All'interno del piccolo cortile tre
ragazzini sembrano confabulare tra loro. Probabilmente, semplici
confidenze tra chi non possiede più alcuna ragione per sorridere,
per giocare. Da un paio di settimane la vita in città da
insostenibile è diventata davvero assurda. Sapone ? Introvabile.
Zucchero ? Ancora peggio, pane ? 150 grammi giornalieri per famiglia.
In pratica non è possibile reperire beni di prima necessità,
neanche se muniti di tessera annonaria. La popolazione è
economicamente stremata anche dal mercato nero. L'Italia è in guerra
dal dieci giugno del 1940, ma per i padovani residenti in città a
parte i continui allarmi aerei notturni la guerra persevera ad essere
una tragedia da leggere sui giornali, alla radio o per mezzo delle
lettere dei famigliari inviati dal vecchio regime nei vari fronti
militari. Anche lo sbarco anglo-americano in Sicilia, da queste
parti, appariva nelle vesti di uno spettro da esorcizzare grazie alla
distanza.
In realtà a Padova la guerra è stata
ancor più sentita a partire dal mese di settembre. Difatti i primi
giorni di quel mese si era prima, sparsa la voce della fine del
conflitto nel paese. In città c'erano stati anche dei
festeggiamenti, ma il successivo aumento, nei giorni a venire, dei
militari tedeschi aveva fatto comprendere a tutti che il peggio si
sarebbe presentato da lì a qualche giorno.
Ore 10: 43 del 16 dicembre del 1943
“Anzolo torna su”. Urla
Alessandra, la mamma di uno dei tre bimbi presenti nel cortile.
Angelo alza la testa, con un cenno del capo fa intendere d'aver
compreso e di corsa s'avvia verso le scale dell'abitato. Arcella
enorme quartiere della città del Santo. Il Ragazzino come un fulmine
entra in casa:
“mama magnemo on quò ?”. la mamma
guarda il piccolo, vorrebbe rispondere diversamente, ma sa che non
servirebbe a nulla, perciò abbracciando il figlio tra una carezza ed
un bacio risponde: “speremo in Dio”.
Angelo, undici anni all'anagrafe, già
segnato da una vita colma di ostilità. Ultima notizia del padre
sembra essere una cartolina del fronte greco, poi nulla più,
l'inspiegabile silenzio trasudante di numerosi e tristi presagi che
intersecano vita e speranza, morte, delirio e tormento. In ogni caso
dopo due giorni di assoluto digiuno, Angelo vede la madre preparare
della polenta, sgrana occhi e animo, oggi si mangia.
Ore 13: 03.
Alessandra da una trentina di minuti è
seduta vicino ad un camino spento. È pensierosa, ricorda la
precedente guerra. A quei tempi era una bimba della stessa età del
figlio. Vede il figlio rivivere le stesse paure, identica miseria.
All'improvviso il solito allarme, questa volta diurno. È il cupo
rombo delle Fortezze Volanti. Forse, pensa la mamma “sono dirette
in Germania”.
Ore 13:05
Il primo boato, poi il secondo, il
terzo. È l'inizio dell'inferno. I B-17 sganciano 200 tonnellate di
bombe. Colpiscono Porta Trento, l'area della Santissima Trinità, la
zona industriale, il deposito locomotive, la stazione centrale, il
quartiere Arcella. “Angelo corri con me, raggiungiamo il rifugio”,
urla a più non posso la mamma che in un istante afferra il ragazzino
e lo spinge verso l'uscita di casa. La donna apre la porta, ma è
investita da un tremendo boato. Le pareti di casa, tremano. Le
esplosioni si moltiplicano, le fiamme che avvolgono i palazzi
adiacenti raggiungono altezze incredibili, interi stabili crollano la
gente urla, piange, si dispera, bestemmia. Fiumi d'incandescenti
macerie, travolgono incolpevoli passanti d'ogni sesso, d'ogni età.
La polvere dei calcinacci spinta da potenti venti ad alta temperatura
ustiona, acceca, ferisce. Gli ordigni continuano a precipitare,
Arcella è in ginocchio. Al fuoco delle bombe al fosforo ed esplosive
si aggiunge il fuoco delle reti gas interrotte. Decine i morti
centinaia i feriti. Alessandra stringe la mano al figlio, corrono,
corrono, verso un pensiero, verso la salvezza. In realtà non
corrono, ma fuggono da un terrore ben distribuito non solo in Europa.
Crolla la parete di una palazzina, le rovine investono Alessandra ed
Angelo. La mamma tenta un ultima disperata richiesta d'aiuto, non né
ha il tempo. Angelo con le mani cerca la madre, non la trova. La
chiama, non riceve risposte. Angelo sposta qualche piccolo sasso,
vorrebbe liberare la sua mamma da quei cumuli di macerie, ma non è
più possibile. La guerra per Alessandra è terminata, per la città
del Santo continua: altro sangue innocente sarà sparso per la
città. Fuoco travolgerà altro fuoco. I bombardamenti aerei
termineranno nel 1945. Ma di Alessandra sepolta tra macerie e del
del suo piccolo Angelo fuggito chissà come, chissà dove nessuno
saprà più nulla.
Giovanni Lafirenze
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