di Giorgio Ciatti
Il primo bombardamento del 1944 avvenne alle ore 13,15 e colpì sanguinosamente Viterbo e la sua Provincia. Tre formazioni di quadrimotori “Liberator” sorvolavano la città dirigendosi verso Orte, quando improvvisamente alcuni bombardieri si staccarono dal gruppo e sganciarono circa 90 tonnellate di bombe (il calcolo approssimativo fu fatto con il recupero di tre bombe rimaste inesplose presso le case adiacenti il passaggio a livello).
Fu colpita la zona tra le stazioni ferroviarie di Porta Fiorentina e della Roma Nord, e il capolinea delle autocorriere della Ditta Garbini, posto all’angolo tra piazza Umberto I (ora Piazza Gramsci) e via di Porta Murata (ora via San Bonaventura); oltre alle tre stazioni, furono danneggiate numerose case, un ristorante affollato (“Il Bersagliere” situato nei pressi dell’attuale pasticceria Lombardelli), la Basilica di S. Francesco; causando la morte di due religiosi e il ferimento di un terzo; si salvò P. Giovanni Auda e che fu poi l’artefice della ricostruzione, e la caserma Bazzichelli, adibita a Distretto Militare. Secondo un elenco pubblicato da un giornale locale, i morti furono 73, 7 i dispersi e 94 i feriti; alcuni morirono perché non fu possibile estrarli in tempo dalle macerie per mancanza di mezzi adeguati.
Mi sembra di sentire ancora i lamenti dei feriti che provenivano da sotto le macerie, e mentre passava il tempo, andavano sempre più affievolendosi fino a cessare del tutto; vedo ancora le volute di fumo che uscivano tra i sassi e i calcinacci, per l’incendio sviluppatosi dai pullman andati distrutti. Fu scelta di proposito l’ora delle 13,15 perché coincideva con la partenza dei pullman che collegavano quei paesi della provincia non serviti dalle due ferrovie; era quella l’ora in cui facevano ritorno ai loro paesi i poveri cristi, dopo essere venuti a Viterbo magari per acquistare qualcosa non soggetta alla carta annonaria; e tornavano a casa gli studenti venuti in città per frequentare le scuole di grado superiore. Non essendoci in quella stazione insediamenti militari, quale era lo scopo?
A parer mio, quello di provocare più vittime civili possibili, affinché la popolazione esausta si ribellasse al regime e alle forze di “occupazione” (eravamo stati noi ad invitarli in casa nostra). Mi sono sempre domandato: come facevano gli Anglo-Americani a conoscere l’ora esatta della partenza dei pullman, l’ora in cui la stazione sarebbe stata più affollata?
L’unica risposta che mi sono dato: c’era a Viterbo un “informatore”; l’unico individuo che, negli anni a venire, avrebbe portato sulla coscienza la paternità di quell’inutile (e sottolineo inutile) eccidio.Fonte: http://www.lavocedelmarinaio.com/2015/01/il-bombardamento-della-stazione-autocorriere-garbini-a-viterbo/
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