La notizia è incredibile: domenica 2 dicembre
2012 una potente detonazione coglie di sorpresa gli abitanti del comune di
Fonzaso Provincia di Belluno. Sono le 10.30 (circa). La fonte è il Corriere
delle Alpi. L’articolo è curato dal dott. Roberto Curo. Il servizio del
giornalista spiega che un uomo residente proprio nella piccola cittadina veneta
è investito dall’esplosione di un residuato bellico. L’uomo, un cinquantaduenne,
forse è intento a maneggiare una piccola granata risalente la “Grande guerra”,
trovata durante le sue escursioni con il metaldetector. La probabile ricostruzione
dell’incidente: l’incauto chiuso nel garage della propria abitazione tenterebbe
in qualche modo, di sollecitare i meccanismi dell’ordigno bellico. La piccola
bomba esplode. L’uomo è travolto dalle schegge. Un vicino di casa allertato dal
boato soccorre l’imprudente protagonista di questa storia lo scopre accasciato,
con la mano devastata, il viso deturpato dai detriti del residuato. Lui è
cosciente e suggerisce di avvisare la propria moglie. L’amico chiama sia la compagna,
sia i soccorsi. Subito interviene l’ambulanza che trasporta il grave ferito all’ospedale
di Feltre. I medici tentano i primi interventi, ma non è sufficiente, occorre
ben altro. Infatti, grazie ad un elicottero l’infortunato è urgentemente trasferito
in una clinica specializzata di Pordenone. L’uomo è grave ma non rischia la
vita. Nel frattempo proseguono le indagini per capire sia le ragioni della
disgrazia, quanto la provenienza di questi strani cimeli di guerra. La dott.ssa
Lorena Ulpiani scrive e specifica sul Gazzettino del NordEst: “L’uomo è stato
tradito dalla sua passione per i residuati bellici”. Non ha torto, anzi vorrei
aggiungere che l’uomo in questione è stato soprattutto tradito da una legge regionale
del tutto sbagliata che non riesce a distinguere mostrine, gavette e quant’altro
da oggetti esplodenti e carichi di materiale detonante. I residuati bellici non
permettono di sbagliare più di una volta. In questo campo, ripeto, la patente d’esperto
non la possiede nessuno.
Giovanni Lafirenze
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