Parte del mondo con guerre in corso, altre vaste zone del
pianeta ex protagoniste di guerre terminate, lontane nel tempo. In entrambi i
casi c’è gente che gioca consapevolmente con la propria vita, pur di salvare
quella di altre persone. Una mina eliminata, sia convenzionale, sia di
circostanza vuol dire restituire dignità all’essere umano. <anche oggi
abbiamo salvato il mondo>ripeteva ad ogni disinnesco Il Capo Maresciallo
Mauro Gigli, caduto in Afghanistan il 28 luglio del 2010 dopo aver salvato
tutta la sua squadra. Involontario aforisma quello di Mauro divenuto quotidiano
“motto” per i team EOD del 32simo Reggimento della Brigata Alpina Taurinense.
Eliminare mine significa riprendere i lavori nei campi, quindi la coltivazione
di ciò che successivamente si trasforma
in cibo e conseguente commercio. Eliminare bombe significa salvare altre
vittime civili. Un lavoro che non vale alcun indennizzo, nessuna cifra mensile
è in grado di bilanciare la partita a scacchi con la propria morte. Questa
notte la notizia del rapimento nei pressi di Kabul di otto sminatori della “Halo Trust”. Forse li hanno prelevati mentre
con le mani sterravano al fianco di una mina, rapiti nel momento in cui
compivano la propria missione: proteggere e salvare senza distinzione d’etnia,
religione, sesso età. Un lavoro il loro che di solito non diventa mai notizia,
eroi silenziosi, dicono di loro, ed è vero. Sembrerebbero personaggi da favola,
buoni, bravi, altruisti al tal punto da convivere e dialogare ogni giorno con
la morte. Super eroi al contrario e sempre al servizio di tutti, ma questo forse
il mondo in guerra non l’ha mai compreso.
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