirca ove si trovava la abitazione di A.R. e che l'ordigno era stato trovato, ma che ostacoli vari ne avevano impedito l'estrazione. 
Con missiva del 21.8.1995 la B. , dopo aver suggerito alla C. di consegnare copia della sua lettera ai Carabinieri, trasmetteva a sua volta la lettera alla Comandante della Stazione Carabinieri per opportuna conoscenza e per quanto di competenza. 
Con telefax del 30.3.2001 il M.llo G.E. , subentrato nel comando della Stazione, segnalava alla Prefettura che C.G. , indicata come fonte attendibile, aveva recapitato la lettera del nonno nonché ulteriore lettera a sua firma. Con telefax del 5.4.2001 il vice Prefetto di Mantova Simi per conto del Prefetto, comunicava al COMFOD di Vittorio Veneto nulla osta all'intervento di personale specializzato per la rimozione dell'ordigno bellico segnalato dai CC di (…). 
Il 13.12.2001 il COMFOD disponeva che la direzione del Genio militare di Padova effettuasse il sopralluogo tecnico e, trattandosi di bonifica sistematica, chiedeva alla Prefettura di indicare se gli oneri andavano posti a carico del Ministero dell'Interno o del proprietario dell'area. 
In data 18.12.2001 il ten. col. T. , con missiva indirizzata alla stazione CC di (…), e per conoscenza alla Prefettura d Mantova, al COMFOD di Vittorio Veneto ed all'Ispettorato infrastrutture dell'esercito di PD, garantiva l'esecuzione del sopralluogo al più presto e pregava di tenere sotto controllo la zona ex Eridania onde impedire l'esecuzione dei lavori di scavo o altre attività autorizzate, evidenziando che in caso contrario la responsabilità sarebbe ricaduta su chi avesse ordinato o diretto i lavori; segnalava, infine, che eventuali oneri sarebbero stati segnalati alle autorità competenti per la successiva richiesta di rimborso al Ministero degli Interni. 
In data 9.1.2002 si effettuava il sopralluogo e con lettera del 24 gennaio 2002 il ten. col. T. comunicava al COMFOD di Vittorio Veneto, e per conoscenza alla Prefettura di Mantova che le indagini strumentali limitate alla bonifica strumentale avevano segnalato presenza di masse ferrose non significative e che l'esecuzione della ricerca comportava un intervento in profondità a mezzo trivellazioni almeno sino a 5 metri con un costo preventivabile in Euro 7.436,98, rimanendo in attesa di determinazioni. 
Con missiva datata 15.11.2002 il ten. col. T. scriveva al COMFOD di Vittorio Veneto ed alla Prefettura di Mantova, segnalando di non avere avuto riscontro relativamente alla esecutività dell'intervento e all'indicazione del soggetto o a cui dovevano imputarsi gli oneri e rimaneva in attesa di conoscere le decisioni adottate. 
In data 20.5.2003 scoppiava di notte un ordigno bellico in (…) coinvolgendo in modo grave due abitazioni limitrofe alla sede della deflagrazione. 
La Corte di appello di Brescia, con sentenza in data 17.1.2012, in riforma della sentenza predetta, dichiarava non doversi procedere nei confronti degl'imputati sopra indicati per estinzione del reato loro ascritto per intervenuta prescrizione, confermando le statuizioni civili. 
La Corte territoriale riteneva, sulla scorta di elementi minuziosamente enucleati, che il punto in cui l'ordigno era esploso coincideva con la zona indicata nella lettera di Be. . Inoltre, richiamate le disposizioni in materia di Protezione civile di cui agli artt. 2 e 3 L. n. 225 del 1992 (per le categorie di eventi contemplati e all'attività e compiti di protezione civile) nonché gli artt. 14 e 15 (circa le attribuzioni del Sindaco e del Prefetto), in una alle analisi effettuate dalla sentenza di questa Corte di Cassazione (Sez. IV, n. 16761 del 3.5.2010, Catalano ed altri, rv. 247017, 247016, 247015), riteneva che: 
- dopo la comunicazione al Comfod di V. Veneto del nulla osta all'intervento per la rimozione dell'ordigno, non veniva dato alcun seguito da parte della Prefettura né alla nota del 24.1.2002 del ten. Col. T. circa l'onere finanziario per le trivellazioni, rimanendo in attesa di determinazione, né a quella successiva del 15.11.2002 con cui segnalava al Comfod e alla Prefettura di non aver avuto alcun riscontro in ordine a quanto indicato nella precedente nota (circa il destinatario degli oneri); 
- doveva ritenersi confermato che gl'interventi dell'autorità militare dovessero essere coordinati dalla Prefettura; 
- non erano valorizzatali le obiezioni difensive circa l'incapacità del Prefetto di valutare il rischio derivante dalla presenza della bomba e che in ordine al finanziamento lo I. aveva omesso qualsiasi iniziativa; 
- il Sindaco B. , pur avendo sin dal 1995, in occasione della ricezione della denuncia del nonno della C. , interessato la Prefettura, successivamente si era rivolta ai Carabinieri affinché si rapportassero con la Prefettura, ma poi, benché destinataria di due segnalazioni da parte del Maresciallo G. , aveva omesso di acquisire notizie ufficiali sull'andamento della pratica e sulla situazione accertata dagli organi militari; 
- il Sindaco, inoltre, aveva omesso di adottare plurime iniziative ex artt. 5 e 15 L. 225/92, provvedendo a verificare presso la Prefettura lo stato delle ricerche e sollecitare gli interventi presso le autorità di protezione civile sovraordinata, informare il proprietario dell'area e tutti gli altri soggetti residenti in zona della situazione di pericolo (ex art. 12 L. 265/99), emettere ordinanza ex art. 54 Dlgs 267/2000 per vietare escavazioni o interventi nella zona che potessero avere un'influenza diretta sull'assetto del terreno; 
- a parte la risalenza nel tempo (1995) della comunicazione alla B. dell'esistenza dell'ordigno, almeno tra l'invio della lettera al Prefetto in data 30.4.2001 a cura del Comandante G. che aveva poi informato il Sindaco e la data dello scoppio erano passati ben due anni e venti giorni nei quali ai sarebbero potute effettuare le opportune ricerche. 
Avverso tale sentenza della Corte bresciana ricorrono per cassazione, i rispettivi difensori di fiducia di I.G. e B.G. (quest'ultima solo in relazione alla conferma delle statuizioni civili). 
Nell'interesse del ricorrente I. si deduce: 
1. L'erronea applicazione delle norme e della prassi procedimentale che regola la bonifica degli ordigni, assumendo che con l'invio della prima comunicazione al Comfod il Prefetto aveva assolto all'obbligo di intervenire e che il ricorso all'ordinanza straordinaria della Presidenza del Consiglio o del ministro dell'Interno non costituiva prassi prevista dalla legge o prassi discrezionale che potesse apparire necessaria anche senza la manifestazione della esistenza di una situazione di pericolo da parte delle autorità militari, situazione di pericolo che non era stata rappresentata nel caso di specie. 
2. Il vizio motivazionale in relazione alle circostanze del fatto e l'insussistenza della condotta che avrebbe consentito di impedire l'evento, contestando il calcolo operato in sentenza in relazione al periodo di due anni un mese e venti giorni per l'effettuazione delle ricerche (che si faceva decorrere dal 30.4.2011, data della lettere del m.llo G. al Prefetto), ribattendo che detto periodo si riduceva a soli sei mesi, intercorrenti tra il 22.11.2002, data dell'arrivo del sollecito del Ten. Col. T. del 15.11.2002 e la data dello scoppio e contestando la sussistenza del nesso di causalità tra le omissioni ascrivibili all'imputato e l'evento che non poteva dedursi dall'identità del luogo in cui la bomba era stata segnalata dal Be. e dove erano intervenuti gli artificieri con mezzi inadeguati, come ritenuto dalla sentenza impugnata. 
Nell'interesse della ricorrente B. si deduce: 
1. L'inosservanza ed erronea applicazione di legge relativamente alla posizione di garanzia del sindaco, non spettando all'imputata assumere i provvedimenti atti a prevenire e/o evitare l'esplosione dell'ordigno bellico, assumendo l'erroneità del percorso giuridico seguito dai giudici di merito, laddove ritiene che al Sindaco spetti una responsabilità concorrente con quella del Prefetto, sebbene questi sia organo ad esso sovraordinato e quindi con l'impossibilità di ravvisare una culpa in vigilando da parte dell'organo inferiore. Si contesta, altresì, l'assimilabilità della situazione di cui alla richiamata sentenza n. 16761 del 3.5.2010 a quella di specie poiché in quest'ultima vi era solo pericolo di calamità e non si era verificata l'emergenza o la catastrofe che avrebbe imposto (art. 15 comma 3 L. n. 225) l'intervento del Sindaco e questi non aveva i poteri impeditivi richiesti. 
2. L'inosservanza ed erronea applicazione di legge penale relativamente alla valutazione circa la sussistenza di un presupposto essenziale, quale la prevedibilità dell'evento, non essendo prevedibile al momento della condotta posta in essere dalla B. una situazione emergenziale quale il probabile scoppio dell'ordigno, rappresentando che il fatto che la lettera e la segnalazione fossero attendibili non valeva a determinare automaticamente quella situazione di pericolo e di emergenza richiesta dalla legge per l'intervento dell'Organo comunale con l'emissione di un'ordinanza di sgombero. 
3. L'inosservanza ed erronea applicazione della legge penale relativamente alla correttezza dell'operato posto in essere a seguito della segnalazione dell'ordigno esplosivo da parte della C. , rilevando come, a fronte delle argomentazioni della Corte territoriale al riguardo, con rispondesse a verità che il Sindaco, a seguito della segnalazione, si fosse disinteressato della questione bomba, avendo invece posto in essere una continua e costante opera di raccolta di informazioni operata nei confronti di Organo direttamente dipendente dalla Prefettura; evidenziando la correttezza del modus procedendi del Sindaco che si era attenuto al parere tecnico del Segretario comunale; osservando che il Sindaco si era risolto a contattare i Carabinieri a seguito di un'attenta ricognizione normativa che individuava tale organo come quello deputato ad interfacciarsi con la Prefettura. 
4. L'inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in ordine all'interpretazione del comportamento corretto alternativo che non poteva essere tratto, come avevano fatto i giudici di merito, dall'analogo caso "Miante" nel quale il Comune era stato direttamente investito di poteri e delegato in tal senso dalla Prefettura. 
5. L'inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in ordine alla valutazione della esigibilità del comportamento impeditivo. Questo, infatti, spettava al Prefetto; né l'inerzia, presupposto del sollecito, era conosciuta o conoscibile da parte del sindaco. 
6. L'inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione all'interpretazione del reato di cui agli artt. 434-449 c.p., contestando l'inquadrabilità del fatto del crollo colposo nell'ipotesi criminosa del disastro colposo previsto da tali norme, non vertendosi in un caso di pericolo di dimensioni tali da riguardare un numero indeterminato di soggetti. 
È stata depositata una memoria difensiva nell'interesse della parti civili S.S. e F.G. a sostegno dell'impugnata sentenza e tesa ad invocare l'inammissibilità o il rigetto dei ricorsi. 

Considerato in diritto 

I ricorsi sono infondati e vanno respinti. 
Non ricorrono le evidenti condizioni che consentano una formula assolutoria ampia nel merito ai sensi dell'art. 129, 2 comma c.p.p. e correttamente sono state confermate le statuizioni civili. 
Anzi, l'infondatezza si pone quasi al limite dell'inammissibilità. 
Invero sono state riproposte, specie nell'interesse della B. , sostanzialmente le medesime censure rappresentate dinanzi al giudice di appello che le ha disattese con motivazione congrua, ampia ed esente da vizi logici o giuridici. Per altro verso, quasi tutte le censure (salvo, segnatamente, quella suo 6 nell'interesse della B. ), anche quelle ammantate dalla violazione di legge, concernono la ricostruzione e la valutazione del fatto, nonché l'apprezzamento del materiale probatorio, profili del giudizio rimessi alla esclusiva competenza del giudice di merito. 
Per il resto si osserva. 
La legge 225/92 ha istituito il Servizio Nazionale della Protezione Civile, avente la finalità di tutelare l'integrità della vita, i beni, gli insediamenti e l'ambiente dai danni o dal pericolo di danni, derivanti da calamità naturali, da catastrofi e da altri eventi calamitosi (art. 1); le attività di protezione civile erano tutte quelle volte alla previsione e alla prevenzione delle varie ipotesi di rischio, al soccorso delle popolazioni sinistrate, nonché quelle necessarie e indifferibili, dirette a superare l'emergenza connessa ad eventi e calamità naturali (art. 3); l'attività di previsione e prevenzione consisteva nelle attività dirette allo studio e alla determinazione delle cause dei fenomeni calamitosi, alla identificazione dei rischi e alla individuazione delle zone del territorio soggette ai rischi stessi (art.3 comma 2) e in quelle volte ad evitare o a ridurre al minimo la possibilità che si verificassero danni conseguenti agli eventi, anche sulla base delle conoscenze acquisite per effetto della attività di previsione (art. 3 comma 3). 
Con l'entrata in vigore di questa legge il tema della protezione civile - oltre ad essere essa espressamente estesa anche agli eventi connessi con l'attività dell'uomo non previsti dalla legge del 1970 (anche se da ritenersi implicitamente ricompresi) - inizia ad essere regolato da una disciplina organica anche per quanto riguarda la tipologia degli eventi presi in considerazione, i compiti della protezione civile e la ripartizione delle competenze che era sostanzialmente estranea alla precedente disciplina. Proprio in tema di ripartizione delle competenze inizia a delinearsi un processo (che la normativa degli anni successivi accentuerà) che fa venir meno il "modello centralizzato per una organizzazione diffusa a carattere policentrico" (così Corte cost., 28 marzo 2006 n. 129 che richiama analoghi concetti espressi nel precedente della medesima Corte 30 ottobre 2003 n. 327). 
È inoltre da rilevare che con la Legge del 1992 inizia a delinearsi un concetto più ampio di protezione civile che ricomprende anche le attività di previsione e prevenzione delle varie ipotesi di rischio; la previsione e la prevenzione erano temi sostanzialmente estranei alla L. n. 996 del 1970 anche se iniziavano a trovare una limitata disciplina nel regolamento del 1981 (il cui art. 1 finalmente precisa che la protezione civile concerne anche "la prevenzione degli eventi calamitosi mediante l'individuazione e lo studio delle loro cause"). Con l'entrata in vigore della Legge del 1992, la protezione civile inizia a configurarsi come organizzazione autonoma con organi propri. Con questa legge viene istituito il Servizio nazionale della protezione civile (art. 1) e vengono distinte tre tipologie di eventi (art. 2, lett. a, b e c) che, in via di prima sintesi, si riferiscono, quanto agli eventi di cui all'art. 2, lett. a), a quelli che, se limitati all'ambito comunale e fronteggiabili con i mezzi a disposizione del comune, non richiedono l'intervento di altri organi. Per gli eventi di cui alle lett. b) e e) previsti dall'art. 2 v'è invece, come si vedrà, una sovrapposizione di attribuzioni e compiti tra prefetto e sindaco. 
L'art. 14 della legge - che disciplina le attribuzioni del prefetto - prevede infatti, tra l'altro (comma 2, lett. b), che al verificarsi di uno di questi eventi il prefetto "assume la direzione unitaria dei servizi di emergenza da attivare a livello provinciale, coordinandoli con gli interventi dei sindaci dei comuni interessati" e (lett. c) "adotta tutti i provvedimenti necessari ad assicurare i primi soccorsi". 
L'art. 15 disciplina (oltre alle competenze del comune) le attribuzioni del sindaco al quale attribuisce la qualità di "autorità comunale di protezione civile" che (come appunto nel caso in esame), al verificarsi dell'emergenza nell'ambito del territorio comunale, "assume la direzione e il coordinamento dei servizi di soccorso e di assistenza alle popolazioni colpite e provvede agli interventi necessari dandone immediata comunicazione al prefetto e al Presidente della Giunta regionale." (comma 3). 
L'art. 15, al comma 4 prevede poi che "quando la calamità naturale o l'evento non possono essere fronteggiati con i mezzi a disposizione del comune, il sindaco chiede l'intervento di altre forze e strutture al prefetto, che adotta i provvedimenti di competenza, coordinando i propri interventi con quelli dell'autorità comunale di protezione civile". 
È da rilevare che l'art. 21 della legge prevede l'abrogazione di "tutte le norme non compatibili con le disposizioni della presente legge" e quindi lascia aperto il problema della sopravvivenza di alcune disposizioni della L. n. 996 del 1970 e, soprattutto, di quelle del regolamento del 1981 non essendo stato emanato alcun regolamento di esecuzione della L. n. 225 del 1992 (che peraltro neppure prevede - salvo quello previsto dall'art. 20 che riguarda la disciplina delle ispezioni - l'emanazione di regolamenti di esecuzione). 
Successivamente, il D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112, emanato in base alla delega contenuta nella L. 15 marzo 1997, n. 59, ha disciplinato anche il trasferimento delle funzioni in tema di protezione civile che sono state in gran parte attribuite alle regioni e agli enti locali. 
L'art. 107 descrive le funzioni mantenute allo Stato mentre l'art. 108 descrive quelle attribuite a regioni, province e comuni. La lett. a) descrive le competenze delle regioni, la lett. b) quelle delle province e la lett. c) indica le funzioni conferite ai comuni - peraltro in gran parte già attribuite al sindaco in base alla normativa ricordata - ma con un significativo ampliamento delle funzioni riguardanti la previsione e la prevenzione. 
Questa Suprema Corte ha avuto modo di occuparsi della specifica materia evidenziando gli obblighi in materia incombenti sul Sindaco e sul Prefetto, affermando che "...al Sindaco, quale autorità locale di protezione civile e nell'ambito del territorio comunale, compete la gestione dell'emergenza provocata da eventi naturali o connessi con l'attività dell'uomo, di calamità naturali o catastrofi; se questi eventi non possono essere fronteggiati con i mezzi a disposizione del comune, questi è tenuto a chiedere l'intervento di altri mezzi e strutture al prefetto, che adotta i provvedimenti di competenza coordinandoli con quelli del sindaco le cui attribuzioni hanno natura concorrente (e non residuale) con quelle del prefetto che ne ha la direzione. Ne consegue che in tale ultima evenienza, fino a quando il prefetto non abbia concretamente e di fatto assunto la direzione dei servizi di emergenza, il sindaco mantiene integri i suoi poteri e gli obblighi di gestione dell'emergenza ed in particolare quelli di allettamento ed evacuazione delle popolazioni che si trovino nelle zone a rischio, indipendentemente dall'esistenza di una situazione di urgenza" (cfr. la sopra richiamata sentenza n. 16761 del 3.5.2010, Catalano ed altri, rv. 247015). In definitiva, sono incontestabili le posizioni di garanzia che entrambi i ricorrenti, per legge, ricoprivano in occasione della vicenda in esame. 
Ma se il Sindaco, destinatario di una informativa che rappresentava come certa l'esistenza di un ordigno bellico interrato in zona sia pur approssimativamente indicata, è incorso nell'omissione di iniziative evidenziate nella sentenza impugnata e richiamate nella sopra esposta narrativa, di certo il Prefetto non è stato da meno, avendo del tutto ignorato le missive del ten. col. T. , così di fatto impedendo la naturale progressione del procedimento di intervento che subiva un arresto fatale sino alla deflagrazione dell'ordigno, che altrimenti avrebbe potuto essere tempestivamente individuato e disinnescato. 
Ci si trova, insomma, in cospetto di comportamenti non solo non conformi a quella tempestività e fattività che la situazione richiedeva ma anzi, a ben vedere, ai limiti dell'incoscienza, dal momento che l'esistenza dell'ordigno era stata da tempo (1995, al Sindaco e 2001 al Prefetto) segnalata in prossimità di una strada su cui transitavano famiglie e situata nei pressi di ben tre case, né era necessaria una sacramentale dichiarazione di pericolosità da parte delle autorità militari competenti (che, del resto, giammai avevano escluso l'esistenza della bomba e quindi l'assenza di rischi), trattandosi di situazione gravemente e palesemente pericolosa di per sé e, come tale, del tutto prevedibile, come appunto ritenuto dal Giudice a quo: invero, si trattava di una bomba d'aereo dell'ultimo conflitto mondiale, come tale giacente in loco da oltre 60 anni ad 1 o 2 metri sotto il piano calpestabile, che, a causa di una sommatoria di fattori era stata rimossa dall'originaria posizione sub-orizzontale di quiete sino ad inclinarsi ulteriormente in avanti l'ogiva (con attivazione dell'ampolla di acetone che ne costituiva la spoletta detonante) e che le opportune e tempestive trivellazioni con carotaggi da 5 a 8 metri, omesse a causa della condotta colposa degli imputati, avrebbero consentito di individuare tempestivamente. 
Né il palleggiamento delle responsabilità, per vero svolto prevalentemente in via unidirezionale dalla difesa del Sindaco nei confronti del Prefetto, può avere miglior sorte, dal momento che, come già evidenziato dalla Corte territoriale, "La cooperazione nel delitto colposo si distingue dal concorso di cause colpose indipendenti per la necessaria reciproca consapevolezza dei cooperanti della convergenza dei rispettivi contributi, che peraltro non richiede la consapevolezza del carattere colposo dell'altrui condotta in tutti quei casi in cui il coinvolgimento integrato di più soggetti sia imposto dalla legge ovvero da esigenze organizzative connesse alla gestione del rischio o, quantomeno, sia contingenza oggettivamente definita della quale gli stessi soggetti risultino pienamente consapevoli" (Cass. pen. Sez. IV, n. 1786 del 2.12.2008 Rv. 242566), come, appunto, deve ritenersi valga nel caso di specie. 
Quanto all'integrazione del reato contestato, si osserva quanto segue. 
Giova premettere che l'art. 434 c.p. - richiamato dall'art. 449 c.p. - prevede congiuntamente il delitto di crollo doloso di costruzioni e il delitto di disastro doloso innominato (alias, altro disastro), ed è ricompreso tra i delitti di comune pericolo mediante violenza (Libro 2, Titolo IV, Capo I, artt. da 422 a 437 c.p.). 
Orbene, secondo i principi giuridici affermati da questa Corte di Cassazione, il delitto di cui agli artt. 449 e 434 c.p., contestato agli odierni ricorrenti richiede un avvenimento grave e complesso con conseguente pericolo (ovvero, circostanza o complesso di circostanze da cui si teme che possa derivare grave danno: Treccani) per la vita o l'incolumità delle persone indeterminatamente considerate al riguardo; è necessaria una concreta situazione di pericolo per la pubblica incolumità nel senso della ricorrenza di un giudizio di probabilità relativo all'attitudine di un certo fatto a ledere o a mettere in pericolo un numero non individuabile di persone, anche se appartenenti a categorie determinate di soggetti; ed inoltre, l'effettività della capacità diffusiva del nocumento (c.d. pericolo comune) deve essere, con valutazione ex ante, accertata in concreto, ma la qualificazione di grave pericolosità non viene meno allorché, eventualmente, l'evento dannoso non si sia verificato. 
In coerenza con tali principi, è necessario ancorare l'accertamento del requisito essenziale del delitto de quo, non già all'avvenuto verificarsi dell'evento dannoso, collegato eziologicamente alla condotta colposa degli imputati, bensì alla effettiva capacità diffusiva del pericolo per la pubblica incolumità, dalla quale il crollo o il disastro innominato colposo (espressione che rappresenta una formula sommaria capace di assumere nel linguaggio comune una gamma di significati ampiamente diversificati) deve essere caratterizzato. 
Deve aversi riguardo, pertanto, alla prospettiva ex ante dell'accertamento al fine di verificare se il fatto contestato abbia avuto attitudine a mettere in pericolo un numero indefinito di persone e di cose, in quanto essa si pone in logica correlazione con la nozione di pericolo come realtà futura che si presenta necessariamente incerta, anche se probabile. Ne consegue la logica conclusione che la prova del pericolo non debba essere traslata da quella dell'avvenuto danno cagionato dalla condotta colposa, in quanto si andrebbe incontro inevitabilmente ad una contraddizione in punto di diritto, quella, cioè, di travisare la vera natura del delitto di crollo totale o parziale di edificio o di disastro innominato colposo, di cui all'art. 449 c.p., negandone l'appartenenza al genus dei delitti colposi di comune pericolo, il quale richiede - per effetto del richiamo alla nozione di altro disastro preveduto dal capo I del titolo VI del libro 2^ del codice penale, del quale fa parte l'art. 434 c.p. - soltanto la prova che dal fatto derivi un pericolo per la incolumità pubblica e non necessariamente anche la prova che derivi un danno (cfr. Cass. pen. Sez. IV, n. 19342 del 20.2.2007, Rv. 236410; Sez. I, n. 47475 del 29.10.2003, Rv. 226459). 
La richiamata sentenza di questa Corte n. 18977 del 9.3.2009 (Rv. 244043), esclude che possano configurare il reato in questione condotte colpose integranti il pericolo di crollo di una costruzione che, pertanto, assume non siano previste dalla legge come reato. Per giungere a tale conclusione, assume che il disastro colposo innominato (ipotizzato dal giudice di merito a seguito di quella vicenda portata all'esame di questa Corte), che costituisce - al pari di quello nominato - un evento fortemente connotato sul piano naturalistico e contrassegnato da forza distruttiva di dimensioni assai rilevanti, non riesce in alcun modo a distinguersi dalla fattispecie di pericolo di crollo ed appare quindi piuttosto come il frutto di uno sforzo creativo, obliterando i principi di determinatezza e di frammentarietà ed accreditando il pericoloso ruolo creativo della giurisprudenza penale paventato anche dalla sentenza della Corte costituzionale n. 327 del 2008. 
Non si ritiene di condividere integralmente siffatto orientamento. 
Invero, la previsione di altro disastro senza ulteriore specificazione, se indubbiamente implica, essendo il termine illuminato dalla finalità dell'incriminazione e dalla sua collocazione nel sistema dei delitti contro la pubblica incolumità, un evento diverso ma comunque omogeneo, sul piano delle caratteristiche strutturali, rispetto ai disastri contemplati negli articoli compresi nel capo relativo ai delitti di comune pericolo mediante violenza, non per questo preclude la configurabilità di qualsiasi situazione, senza eccezioni, che presenti tali caratteristiche anche se di imminente e potenzialmente assai probabile manifestazione, in cui cioè, il rischio o pericolo di crollo ceda il posto alla quasi certezza dell'evento. 
Sicché non può escludersi dal novero delle variegate ipotesi fattuali anche quella (concernente il caso in esame) in cui si sia verificata, per effetto dell'esplosione di un ordigno bellico, la definitiva compromissione delle strutture essenziali della costruzione che si presenti talmente fatiscente (come nel caso di specie), da consigliarne l'artata demolizione totale o parziale ad opera dell'uomo: invero, questa costituisce una mera anticipazione dell'autonomo evento ritenuto tecnicamente inevitabile in un frangente successivo, che s'impone come indispensabilmente cautelare al fine di preservare proprio quell'incolumità pubblica alla cui salvaguardia la norma è preposta. Inoltre, non va sottaciuto che se nella vicenda che ci occupa le lesioni erano evidenti ed era stata compromessa la stabilità della costruzione, deve ragionevolmente inferirsi che siano anche venute meno parti delle strutture portanti dell'edificio stesso. 
In tale fattispecie si è ben al di là dalla fattispecie del pericolo di crollo, vertendosi in una situazione in cui la residuale staticità dell'immobile è frutto di una mera convergenza di fattori accidentali favorevoli, ponendosi, comunque, quale concreto ed attuale pericolo per la pubblica incolumità. 
Per giunta, si deve ritenere che già l'esplosione dell'ordigno bellico rappresenti di per sé un disastro innominato colposo idoneo a porre in pericolo l'incolumità di un numero indefinito di persone e di cose per quanto sovra rilevato (v. pagg. 9-10) e, al contempo, abbia provocato gravissimi danni strutturali agli immobili interessati atti ad integrare il crollo parziale delle costruzioni ai sensi dell'art. 434 c.p. (che non richiede necessariamente la disintegrazione delle strutture essenziali dell'edificio: cfr. Cass. pen. Sez. IV, n. 2390 del 13.12.2011, Rv. 251749), con ulteriore pericolo a persone e cose. 
L'effettività della capacità diffusiva del nocumento (c.d. pericolo comune) deve essere accertata in concreto. Nel caso di specie, l'apprezzamento della gravità delle condizioni degli immobili, con particolare riguardo a quello S. e F. , è stato effettuato dalla Corte territoriale con riferimento alle fotografie scattate dalla P.G. dopo la deflagrazione, agli accertamenti effettuati nell'immediatezza dei fatti e di quelli peritali (p. 26 sent.). 
Si tratta di valutazioni di fatto riservate esclusivamente al Giudice di merito, sicché le considerazioni di segno contrario svolte sul punto dalla difesa della B. , mirando a sovrapporre una diversa vantazione delle risultanze processuali rispetto a quella compiuta, con congrua motivazione, dai Giudici di merito, s'appalesa improponibile nel giudizio di legittimità. 
Né la qualificazione di grave pericolosità può venire meno per il fatto che le condizioni degli immobili fossero Gravemente compromesse e non avessero provocato, per una coincidenza favorevole, danno alle persone. Ciò che rileva è che certamente fosse ravvisabile, con valutazione "ex ante", la probabilità (cioè il pericolo o rischio) della produzione di un danno notevole per la vita o l'incolumità delle persone. 
I ricorsi vanno, pertanto, rigettati e, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., a tale pronuncia deve seguire la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali oltre alla rifusione delle spese in favore delle parti civili, relative a questo giudizio di Cassazione, liquidate come in dispositivo. 

P.Q.M. 

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti ciascuno al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese in favore delle parti civili per questo giudizio di cassazione, liquidate in Euro 3.000,00 oltre accessori come per legge.  

Fonte: http://www.avvocatopenalista.org/sentenza.php?id=8483

Trappeto. Teneva un ordigno bellico funzionante in casa, arrestato


Teneva in casa un residuo bellico della seconda guerra mondiale, carico di esplosivo.
L'uomo, 38 anni, residente a Trappeto, è stato arrestato dai carabinieri del nucleo radiomobile della compagnia di Partinico per ricettazione e detenzione illegale di materiale esplodente.
Il munizionamento militare pesava circa 5 Kg ed aveva un diametro di 37 cm.
Ma cosa ancora più grave, il detentore teneva il residuo bellico in mostra nella propria abitazione, come ornamento, accanto al forno a legna che, se acceso – sostengono le forze dell’ordine – avrebbe potuto provocare una strage.
I militari lo hanno individuato nel corso di una perquisizione domiciliare.
Il fermato, già conosciuto alle forze dell’ordine per vari precedenti penali, sono immediatamente scattate le manette.
L’uomo è stato rinchiuso nella casa Circondariale Ucciardone di Palermo. Fonte: http://www.teleoccidente.it/wp/trappeto-teneva-un-ordigno-bellico-funzionante-in-casa-arrestato/#sthash.JPIqg1Ui.dpuf

Campagna sensibilizzazione sul tema ordigni inesplosi promossa dall'ANVCG

Piave, ordigno da 50 kg


Recuperati 10 quintali di pesci sul Piave, trovato ordigno da 50 kg

La Polizia Provinciale di Treviso, nel corso di operazioni rivolte al liberare 10 quintali pi pesci intrappolati in una secca del ramo destro del fiume, in località Maserada, rinviene un 149 mm forse, risalente la prima guerra mondiale.  

La Polizia Provinciale di Treviso, nel corso di operazioni rivolte al liberare 10 quintali pi pesci intrappolati in una secca del ramo destro del fiume, in località Maserada, rinviene un 149 mm forse, risalente la prima guerra mondiale.  

Trovata bomba a mano sul greto dello Judrio


Una bomba a mano è stata rinvenuta da alcuni giovani sul greto dello Judrio a Cormons, in località Molin Nuovo. Intervenuti sul posto i carabinieri della stazione di Cormons, che hanno isolato l'area. L’ordigno era adagiato tra alcune pietre emerse in seguito alla secca del fiume. Nessuna conseguenza per i ragazzi che hanno notato lo strano oggetto, evitando accuratamente di toccarlo e dando subito l'allarme. Si tratta, come è possibile vedere nelle foto fatteci pervenire dal lettore Massimo Coloso, di una granata tipo "ananas", che non sembra essere troppo antica. L'ultima parola spetterà agli artificieri, incaricati di rendere inoffensivo l'ordigno e di stabilirne la provenienza. Fonte: http://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/cronaca/2014/06/19/news/trovata-bomba-a-mano-sul-greto-dello-judrio-1.9453136#gallery-slider=1-9453238
http://ilpiccolo.gelocal.it/

Aurano: disinnescata bomba da mortaio


Gli specialisti del 32° reggimento genio della brigata alpina Taurinense hanno neutralizzato oggi pomeriggio una bomba da mortaio da 75 mm di calibro, ritrovata in una zona boschiva di Aurano. L’ordigno era ancora in grado di esplodere, motivo per cui gli artificieri sono accorsi da Torino su segnalazione delle forze dell’ordine, le quali hanno attivato una procedura consolidata che prevede il pronto intervento urgente dei militari dell'Esercito su richiesta della Prefettura. Dopo aver riconosciuto l'ordigno i genieri alpini del 32° lo hanno distrutto per brillamento in un'area sicura. Per gli specialisti della brigata alpina Taurinense - che vantano una preziosa esperienza maturata anche nelle missioni all'estero - si tratta del 66° intervento dall’inizio dell’anno nell’ambito della bonifica del territorio da residuati bellici in Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta. Lo scorso 17 aprile un ordigno simile fu ritrovato e distrutto dagli artificieri del 32° genio a Falmenta, nel territorio della provincia. Il 32° reggimento genio guastatori costituisce la risorsa dedicata alla mobilità, contro mobilità, schieramento e supporto al combattimento della brigata alpina Taurinense; interviene quando richiesto in attività a supporto della popolazione in caso di calamità naturale ed è una delle 12 unità dall'Arma del Genio che hanno l’incarico esclusivo di bonificare il territorio nazionale dai numerosi residuati bellici ancora esistenti e pericolosi La Forza Armata grazie alla capacità “dual-role” dei propri reparti genio, oltre all’impiego operativo nelle missioni internazionali, è in grado d'intervenire nei casi di pubbliche calamità ed utilità, in ogni momento, su tutto il territorio italiano a supporto della comunità nazionale. Fonte: http://www.tuttonotizie.info/notizie1/ultime-notizie-di/cronaca/24490-aurano-disinnescata-bomba-da-mortaio.html

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Merone: una bomba in cantiere, allertati gli artificieri


MERONE – Un ritrovamento davvero insolito quello fatto dagli operai che stavano lavorando, come ormai da qualche mese a questa parte, ai lavori di ristrutturazione del Cavo Diotti. Intorno alle 10, infatti, è stata avvistata, tra i sassi del fondo dove prima scorreva l’acqua in uscita del lago di Pusiano, un ordigno bellico e, più precisamente, una ogiva da mortaio della grandezza di circa 30 centimetri. La bomba, probabilmente sganciata da qualche aereo, è risalente alla Seconda Guerra mondiale ma solo grazie ai lavori è tornata “a galla”. Fonte: http://www.erbanotizie.com/cronaca/una-bomba-al-cavo-diotti-cantiere-fermo-in-attesa-degli-artificieri-33614/
http://www.erbanotizie.com/

giovedì 19 giugno 2014

Pesaro / Bomba di 500 chilogrammi rimossa dai palombari


PESARO - Il Nucleo S.D.A.I. (Sminamento Difesa Antimezzi Insidiosi) , del Gruppo Operativo Subacquei di Comsubin, è intervenuto a Baia di Vallugola (Pesaro) a seguito della segnalazione, pervenuta da parte di un subacqueo ricreativo, della presenza in mare di un probabile ordigno inesploso.
Con la  prima immersione degli operatori dello SDAI l’oggetto segnalato è stato identificato  quale bomba d’aereo italiana da 500 Kg dotata di doppia spoletta e risalente al secondo conflitto mondiale. Le operazioni di rimozione della bomba, già intrinsecamente delicate e rischiose, sono state ulteriormente complicate dal limitato battente d’acqua di 1,7 metri che impediva l’utilizzo dei normali sistemi di sollevamento dal fondo. Gli operatori si sono visti costretti ad approntare un sistema speditivo costituito da una struttura galleggiante, dotata di un apparato per il sollevamento meccanico, che ha permesso di staccare l’oggetto dal fondo.
La pericolosità dell’ordigno, probabilmente innescato, e le particolari procedure adottate per la sua rimozione hanno reso necessario che fosse evacuata parte del Comune di Vallugola.
Terminata la fase di rimozione si è proceduto al rimorchio della bomba in mare aperto dove, a circa 2 miglia dalla costa, gli uomini di Comsubin vi hanno applicato una contro carica e l’hanno fatto brillare adottando le classiche misure previste per la salvaguardia della fauna marina.

E’ importante segnalare il lodevole senso civico di tutti coloro che, imbattendosi in un oggetto riconducibile ad un artifizio esplosivo, contattano immediatamente, per la salvaguardia di tutti, le autorità competenti (Capitaneria di Porto e Carabinieri) a richiedere l’intervento del Gruppo Operativo Subacquei del Raggruppamento Subacquei ed Incursori Teseo Tesei.
Fonte: http://www.agoramagazine.it/it/cronaca/pesaro-bomba-di-500-chilogrammi-rimossa-dai-palombari.html
http://www.agoramagazine.it/

Bombe d'aereo verranno fatte brillare in Porto


Il 20 giugno, ad orario da stabilirsi a seconda delle condizioni meteorologiche, inizieranno le operazioni relative al brillamento della prima bomba d'aereo da 100 lbs a caricamento al fosforo, facente parte del gruppo di ordigni bellici - 4 bombe da 100 lbs e n. 4 proiettili d'artiglieria- rinvenuti nel Porto di Ancona, durante i lavori di ricognizione del fondale marino.L'intervento di bonifica molto complesso, avverrà in mare aperto e sarà effettuato dal Nucleo specializzato della Marina, SDAI di Ancona e dagli artificieri del Reggimento Genio Ferrovieri di Castel Maggiore (BO).
Un apposito comitato composto da rappresentanti della Prefettura-U.T.G. di Ancona, della Capitaneria di Porto, del Nucleo SDAI di Ancona e degli artificieri del Reggimento Genio Ferrovieri di Castel Maggiore (BO), verrà attivato presso la Capitaneria di Porto per il coordinamento di tutte le operazioni concernenti l'evento di brillamento.
dalla Prefettura
Ufficio Territoriale del Governo di Ancona
Fonte: 
http://www.vivereancona.it/index.php?page=articolo&articolo_id=478962

LA GUERRA IL VERO CRIMINE CONTRO L'UMANITA DEL PRESENTE E DEL FUTURO



Nel Darfur da tempo senza più regole, la morte attende per strada, celata da pochi centimetri di terreno o nascosta tra cespugli o piante. Il primo vero conflitto il paese lo patisce per 17 anni (1955/1972). sud contro nord, religioni contro altre religioni, poteri contro altri poteri. Passano pochi anni, nel 1953 è ancora guerra. Nel 1983 un colpo di Stato crea le condizioni per altre guerriglie che nel 2003 si trasformano nella seconda guerra civile che termina nel 2006. Di più, stendendo un pietoso, velo che copra i nomi dei fornitori d'armi, anche pesanti, alle milizie contrapposte, potremmo tuttavia chiederci cosa l'Italia, L'Europa, gli Stati Uniti avrebbero “fattivamente” fatto per lo sminamento a Darfur in questi anni rosso sangue. La guerra uccide, militari, donne, bambini. La guerra rende lo stupro umiliazione consentita. La guerra che nasce con finalità politiche cresce e termina con lo scopo di “sodomizzare”, ciò che resta dello spirito, della coscienza del popolo sconfitto. A guerra conclusa qualcuno si accorge durante i conflitti potrebbero esserci stati casi di genocidio. Poi come canta mina: “parole, parole, solo parole. Oggi a Darfur l'ex guerra continua a pretendere le sue vittime. Non passano settimane senza ricevere notizie di bambini uccisi da piccole bombe, raccolte per gioco. Il sedici maggio, racconta Radio Dabanga, in località Mukjar, muoiono altri quattro fratellini: Adam Suleiman Ismail (12) anni, Abakar (10), Fatima (7), e Halima (5). il giorno successivo la morte da residuato bellico inesploso e venduto da ignoti chissà come a chissà chi, uccide due giovani donne, ma se fossero state anziane la morte non sarebbe stata meno ingiusta. Forse sarebbe ora, viste le grandi guerre d'Africa di non tentare più alcuna giustificazione ai conflitti in corso, di non cercare genocidi e crimini di guerra post-datati, ma di considerare la guerra stessa in ogni suo corso, l'unico, vero, indiscutibile crimine contro l'umanità del presente e del futuro.
Giovanni Lafirenze    


I cunicoli? Erano «fornelli da mina»


di Mariella Gugole
Sono tre «fornelli di mina» realizzati dal 5° Genio militare 91° compagnia e risalenti alla prima guerra mondiale i misteriosi cunicoli scoperti tre settimane fa a Vestenavecchia durante i lavori di scavo sulla strada provinciale semidistrutta dalla frana alle pendici del colle di S. Antonio. Increduli persino gli artificieri di fronte a residuati bellici di tale portata e anche allarmati, in un primo momento, per i rischi e la sicurezza del cantiere.
«Questa è roba nostra», ha esclamato l'ufficiale del Genio militare del 5° Reparto Infrastrutture di Padova, specializzato nella bonifica da ordigni esplosivi residuati bellici interrati, quando ha letto l'incisione mezza cancellata sul tombino di pietra che copre il cunicolo centrale e che nessuno aveva notato prima. Un'immagine inquietante i tre cunicoli scoperchiati e messi a nudo su una strada che da due anni a questa parte ne ha viste di tutti i colori. E pensare che la Provincia, con la Dapam di Brescia, avrebbe dovuto consegnare proprio ieri la nuova arteria alla popolazione.
Due ore con il fiato sospeso per il sindaco Edo Dalla Verde e il direttore dei lavori Ugo Franceschetti, geologo della Provincia. Il timore era fondato: blocco dei lavori per bonifica e ulteriore aggravamento dei costi. Solo scendendo nei cunicoli si potevano avere risposte certe. E così è stato: profondità, buone condizioni del fondo dei cunicoli e nessun reperto visivo, hanno consentito di togliere qualsiasi riserva all'ufficiale del Genio militare circa i lavori. Un vero sollievo per il sindaco, quando ha avuto la certezza che il cantiere sarebbe ripartito: «Devo prima di tutto ringraziare il prefetto Perla Stancari e, soprattutto, scusarmi per quanto è intercorso fra noi in questi giorni. Il suo intervento è stato prezioso e determinante per mettere fine a questa attesa lunga settimane. Ora abbiamo anche il conforto di sapere che la strada sarà ultimata; se devo essere sincero, avevo pensato al peggio. I cittadini non meritano ulteriori rinvii».
Quella che ora è la provinciale 36 della Collina, secondo testimonianze verbali e ricostruzioni storiche, era stata una carreggiabile o una camionabile, costruita durante la Grande Guerra dal Genio militare e rappresentava, in questa parte del Veneto, la seconda linea del fronte, ossia una retrovia difensiva. In caso di rotta della prima linea il conflitto sarebbe sceso in Lessinia con tutto ciò che ne poteva conseguire.
L'esercito aveva deciso che quello era un punto strategico per fermare l'avanzata. Dunque la fase successiva alla preparazione dei cunicoli doveva essere il riempimento dei fornelli di mina con la polvere nera e la miccia di innesco per far saltare la strada e probabilmente la stessa chiesetta di S. Antonio, che sta a monte. L'opera bellica è intatta e ben conservata; non ci sono stati ritrovamenti e quindi, anche se il metal detector ha segnalato materiale ferroso, ciò è addebitabile ai pioli in ferro che fungono da scaletta. Tuttavia gli esperti non escludono al 100 per cento la presenza sotterranea di residuati bellici. 
Gli artificieri hanno ispezionati due dei tre cunicoli, armati all'esterno di filo spinato: quello posto al centro è il più profondo (5 metri) e sul fondo presenta un piccolo corridoio e un'altra camera, orientata a valle, perpendicolare alla frana, a forma di L e coperta d'acqua. I due cunicoli laterali sono invece profondi 3,5 metri.
A ispezione terminata, oltre al sindaco hanno accolto la buona notizia anche i tecnici della Provincia e i vertici della Prefettura, perché il blocco dei lavori aleggiava pesantemente su quella strada che, come una tela di Penelope, avanza e arretra all'infinito. Per fortuna è andata bene, e le travi prefabbricate sono già pronte per essere impiantate sopra il supporto che compatterà il «solettone» sopra la frana.
Ma quei cunicoli scavati cento anni fa nelle viscere del colle, e che tanta curiosità hanno sollevato in queste settimane, possono avere qualche responsabilità per la frana che ha squarciato mezzo monte? È probabile.
A detta dei geologi, è possibile che queste strutture siano state la concausa dei cedimenti prodotti da anomali infiltrazioni d'acqua che, non a caso sono, corrispondono esattamente alla posizione dei tre tombini visibili in superficie e in particolare alla camera di prolungamento del cunicolo principale. Fra gli addetti ai lavori, dopo due sospensioni dei lavori in poche settimane, ora nessuno vuole più sbilanciarsi sui tempi di risanamento della frana di S. Antonio. Di certo i cunicoli saranno tombati. Fonte: http://www.larena.it/stories/2596_val_dalpone/762474_i_cunicoli_erano_fornelli_da_mina/
http://www.larena.it/    FOTOSERVIZIO AMATO



mercoledì 18 giugno 2014

Carugo, lavori alla fognatura Il Comune va a caccia di bombe


A caccia di ordigni bellici inesplosi lungo i binari della ferrovia. L’amministrazione comunale sta organizzando il monitoraggio della zona attigua alla stazione delle Nord per condurre un’operazione di bonifica dalla presenza di eventuali bombe risalenti alla seconda guerra mondiale. L’intervento è indispensabile per poter avviare – finalmente - i lavori di costruzione della nuova fognatura che collegherà la via Parini alla via Marconi, passando sotto alla strada ferrata.
«Una questione seria»
«La cosa può far sorridere di primo acchito – commentaAlberto Viganò, assessore ai lavori pubblici -, ma pensandoci bene siamo di fronte a una questione molto seria. Per iniziare a scavare nei pressi dei binari, infatti, abbiamo dovuto inoltrare la segnalazione al Genio Militare di Padova».
L’articolo completo sul giornale in edicola. Fonte: http://www.laprovinciadicomo.it/stories/Cronaca/carugo-lavori-alla-fognatura-il-comune-va-a-caccia-di-bombe_1063663_11/

Rimini: nel corso dei lavori, trova una granata di 30 cm


Nuovo ordigno bellico ritrovato nelle campagne di Rimini. La scoperta effettuata alle 17 di martedì da un imprenditore edile, nel corso dei lavori effettuati in via Casalecchio. L'ordigno, una granata di 30 cm, era in pessimo stato di conservazione. La zona è stata messa in sicurezza dai Carabinieri, che hanno poi allertato la Prefettura per le operazioni di brillamento. Fonte: http://www.altarimini.it/News68079-rimini-nel-corso-dei-lavori-trova-una-granata-di-30-cm.php

La Marina militare scansiona i fondali del porto: forse individuati nuovi ordigni bellici


La Marina militare scansiona i fondali del porto: forse individuati nuovi ordigni bellici

di Gianluca Greco
BRINDISI – Potrebbero annidarsi anche degli ordigni bellici fra i 18 corpi estranei rilevati in questi giorni sui fondali di Brindisi, da una squadra della Marina Militare impegnata nel  Pon “Sicurezza per lo sviluppo”: progetto finalizzato a migliorare la sicurezza delle acque portuali delle regioni meridionali strette nella morsa delle organizzazioni criminali (Puglia, Campania, Calabria e Sicilia). Tale obiettivo viene raggiunto attraverso un’attività di controllo, monitoraggio e mappatura dei fondali portuali e costieri, l’identificazione e rimozione degli oggetti non riconducibili all’ambiente marino e la realizzazione di un database dei fondali. I costi di questo intervento sono coperti per il 50% con risorse provenienti dal Fondo europeo di sviluppo regionale e per il restante 50 % con fondi nazionali assegnati al ministero degli Interni. La squadra specializzata della Marina militare è arrivata a Brindisi martedì, dopo aver mappato e bonificato i porti di Bari e Taranto. Una dimostrazione del lavoro svolto dai militari è stata fornita stamani nello specchio d’acqua del Seno di Ponente antistante al castello Svevo, a margine di una conferenza in cui sono stati illustrati i dettagli del piano, dall’ammiraglio di squadra Ermenegildo Ugazzi, comandante della Marina Sud, dal capitano di vascello Francesco Giangregorio, capo ufficio Servizi di presidio, e dal tenente di vascello Mirko Leonzio, capo del Nucleo Sdai (Servizio Difesa Antimezzi Insidiosi). Ma prima di entrare nel dettaglio delle attività che fino a venerdì verranno espletate a Brindisi, è opportuno descrivere le caratteristiche dei mezzi e degli strumenti di cui si serve in nucleo Sdai. 
La Marina militare scansiona i fondali del porto: forse individuati nuovi ordigni bellici
Come qualcuno avrà potuto notare passeggiando fra martedì e mercoledì sul lungomare Regina Margherita, le acque del porto interno sono state solcate in questi giorni da un gommone a cinghia rigida, l’Uss 10, in grado di muoversi autonomamente su percorsi prepianificati o in telecomando. Il mezzo, equipaggiato con doppio Side Scan sonar (a scafo più rimorchiato), ecoscandaglio e telecamera, consente l’identificazione degli aggetti sui fondali marini senza che si debba immergere un operatore, il cui impiego è soggetto a costi maggiori, rischi e tempi più lunghi e viene riservato per particolari tipologie di operazioni. Il sistema è dotato di appositi bracci manipolatori con i quali poter rimuovere piccoli oggetti ed effettuare operazioni subacquee altrimenti eseguibili solo con un operatore umano.
Vi sono poi altri due sistemi utilizzati per la scansione dei fondali: Il Remus 100 (costato al ministero circa 400mila euro), una sorta di siluro operativo fino a 100 metri di profondità, in grado di condurre operazioni subacquee autonome su percorso pre-programmato adattativo, rilevando con i propri sensori immagini acustiche dettagliate del fondale e la presenza eventuale di agenti inquinanti; il Pluto plus con radioboa (costato al ministero circa 800mila euro), sistema semi-autonomo costituito da un veicolo subacqueo dotato di sona e telecamera, il quale è controllato in remoto da una stazione di controllo cui è connesso con un link radio attraverso una boa rimorchiata, consentendo anche in questo caso l’identificazione di oggetti marini senza il ricorso a un operatore umano.
Tali sistemi sono controllati a distanza attraverso un sistema containerizzato di comando e controllo: una stazione dalla quale vengono supportate le operazioni in mare. Tutti questi apparati servono dunque ad individuare oggetti estranei ai fondali o non segnalati nei database. Potrebbe quindi trattarsi di ordigni bellici, ostacoli pericolosi per la navigazione, carcasse di automobili, relitti e altri tipi di oggetti. E’ la Capitaneria di porto dell’area in cui si opera a indicare le zone in La Marina militare scansiona i fondali del porto: forse individuati nuovi ordigni bellici
cui concentrare i controlli.
A Brindisi,  le attività sono state espletate: nel porto interno, fra la banchina centrale e la dogana; nel porto medio, fra il castello Alfonsino e l’isola di Sant’Andrea; nel porto esterno, fra le località Punta Lunga e Punta Sant’Andrea. Come detto, al momento sono stati rilevati 18 oggetti estranei all'ambiente marino. Alcuni di questi, in particolar modo quelli individuati a ridosso della diga di Punta Riso, potrebbero essere dei residuati bellici. Se così dovesse essere, il nucleo Sdai, di concerto con la Capitaneria di porto, può immediatamente intervenire per bonificare la zona. Ma per definire una mappatura completa dei fondali occorreranno dei giorni. I dati verranno poi trasmessi al ministero degli Interni, che a sua volta li girerà agli enti locali.
Le autorità civili e militari presenti alla conferenza stampa hanno mostrato grande interesse nei confronti di questo progetto. Il presidente dell’Autorità portuale, Hercules Haralambides, ha in particolar modo lanciato la proposta di una partnership fra la Marina Militare e l’Authority per l’utilizzo di tali sistemi anche a ridosso delle banchine destinate a traghetti e navi. Ma si tratta, almeno per il momento, solo di un’idea abbozzata durante la presentazione del programma Fonte: http://www.brindisireport.it/cronaca/la-marina-militare-scansiona-i-fondali-del-porto-forse-individuati-nuovi-ordigni-bellici-gallery.html

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