Di Lorenza Costantino
Verona. Tre persone. Tre storie ancora avvolte nel mistero. E tre famiglie ad aspettare un ritorno che non avvenne mai. Perché di certo quei soldati che giacciono in piazzale XXV Aprile, dei quali rimangono solamente le ossa e pochi oggetti personali, avevano dei genitori. Forse delle fidanzate o mogli. Forse anche dei figli. L'enigma sulla loro identità potrebbe svelarsi la settimana prossima, quando un team di archeologi scaverà ulteriormente attorno agli scheletri, nella piccola area recintata all'interno del cantiere di stazione Porta Nuova. Dalla terra potrebbe riemergere, chissà, la piastrina con nome, cognome e matricola che ogni militare doveva portare con sé. E allora, dopo settant'anni, i parenti o i discendenti di quei tre soldati (o due? o uno e due civili?) saprebbero la verità. I loro cari sono morti lì, probabilmente uccisi in uno dei tanti bombardamenti sul principale scalo ferroviario di Verona tra l'autunno del 1943 e l'aprile del 1945, a pochi passi dai binari sui quali forse speravano di fuggire. Il ritrovamento delle spoglie è avvenuto mercoledì pomeriggio, nel corso dei lavori per la realizzazione del parcheggio interrato tra il palazzo della stazione di Porta Nuova e il Tempio Votivo. Gli operai stavano portando avanti la minuziosa ispezione del piazzale con il metal detector, necessaria a rilevare l'eventuale presenza di ordigni bellici inesplosi. Una prima bomba, infatti, era saltata fuori nel novembre del 2011; una seconda è stata rinvenuta giovedì e dovrà essere prelevata e fatta brillare dagli artificieri. All'estremo ovest del cantiere, vicino ai giardinetti sconquassati dai lavori, il sensore ha suonato. Si pensava all'ennesima scheggia di bomba: ce ne sono a migliaia nel sottosuolo attorno alla stazione. Invece, scavando per un metro sotto il livello dell'asfalto, gli operai hanno capito che si trattava di posate ormai arrugginite. Parte dell'equipaggiamento di tre soldati. Poi, una borraccia con tappo a vite, una torcia, una bottiglia del vecchio liquore Ferro-China. E stivali neri, di cuoio liscio, senza lacci: il reperto meglio conservato, che rimanda alle calzature di qualità in dotazione all'esercito tedesco della seconda guerra mondiale. Sicuramente tedeschi ce n'erano molti, a controllare stazione Porta Nuova, perché il movimento ferroviario era di fondamentale importanza. Nel sepolcro estemporaneo, accanto agli scheletri, è stata trovata anche una pistola. Un elemento importante per ottenere qualche dettaglio in più su chi la possedeva. La polizia scientifica l'ha prelevata, chiusa in una busta di plastica, e portata nei propri laboratori. Lo scopo, trattandosi di un'arma, era di escluderne la possibile pericolosità. Ma l'arnese è assai malridotto, praticamente incollato alla custodia infangata in cui era inserito. «Stabilito che la pistola è innocua, l'abbiamo lasciata nella sua fondina. Maneggiarla ulteriormente avrebbe significato distruggere il reperto, che invece sarà ceduto a un ente in grado di esaminarlo sotto il profilo storico», spiegano dalla Questura. Per ora, si sa solo che si tratta di un modello semiautomatico. La fondina presenta lo spazio per il caricatore di scorta. Però sembra da escludere si tratti di una pistola tedesca: una Luger o una Mauser dalla caratteristica canna lunga. La sagoma è tozza, assomiglia piuttosto a una Beretta. Il luogo del ritrovamento è transennato, un telo bianco ora ricopre le spoglie dei tre corpi, della cui storia forse si scriverà nei prossimi giorni l'ultimo capitolo.
Fonte:
http://www.larena.it/stories/Home/453045_ora__caccia_alle_piastrine_dei_tre_soldati/
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